Nuove dal Journal of the American College of Cardiology. Tre gruppi di esperti dell’American Heart Association, dell’American College of Cardiology e dell’American Society of Hypertension hanno aggiornato le linee guida sui valori pressori dei pazienti con malattia coronarica (Cad). Consigliano, in particolare, di mantenere livelli inferiori a 140/90 mm/Hg nei soggetti a rischio d’infarto e
Nuove dal Journal of the American College of Cardiology. Tre gruppi di esperti dell’American Heart Association, dell’American College of Cardiology e dell’American Society of Hypertension hanno aggiornato le linee guida sui valori pressori dei pazienti con malattia coronarica (Cad). Consigliano, in particolare, di mantenere livelli inferiori a 140/90 mm/Hg nei soggetti a rischio d’infarto e di ictus. Le linee guida, soprattutto, invitano a non superare i 130/80 mm/Hg nelle persone con malattie cardiache che hanno già avuto un attacco di cuore, un ictus, un Tia, o un aneurisma dell’aorta addominale.
Raccomandazioni, queste, di gran lunga più flessibili di quelle pubblicate nel 2007. “Lasciano il medico libero di decidere per il meglio a seconda del paziente che ha davanti” afferma Clive Rosendorff (Journal of the American College of Cardiology 21 April 2015), primo autore e presidente della commissione che ha redatto il documento. Sottolinea, inoltre, che le prescrizioni indicano l’uso nella terapia antipertensiva di beta-bloccanti e diuretici, ma anche degli antagonisti dell’angiotensina II (Arb) e degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (Ace-I).
Cionostante però, un certo grado di incertezza rimane. È un’incertezza che riguarda “chi beneficia maggiormente di una certa terapia”, nonchè “l’effettiva utilità di aggiungere altri farmaci alla cura in corso, e in quale sequenza”. Come sempre, infatti, il percorso migliore per le persone con ipertensione lieve è quello di cambiare abitudini di vita, migliorando dieta ed esercizio fisico.
“Le linee guida non sono regole inflessibili. […] Eppure, le raccomandazioni delle società scientifiche servono. Nell’ultimo decennio l’ipertensione è diventata un problema sempre maggiore negli Stati Uniti, secondo un recente rapporto del Cdc, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie” – conclude Rosendorff, osservando che il tasso di mortalità globale da ipertensione è aumentato del 23% dal 2000, in netta controtendenza con la mortalità per tutte le altre cause, scesa del 21% nel medesimo arco temporale.
L’accorato monito, insomma, dei Medical Center americani. Di quanti, da sempre, hanno scelto di stare dalla parte della vita.
Giuseppe Parasporo
[Fonti delle immagini: themedicalroundtable.com; play.google.com]
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