A volte davvero dispiace che da un mondo potenzialmente virtuoso come lo sport, giungano segnali poco piacevoli su dinamiche e fatti. Succede oggi, quando invece di parlare della vittoria dell’Italia sul Brasile in quel di Cuiabà e fare una cosa normale, lineare, opportuna, come sottolineare i punti di forza, fare qualche complimento e festeggiare (perché
A volte davvero dispiace che da un mondo potenzialmente virtuoso come lo sport, giungano segnali poco piacevoli su dinamiche e fatti.
Succede oggi, quando invece di parlare della vittoria dell’Italia sul Brasile in quel di Cuiabà e fare una cosa normale, lineare, opportuna, come sottolineare i punti di forza, fare qualche complimento e festeggiare (perché sì, le vittorie si festeggiano, non questo peana assurdo da frignoni italici), l’Italia del volley che fa? lascia spazio a sciatterie e dichiarazioni che sanno di una sola cosa: cattiva educazione.
C’è qualcosa che non funziona. Non funziona l’incapacità di reggere le frustrazioni, nessuna, sia da parte di chi gioca, sia, ahinoi, da parte di chi scrive, per cui o si vince o… speriamo si perda perché parlare con aneliti positivi, sembra qualcosa di cui non siamo più capaci. Male, male, la parola d’ordine è dire male, sempre e comunque, scivolando dal tecnico/professionale, al personale, come se insultare le persone fosse cosa di cui non rendere conto. L’offesa tout court, perché tanto ci sentiamo autorizzati a farlo, senza neppure troppa misura.
Ieri l’Italia, quella che ci hanno presentato come un cantiere in costruzione, una sorta di laboratorio in crescita che ha come obiettivo Rio 2016, ha vinto in Brasile, dopo una serie di situazioni, solo alcune negative, che ha visto il fiorire di una campagna di diffamazione personale diretta verso il ct Mauro Berruto e il capitano Dragan Travica, con un astio che vien da pensare che in molti abbiano un problema personale verso i due.
Lo sappiamo bene, è il male di noi Italiani, tutti esperti nel momento in cui possiamo dare aria ai denti, mai una volta che si provi ad esercitare l’arte della parola (tante, troppe volte in forma sgrammaticata, sigh…) per dire le stesse cose, ma con buona creanza. E dire che dei due sopra, piacciano o non piacciano, tutto si può dire, tranne che siano persone sgradevoli. Sia come sia, ieri qualcosa in campo di diverso si è visto e, a ben guardare, sembrava tangibile un intervento correttivo, fatto con autorevolezza. Nel mondo degli adulti è stato facile pensare a un accorgimento caratteriale (vedi alla voce strapazzata) da parte dello staff tecnico, invece ecco un fiorire di scritti che inneggiano a una forma di protesta della squadra, quasi un ammutinamento. Vogliamo scherzare? Davvero siamo propensi a credere che un gruppo di giocatori affronti un acceso confronto sponte sua? Perché se così fosse, saremmo di fronte al primo sciopero del volley nostrano.
Infatti così non è stato. L’esagerazione è saltata all’occhio anche della Federazione di riferimento che, per fortuna, corregge il tiro, rivede le parole di Ivan Zaytsev (inopportuno il suo intervento) e riferisce di un monologo acceso di Berruto alla sua squadra per rimettere ordine e ristabilire il giusto atteggiamento. E meno male, perché alle persone per bene sembra questo un agire giusto e opportuno.
La domanda che sorge è perché? Perché questo spingere insistente “contro” che sa di spettatore, commentatore, tifoso capriccioso senza la pazienza di attendere gli esiti di un progetto, che per ora, ricordiamolo, vede vincere contro il Brasile una squadra che ha avuto in Stefano Mengozzi un punto di forza? Rendiamoci conto.
Ah, per la cronaca, visto che neppure gli organi federali preposti ne danno notizia, ieri l’Italia ha battuto il Brasile in casa, cosa che non succedeva da 13 mesi, loro rosicano, noi non festeggiamo e cerchiamo qualcuno cui dare la colpa sempre e comunque di qualcosa. Qualunque cosa.
Crucefige!
Redazione ArtInMovimento
[Fonte Immagini: Repubblica.it]
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