TEATRO GOBETTI dal 26 al 31 gennaio 2016 PREAMLETO di Michele Santeramo con Massimo Foschi, Manuela Mandracchia, Michele Sinisi, Gianni D’Addario, Matteo Sintucci regia Veronica Cruciani scene e costumi Barbara Bessi luci Gianni Staropoli musiche Paolo Coletta Teatro di Roma Da questa sera fino a domenica 31 gennaio al Teatro Gobetti (ore 19,30), andrà in
TEATRO GOBETTI
dal 26 al 31 gennaio 2016
PREAMLETO
di Michele Santeramo
con Massimo Foschi, Manuela Mandracchia,
Michele Sinisi, Gianni D’Addario, Matteo Sintucci
regia Veronica Cruciani
scene e costumi Barbara Bessi
luci Gianni Staropoli
musiche Paolo Coletta
Teatro di Roma
Da questa sera fino a domenica 31 gennaio al Teatro Gobetti (ore 19,30), andrà in scena, “PREAMLETO” di Michele Santeramo, con la regia di Veronica Cruciani, le scene e i costumi di Barbara Bessi, le luci di Gianni Staropoli e le musiche di Paolo Coletta. Lo spettacolo è una produzione del Teatro di Roma e fa parte della Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.
Re Amleto è malato: non ha più memoria. Non ricorda niente, né sua moglie, né suo figlio Amleto e tantomeno il viso del fratello Claudio. Non ricorda niente ma comanda ancora, ha ancora potere di vita e di morte su tutti.
Immaginare quel che può accadere prima di quel “vendica il mio brutale e snaturato assassinio” da cui prende vita l’Amleto, significa provare a scoprire intrecci e motivazioni che nel testo shakespeariano si affidano solo alla fantasia dello spettatore.
Se mutassero le premesse, la storia di Amleto sarebbe ugualmente piena di uccisioni, vendette, assassini? E quali sono le storture che si generano in un gruppo stretto dal vincolo familiare e costretto a relazionarsi con il potere? Queste gli interrogativi che animano il lavoro di Veronica Cruciani, regista da sempre interessata al rapporto tra memoria e drammaturgia. In questa storia, la perdita continua della memoria produce nel personaggio del Re una tenerezza e al tempo stesso una forza comica che assumono un ruolo centrale nel testo, insieme dalla presenza di Polonio, il consigliere sempre indeciso e pronto comunque ad “accorrere in soccorso dei vincitori”. La sensazione è che quella storia sia diventata il modello a cui tutta l’umanità si è ispirata, replicata nella vita di tutti i giorni; una storia che non accadrebbe se non venisse ispirata dalla parola Vendetta. “Vendica il mio brutale e snaturato assassinio”, dice lo spettro a suo figlio Amleto. Probabilmente è quello il momento in cui nasce Amleto, e nascono l’immagine e il modello a cui noi stessi ci ispiriamo. Forse è arrivato il momento – così la pensa qualcuno di questi personaggi – di cambiare specchio, e provare a vivere la gestione del potere, a qualunque livello, rinunciando al sopruso, alla violenza, che sembrano le uniche premesse di quel che definiamo Giustizia.
Il testo tenta di mettere di fronte allo spettatore questi personaggi nell’atto di assumere la decisione che cambierà le vite di tutti. Mostra i retroscena dei rapporti interni ad un gruppo stretto dal vincolo familiare, che diventano lo specchio di quanto il comportamento umano possa distorcersi ogni volta che si relaziona al potere.
Scrive la regista Veronica Cruciani: “Un bunker di cemento armato è il luogo in cui avviene questa storia.
Qui dentro vive il re malato che ha perso la memoria ma non ancora il potere. Il potere è il tema da cui siamo partiti con Michele, tre anni fa, per sviluppare un’indagine che ci ha condotto a riflettere sulla famiglia, la mafia e la politica.
Questo percorso è stato il terreno su cui sono nati i personaggi del Preamleto. Una storia attuale che racconta di una famiglia fatta di persone che cercano di farsi strada attraverso le proprie debolezze. Nessuno riesce a fare la cosa giusta al momento giusto: quella cosa cambierebbe le sorti della tragedia che conosciamo e che conduce inesorabilmente a violenza e morte. In scena incontriamo i potenti riconosciuti come tali e quelli abituati a elemosinare un saluto o un favore. Il potere è crudele e implacabile, ma l’atteggiamento che abbiamo noi di fronte a questo è spesso quello di uomini stupidi e privi di giudizio. Riponiamo fiducia in chi comanda sperando che in futuro tutto possa andare meglio. Siamo le vittime del potere ma anche la sua causa. Insieme a questo gioco che parla di vite umane che si corrompono a contatto con il potere entra il teatro. In questa storia è presente un livello meta teatrale che la regia andrà a evidenziare: il confronto tra generazioni diverse di attori, personaggi intrappolati in un testo che non vogliono più recitare e altri invece che rincorrono la storia che sembrano già conoscere. È un meccanismo di realtà e finzione che farà vivere la verità dei sentimenti e delle relazioni dentro l’artificio del teatro nel teatro“.
Redazione di ArtInMovimento Magazine
[Fonti delle immagini: teatrostabiletorino.it]
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