Cronaca di un successo annunciato. Siamo andati al Teatro Fraschini di Pavia per la penultima recita italiana di un Don Pasquale, dramma buffo in tre atti di Gaetano Donizetti, su cui nutrivamo delle altissime aspettative tutte assolutamente soddisfatte. Sotto la magistrale direzione di Andrea Cigni, la piéce donizettiana si è trasformata in uno spettacolo colorato, dinamico e spassoso,
Cronaca di un successo annunciato. Siamo andati al Teatro Fraschini di Pavia per la penultima recita italiana di un Don Pasquale, dramma buffo in tre atti di Gaetano Donizetti, su cui nutrivamo delle altissime aspettative tutte assolutamente soddisfatte.
Sotto la magistrale direzione di Andrea Cigni, la piéce donizettiana si è trasformata in uno spettacolo colorato, dinamico e spassoso, curato nei minimi dettagli, con un cast assolutamente all’altezza sia per qualità vocale sia scenica.
Della personale versione di Cigni, sicuramente fumettistica, frizzante, fuori dalle righe ma molto aderente al testo, onomatopeica e televisiva, abbiamo distinto e apprezzato anche alcuni elementi scenici innovativi e semanticamente efficaci. Tra questi ricordiamo il retino che rimandava alle trama per intrappolare il protagonista; i piccoli bilancieri manuali da palestra di Don Pasquale usati per tenersi in forma; un pappagallo da urina, simbolo dell’anzianità, tirato in scena; la rivista con l’immagine di Berlusconi in linea con la cavatina di Norina quel guardo il cavaliere mentre discende con un’altalena con intrecci di fiori; il suono della sirena; il ruglio del tappeto bianco con la testa di orso; e altre suoni singolari perfettamente orchestrati.
Spiccava un sapore queer che nell’ultimo atto è esploso con la presenza in scena del visagista e del parrucchiere intenti a occuparsi di Norina ormai trasformata nella femme fatale per eccellenza, Marilyn.
Inoltre, a nostro avviso, la scala presente alla sinistra del palco rappresentava la via di fuga per i perdenti, mentre l’ingresso dalla finestra una scappatoia per i vincenti. Gli elementi spaziali hanno marcato chiaramente un dentro e un fuori, uno sorta di rapporto attivo tra retroscena e scena definito ancor di più dalla cassaforte bronzea, protagonista indiscussa che prima era il deposito di ricchezza e poi conteneva l’amore, di cui Ernesto è il simbolo. L’investimento sul tema scena-retroscena viene maggiormente sancito dall’uscita del coro in mezzo alla platea: un modo per integrare il pubblico nella messa in scena e per ridicolizzare l’avarizia di Don Pasquale e il suo essere caduto in trappola, depauperato di tutti gli averi, ben visibile dai movimenti dell’oro nella cassaforte. Anche le luci, firmate da Fiammetta Baldiserri, hanno funzionato da trait d’union fra il palco e il pubblico, contribuendo alla percezione di continuità voluta dal regista.
Inoltre è stata molto ben curata l’evoluzione del maggiordomo, il magnifico Simone Baldassari, dalla verve mimica incredibile: da dimesso dipendente a entusiasta, dinamico e propositivo “consigliere”. Espressione questa del potere trasformativo del denaro e della necessarietà della sua circolazione a nutrimento del commercio e della società tutta. Molto funzionale anche la figura di Malatesta eccentrico gay, che pare in linea con lo stesso cognome Mala-Testa, da cui testa strana, singolare, speciale. I bei costumi di Loreno Cutuli azzeccatissimi per questa versione dell’opera donizettiana.
Molto attenta, sostenuta e in perfetta sinergia con la messa in scena la direzione dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano affidata a Christopher Franklin, che è riuscito a ben tratteggiare i colori di questa opera buffa.
Buona la performance del Coro OperaLombardia, diretto dal Maestro Diego Maccagnola, che ha ben sostenuto i solisti. Tra questi un eccellente Paolo Bordogna capace di rendere Don Pasquale in modo veramente esemplare. Sia scenicamente sia vocalmente regge il ruolo da fuori classe. È stato affiancato da Maria Mudryak (Norina) e da Pietro Adaini (Ernesto), magnifiche e rotonde vocalità che hanno espresso con eleganza e luminosità i propri ruoli, riuscendone a tratteggiare con intelligenza scenica e tecnica musicale le evoluzioni. Il personaggio di Malatesta pareva cucito perfettamente su Pablo Garcia Ruiz che si è mosso con pertinenza e precisione. Buona anche la prova di Claudio Grasso nei panni de Il notaio.
In sintesi un magnifico spettacolo… e aspettiamo la prossima regia di Andrea Cigni attualmente impegnato nella realizzazione di Fedra di Paisiello al Teatro Massimo Bellini di Catania.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di Rota GFR]
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