Da venerdì 21 aprile alle ore 19.00 a martedì 2 maggio, al Teatro Carlo Felice, andrà in scena, dopo l’ultima edizione del 2001, l’opera Don Carlo, nella versione del 1884 in italiano e in quattro atti di Giuseppe Verdi. Un nuovo allestimento in coproduzione con la Fondazione Teatro Regio di Parma, Auditorium de Tenerife Adán
Da venerdì 21 aprile alle ore 19.00 a martedì 2 maggio, al Teatro Carlo Felice, andrà in scena, dopo l’ultima edizione del 2001, l’opera Don Carlo, nella versione del 1884 in italiano e in quattro atti di Giuseppe Verdi.
Un nuovo allestimento in coproduzione con la Fondazione Teatro Regio di Parma, Auditorium de Tenerife Adán Martín, affidato al regista, poeta, traduttore e drammaturgo Cesare Lievi. Scene e costumi sono stati realizzati da Maurizio Balò e le luci sono firmate da Andrea Borelli.
Sul podio a dirigere l’Orchestra e il Coro del Teatro Carlo Felice, il giovane Valerio Galli che dopo il suo debutto come direttore nel 2004, balza all’attenzione della critica internazionale nel 2007, quando a soli 27 anni dirige Tosca al 53° Puccini Festival, aggiudicandosi il premio Maschera d’oro 2007 come giovane direttore emergente e nel 2013 riceve il 42° Premio Puccini.
Protagonista, un cast straordinario: Riccardo Zanellato nei panni di Filippo II, Re di Spagna; Aquiles Machado si alternerà con Naoyuki Okada nel ruolo di Don Carlo; Franco Vassallo, alternandosi con Mansoo Kim, sarà Rodrigo, Marchese di Posa; Marco Spotti interpreterà Il grande Inquisitore; Mariano Buccino sarà Un frate; Svetla Vassileva che si alternerà con Irene Cerboncini, vestirà i panni di Elisabetta di Valois; Giovanna Casolla sarà La principessa Eboli; Marika Colasanto Tebaldo; Didier Pieri interpreterà Conte di Lerna e l’Araldo Reale; Silvia Pantani, sarà Voce dal cielo; i Deputati fiamminghi sono interpretati da: Riccardo Crampton, Ettore Kim, Roberto Maietta, Enrico Marchesini, Daniele Piscopo e Stefano Rinaldi Miliani.
Forse in nessun’altra opera come in Don Carlo il genio di Busseto ha concentrato tutti i temi portanti del suo teatro musicale: il potere, con i suoi onori e oneri, l’amore contrastato, al punto da essere un amore impossibile, il conflitto tra il mondo dei padri e quello dei figli, il popolo oppresso che rivendica la propria libertà. E una questione delicatissima tanto nell’epoca in cui è ambientato il libretto (l’Europa della seconda metà del Cinquecento) quanto in quella contemporanea a Verdi: la ragion di stato contro quella dell’altare – da una parte l’Impero, insomma, e dall’altra la Chiesa. Filippo II, potentissimo re di Spagna, sposa in seconde nozze Elisabetta di Valois, per rinsaldare i rapporti del suo paese con la Francia. Ma Elisabetta era promessa al figlio di Filippo, Carlo, e continuerà ad amare il giovane, ardentemente ricambiata, di un amore che non può essere vissuto. La situazione genera un conflitto fortissimo, lacerante, tra il padre e il figlio, acuito dalle posizioni politiche di Carlo, Infante illuminato schierato dalla parte del popolo. Filippo arriva persino a progettare l’eliminazione fisica del figlio, con l’avvallo del Grande Inquisitore, figura inquietante già nell’aspetto fisico (cieco e nonagenario), degna di un graphic novel dalle atmosfere gotiche. Una vicenda tesa, come fatti che si susseguono e come dinamiche psicologiche in atto, dalla prima all’ultima scena. E con anche, alla fine, un tocco di sovrannaturale…
In una partitura in cui l’orchestra è protagonista non meno dei cantanti (e che, da questo punto di vista, apre la strada all’ultimo stile verdiano), i momenti memorabili, teatralmente e musicalmente, non si contano: Ella giammai m’amò, soliloquio in cui Filippo II da re diventa uomo come tutti nel momento in cui si rende conto di essere vecchio, solo e non amato dalla moglie; il dialogo tra Filippo e il Grande Inquisitore, incontro-scontro tra due bassi il cui colore scuro (e oscuro) è trattato da Verdi come l’incarnazione vocale delle rispettive autorevolezze; il duetto finale tra Carlo ed Elisabetta, mistico e visionario, in cui i due protagonisti si rendono conto che solo nell’immaginazione possono realizzare i desideri che la realtà nega loro. Un’opera potente, fiera, e, al tempo stesso, toccante e commovente: le emozioni del melodramma al loro apice.
Tratto dal dramma di Schiller Don Carlos, Infante di Spagna, il Don Carlo di Verdi debuttò all’Opéra di Parigi (in lingua francese) nel 1867 e fu poi sottoposto dall’autore a numerose revisioni in vista delle riprese italiane (Milano, Scala, 1884; Modena, Teatro Comunale, 1886) rappresentato per la prima volta a Genova nel 1887.
Le altre recite dell’opera verdiana si terranno mercoledì 26 aprile (19:00), domenica 30 aprile (15.30) e martedì 2 maggio (15.30).
Redazione di ArtInMovimento Magazine
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