Dopo averci colpito nella direzione musicale del Nabucco, proposto per la regia di Andrea Cigni dal Teatro Ponchielli di Cremona, abbiamo intervistato il M° Marcello Mottadelli e con lui abbiamo chiacchierato di lui, di alcuni aspetti del suo lavoro e di diversi aspetti della situazione musicale italiana. Senza aspettare più oltre, vediamo cosa ci ha
Dopo averci colpito nella direzione musicale del Nabucco, proposto per la regia di Andrea Cigni dal Teatro Ponchielli di Cremona, abbiamo intervistato il M° Marcello Mottadelli e con lui abbiamo chiacchierato di lui, di alcuni aspetti del suo lavoro e di diversi aspetti della situazione musicale italiana. Senza aspettare più oltre, vediamo cosa ci ha detto…
Maestro Mottarelli, come si avvicinato alla musica? Perché scegliere il percorso di direttore d’orchestra?
Mi sono avvicinato alla musica seriamente in tardiva età, quando avevo 14 anni. Ero organista e amavo l’organo in maniera totale. Quella era la mia strada anche contro il desiderio iniziale dei miei genitori. Frequentavo ragioneria, e avevo un professore di matematica clarinettista e che ben capiva le mie aspirazioni. Un giorno mi chiamò alla cattedra per una interrogazione…ossia l’ennesimo 4 sul registro. invece cominciò a chiedermi di musica ed io rimasi allibito. Pensavo scherzasse invece…
La direzione d’orchestra è un sogno per molti aspetti e per tanti musicisti…io sono un autodidatta ma ci sono diverse soluzioni per arrivarci. Le scuole, accademie con cui spesso mi sono trovato in disappunto, oppure fare da “apprendista” a un bravo maestro che però ti lascia spazio di espressione. Io sono andato per 4 anni in Ungheria, a Szeged dove ho fatto da assistente per il sinfonico prima e l’opera poi…
Nella sua formazione chi considera la leva per compiere i salti quantici che l’hanno portata a un carriera di importanti successi?
La leva che ti fa fare un salto di qualità, per me è una sola: la maturazione umana. Ho avvertito questo forte passaggio specie quest’anno, dopo un 2013 per ragioni personali, devastante. La mia musica è radicalmente cambiata, perché io sono radicalmente cambiato. Ho preso tutto quello che ho passato, sentimenti, gioe, drammi e le ho messe in musica, quotidianamente, e la mia musica è diventata più forte, più vera e convincente. Ho imparato a dischiudere le ali, e finalmente volare.
Importanti successi non sono i teatri dove si dirige o le opere che si eseguono: quelli sono secondari. Gli importanti successi sono quando vedi la famiglia in difficoltà e ti prendi cura di loro con successo, da uomo ti fai carico di tutte le responsabilità che la vita ti obbliga a prendere e le porti fino in fondo.
Che differenza c’è tra dirigere un’orchestra per un concerto sinfonico e dirigerla per un’opera?
Dirigere il sinfonico e l’opera sono due modi completamente diversi sia nella tecnica che nella visione. Nel sinfonico si dà più rilevanza all’orchestra anche perché si è sulla scena. Nell’opera ci sono molte altre componenti come i cantanti, il coro, scene etc.e quindi sia il gesto che la concezione sono molto diversi.
Quanto è importante nella realizzazione di un’opera lirica la sinergia col regista?
La sinergia con il regista, da parte del Maestro è fondamentale. L’opera deve essere completa ossia musica e movimento, scene, costumi, luci etc. Non è facile, vedere la stessa cosa nello stesso modo. Frequentemente regista e Maestro guardano lo stesso concetto da due punti di vista differenti. Questo a volte capita e può essere motivo di frizione. Ma il valore fondamentale rimane il reciproco rispetto personale, poiché entrambi lavoriamo per lo stesso obiettivo, e non interferire mai nel lavoro dell’altro.
Come valuta il suo modo di procedere con l’orchestra, il coro e i solisti durante il periodo delle prove per la messa in scena di un’opera?
Ho una filosofia molto precisa rispetto al lavoro di produzione di un’opera…diverso da tanti miei colleghi. Io lavoro sul gruppo, sulle motivazioni che esso deve avere predicando umiltà e modestia nei confronti della partitura e del lavoro. Applicazione programmata alle informazioni che vengono date da me e dal regista. Poi se hai dei cantanti bravi e molto conosciuti, hai un valore aggiunto in doppia chiave: sia per quello che possono dare sulla scena, sia che devono essere di esempio ai giovani cantanti come prime persone che arrivano alle prove, ed ultime a lasciare il teatro.
Riguardo il lavoro pratico, l’opera per me è come un quadro, dove si comincia con i contorni marcati principali, via via nel tempo a dare sfumature sempre più leggere…
Cosa pensa della situazione operistica italiana?
