Una teoria antica dice che la vita sia composta da dodici stanze. Sono le dodici che ci ricorderanno e di cui ci ricorderemo anche quando arriveremo all’ultima (seppur ultima non possa definirsi). Della prima stanza non avremo ricordi, ovviamente, perché è quella della nascita, ma pare che nella dodicesima accada qualcosa che ci riporti idealmente
Una teoria antica dice che la vita sia composta da dodici stanze. Sono le dodici che ci ricorderanno e di cui ci ricorderemo anche quando arriveremo all’ultima (seppur ultima non possa definirsi). Della prima stanza non avremo ricordi, ovviamente, perché è quella della nascita, ma pare che nella dodicesima accada qualcosa che ci riporti idealmente alla prima.
Questa l’idea di fondo che Ezio Bosso ha voluto raccontare ieri, 27 aprile, al pubblico partecipante (perché ai suoi concerti si partecipa, non si assiste) al The 12th Room Tour presso l’Auditorium Giovanni Agnelli di Torino. Una serata molto particolare, non solo un concerto per pianoforte ma un vero One Man Show, che ha visto l’artista torinese intrattenere la sala sold-out con battute sull’uso del telefonino durante il concerto (e ha ringraziato Renzo Piano per aver creato un Auditorium a prova di ricezione telefonica) o con frasi intense con cui ha introdotto le canzoni che ha eseguito durante la serata.
Non solo chiacchiere costruttive, ma anche musica splendida: il concerto, strutturato in due momenti ben distinti, ha visto la prima parte esordire con l’emozionante e intensa “Following a bird” per poi districarsi tra altre tre composizioni inedite e sette di repertorio pianistico. Ognuna di queste opere – dai tre preludi di Chopin alle tre composizioni di Bach – ha segnato un particolare passaggio, da una stanza all’altra, della vita dell’artista.
Ezio Bosso ha eseguito, dal repertorio pianistico, per la serie The Smallest Room, “In a Landscape” del compositore statunitense John Cage, autore non originalissimo nell’assegnare i titoli alle opere, come ricorda ridendo l’artista torinese, ma fondamentale per la cultura musicale contemporanea.
L’omaggio alle stanze è passato dalla Tea Room, grazie all’intensa “Split, Postcards from Far Away” di Bosso, alla Therapy Room con “Una, melodia di Gluck” del compositore tedesco Christoph Willibald Gluck trascritto da Giovanni Sgambati, fino all’emozionante omaggio alla sua scrittrice preferita: Emily Dickinson. Con “Emily’s Room“, Ezio Bosso ha eseguito una delle sue opere più malinconiche dedicata all’artista che più di tutti ha conosciuto il significato di “stanza” nella doppia veste dolce e amara.
Dopo cinque minuti di pausa, Ezio Bosso è tornato al pianoforte per il gran finale: l’ingresso nella dodicesima stanza con la “Sonata No. 1 in Sol Minore“, 45 minuti di pura musica, senza interruzioni, che hanno lasciato senza fiato il pubblico in sala. Inutile sottolineare come, a mezzanotte inoltrata, il concerto si sia concluso con un’ovazione del pubblico e una lunghissima standing ovation. Tutti in piedi per festeggiare colui che, con immenso talento, ha reso pop la musica classica.
Mirko Ghiani
[immagini da eziobosso.com]
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