Anche oggi, 24 settembre, sono stato al Tempio di Anima Universale a Leinì, come tutte le domeniche in cui sono libero. Essendo un ricercatore spirituale, trovo sempre nutrienti gli spunti che durante la sua lectio offre Swami Roberto. Al centro del suo sermone di oggi un versetto del Vangelo di Giovanni che si colloca all’interno
Anche oggi, 24 settembre, sono stato al Tempio di Anima Universale a Leinì, come tutte le domeniche in cui sono libero. Essendo un ricercatore spirituale, trovo sempre nutrienti gli spunti che durante la sua lectio offre Swami Roberto.
Al centro del suo sermone di oggi un versetto del Vangelo di Giovanni che si colloca all’interno di questo brano pronunciato ai discepoli dallo stesso Gesù: Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia [Giovanni, 5, 18-19].
L’aspetto su cui il Maestro di Leinì si è focalizzato è la grande rivelazione che Cristo esprime ai suoi, ricordando loro che non sono del mondo. Ed essendo anche noi amici di Cristo, suoi discepoli del XXI secolo, neanche noi non siamo del mondo. Così facendo non ha assolutamente invitato nessuno a rinnegare chi è, il ruolo o i ruoli che ricopre, ma ha desiderato ricordare la radice dell’uomo che non è la terra, non sono le stelle, ma la dimensione dell’eternità. Nonostante sia difficile, se non impossibile per il cervello elaborare questa informazione, Swami ci invita a fare un atto di fede e a riconoscerci frammenti di eternità, quell’eternità che non ha limiti, quell’eternità che ci porta a essere luminosi e quindi a portare nel mondo la luce di Dio e della Sua parola. Il senso quindi è proprio questo: essere nel mondo senza essere del mondo. È quanto siamo chiamati a testimoniare, è quanto siamo chiamati a servire con coerenza, al di là dei giudizi, gli additamenti, le diffamazioni e le sopraffazioni di chi ha abbracciato la materia e le sue manifestazioni.
Non è la prima volta che sento Swami Roberto ricordare alla sua chiesa di riconoscere la propria origine divina e, di conseguenza, evidenziare che non possiamo deprimerci, lamentarci, giudicare, cadere vittime dell’illusione, delle paure, dell’apparenza, dell’arroganza, della cattiveria, dell’accidia. In quanti figli di Dio siamo potenti, siamo coraggiosi e possiamo agire, costruendo pace, portando il dialogo dentro le nostre famiglie e nei nostri posti di lavoro, divenendo ambasciatori di bellezza ed esempi di ascolto autentico. Dobbiamo puntare all’essere, all’autenticità, dobbiamo chiedere a Dio padre la fortezza e la lucida visione per poter trionfare nella vita, essere il trionfo della Sua luce.
I tempi che stiamo vivendo, nonostante siano anche pieni di possibilità che solo fino a cinquant’anni fa sarebbero state impensabili, sono fortemente complessi, e tale complessità viene esacerbata dall’allontanamento dell’uomo dalla sua natura vera. In tal modo pare che sia Dio ad allontanarsi quando in realtà siamo noi che lo disconosciamo o ancor peggio lo diamo per scontato, attraverso sterili rituali, attraverso una fede di circostanza e abitudinaria. Troppo spesso ci riempiamo la bocca di frasi fatte, scimmiottiamo gli aforismi dei grandi pensatori, frequentiamo luoghi sacri, ci battiamo il petto penitenti, pensandoci misericordiosi e spirituali, quando invece siamo lontani dal servizio, ci percepiamo creditori nei confronti dell’universo e ci giustifichiamo dietro alle nostre disgrazie e ai nostri dolori. E così si può esprimere la nostra regalità? E questo l’abito che può indossare un figlio di Dio? Buttiamo una volta per tutte il cuore oltre l’ostacolo, proviamo a scegliere altri percorsi, altre strategie: come si può pensare che qualcosa cambi, se si continuano sempre a fare le stesse cose e a portare l’analoga intenzione. Volontà ci vuole. Fede ci vuole. Rinnoviamo la nostra energia e il nostro sì a Dio, e trasformiamo il nostro stato in armoniche spirituali sempre più elevate. Più siamo in quella luce, più è difficile interferire su di noi. Più viviamo nella coscienza di Dio, più siamo da Lui tutelati.
Swami Roberto ci offre gli strumenti per vivere pienamente il nostro essere. Ci ricorda che il “fango” della materia è sempre in agguato e che è facile, data la nostra fragilità e il peso del karma sociale, cadere. L’unico rifugio rimane afferrare la potente mano di Dio che è il nostro rifugio. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me [Salmo 22, 4]. Con Lui è possibile camminare secondo lo Spirito, come se stessimo manifestando sulla Terra il Cielo. Con Lui è possibile non farci sopraffare dai bisogni della carne e non cedere alla tentazione delle creature demoniache che fanno di tutto per manipolarci e portarci dalla loro parte.
La guerra, l’ipocrisia, la pornografia, lo sconforto, il giudizio, l’ansia, l’egoismo, il controllo, la paura, la manipolazione sono alcune delle leve che la materia ha creato e usa per farci dimenticare chi realmente siamo e farci cadere. Come fare quindi per non sporcarci? Affermare con convinzione: Io non sono del mondo!; chiedere con fiducia: Signore, fa’ che io cammini senza sporcarmi, senza contaminarmi; sollecitare l’energia interna dei chakra attraverso il movimento delle mani che applaudono ad ogni flesso bioenergetico; e poi ringraziare sempre Dio, rivolgere a Lui il nostro grazie: così facendo, Gli ricordi di mandarti le Sue grazie, richiami la Sua attenzione di Padre, vicino al figlio che ama. Che bella immagine!
Cosa aggiungere dunque? Ancora grazie, Swami, per come sei, per come mobiliti la mia mente e la focalizzi sullo Spirito, sul mio Sé divino ed eterno. È un momento di grande impegno emotivo e di importanti scelte per me e tu oggi hai saputo parlare al mio cuore, ridestando la fiducia sulla Provvidenza divina e nutrendo il mio entusiasmo.
Annunziato Gentiluomo
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