La situazione operistica italiana risulta complessa… ci sarebbe molto da dire, ma preferisco astenermi da giudizi e/o opinioni in tal merito. Abbiamo dei teatri straordinari, orchestre con colori che il mondo ci invidia, artisti che da sempre scrivono la storia dell’opera. L’opera italiana è il nostro vero “made in Italy” che ci contraddistingue in qualsiasi parte del mondo si vada.
Quali sono le realtà operistiche in cui, lavorando, si è sentito a casa? Perché?
Mi trovo molto bene in Asia e Stati Uniti. C’è molto entusiasmo, tanto pubblico giovane e desideroso di ascoltare la nostra meravigliosa tradizione culturale.
Nabucco diretto da Cigni è stato un successo riconosciuto. Quali sono stati, a suo avviso, gli ingredienti che l’hanno reso tale?
Gli ingredienti positivi del nostro Nabucco sono molteplici: sono convinto che questo sia il successo del team, partendo proprio dagli uffici del Teatro Ponchielli, sapientemente ben organizzati con logica e precisione, alle persone che lavorano dietro la scena, la concezione sia registica che musicale. Cito infine i nostri cantanti che con la loro voce legata ad un’attenzione maniacale verso lo spartito, hanno fatto la differenza. Tra i personaggi mettiamo il Coro del Circuito Lirico Lombardo, sapientemente preparato dal M° Antonio Greco (che pubblicamente ringrazio), fatto di persone meravigliose prima, e di bravi cantanti poi, e i Pomeriggi Musicali con cui fin da subito ho sentito di avere un ottimo feeling. Infatti, come sempre dico, un’orchestra è formata da persone prima e musicisti poi. Anche quando si lavora, il lato umano per me è fondamentale.
Sono a conoscenza della sua opera di socializzazione musicale con i giovani. Ce ne può parlare?
Mi occupo quando possibile, di andare nelle scuole e tenere delle conferenze sul nostro patrimonio operistico. Sono stato due volte al prestigioso Collegio Villoresi di Monza, dove i ragazzi mi hanno seguito nella prova generale al Ponchielli.
Credo sia fondamentale preparare non tanto il mio pubblico, quanto il pubblico che verrà dopo di me… Teatri come Cremona, Como e molti altri fanno tantissimo in questo senso. Durante le prove spesso i ragazzi ci hanno visitato, fatto domande, ascoltato. Tutto ciò è determinante per il proseguo e miglioramento dell’Opera in Italia. Paesi, come la Scandinavia o Germania, attuano questa politica da moltissimi anni con successo, partendo addirittura dalla fonte delle risorse, cioè dagli asili.
Rispetto alla formazione accademica, in cosa consta per diventare Direttore d’orchestra? Quali sono a suo avviso le realtà formative più prestigiose in Italia? E in Europa?
Riguardo alla formazione dei Maestri, davvero non saprei cosa dire. Non ho mai amato la scuola, anche se son ben conscio di avere delle lacune di preparazione scolastica… In Europa esistono delle ottime scuole come Vienna, ad esempio. Ma il Maestro è una professione talmente particolare ed utopistica, che non sarei certo in grado di insegnare.
Quanto è importante l’agente per il suo lavoro?
L’agente è fondamentale perché per quanto si possa fare bene, è strettamente necessario che tutto il lavoro venga poi finalizzato altrimenti ci si ferma. Vendere un Maestro è molto difficile, perché il direttore ha in mano le chiavi del teatro durante l’esecuzione e quindi un’enorme responsabilità…ed è anche vero che non abbiamo possibilità di fare “audizioni”.
Nella storia, quali sono i cinque più importanti direttori di orchestra di tutti i tempi, a suo avviso?
I direttori sono indubbiamente Toscanini, Molinari Pradelli, Abbado, Celibidache e Muti.
Quali sono i suoi prossimi impegni?
I prossimi impegni mi vedranno ancora in Italia in inverno, poi la Svezia con “La traviata” e se tutto va bene, un concerto con i Wiener. Poi sul sinfonico in Germania, Svezia e Danimarca.
Qual è l’opera che sogna di dirigere e perché?
Ho un particolare feeling con “Aida“: l’ho debuttata alle Piramidi a Il Cairo e il librettista (Antonio Ghislanzoni) era di Lecco, dove abito. Ho sempre una certa soggezione quando ho la fortuna di dirigere l’opera in Italia… mi relaziono con la storia, i luoghi e i meravigliosi Teatri le cui pareti traspirano note di grande valore… Se devo citare due Teatri che mi “fanno tremare le gambe” solo a passarci vicino, sono Napoli e Milano. Scherzi a parte, rispetto tanto, paura mai.
Qual è il teatro, anche oltralpe, in cui vorrebbe poter muovere magistralmente la bacchetta? Perché proprio quello?
Sicuramente Vienna per la storia, la tradizione e specialmente per l’orchestra.
Annunziato Gentiluomo
[Fonte delle immagini: incontromeditaly.files.wordpress.com, fnweb.de, ®alessia santambrogio ph, faceboo.com, turistipercaso.it]
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