Quando un ricercatore instancabile percepisce la Verità ne rimane prima affascinato, poi rintontito e finalmente ne viene travolto e nutrito. Questo è quanto continuo a vivere ogni qual volta mi avvicino al Tempio della Chiesa di Anima Universale a Leinì (TO). E non si può certo dire che io sia un tipo che si lascia
Quando un ricercatore instancabile percepisce la Verità ne rimane prima affascinato, poi rintontito e finalmente ne viene travolto e nutrito. Questo è quanto continuo a vivere ogni qual volta mi avvicino al Tempio della Chiesa di Anima Universale a Leinì (TO). E non si può certo dire che io sia un tipo che si lascia coinvolgere da chicchessia. È vero, riconosco di essere un entusiasta, ma l’entusiasmo si accende e divampa quando sono io che realizzo eventi, studio, faccio lezione, scrivo, elaboro progetti, e quindi quando io sono al centro del mio agire, del mio fare. Quando devo affidarmi e quindi farmi coinvolgere, divento selettivo, i miei filtri e le mie difese ergono grandi barriere, mentre davanti a Swami Roberto tutto precipita. Scelgo spontaneamente di lasciarLo entrare in me, di nutrire, attraverso Lui, la fiammella di Dio che è in me, di permetterGli di indicarmi la via. A dicembre è un anno che Lo seguo non con continuità a causa dei tanti impegni che ho, ma con grande presenza e sentendoLo vicino tutte le volte che Lo richiamo a me. Vedo i suoi occhi amorevoli che mi tranquillizzano e mi rasserenano. Ho la Sua immagine ben fissa nella mia mente e nel mio cuore. Nel mio libro Sapere, Saper Fare e Saper Essere nel Reiki che uscirà a brevissimo, ci sono dei suoi aforismi ed è presente tra i ringraziamenti, perché anche Lui è stato per me fonte di ispirazione nella stesura del testo. Nelle ultime due domeniche (2 e 9 settembre) ho partecipato alla funzione domenicale. Sentivo di voler essere lì e percepivo che anche Lui voleva che fossi lì. La prima domenica ha ricordato che noi siamo il tempio dell’Amore divino, che in noi abita Dio. Ed è per questo che dobbiamo fare in modo che la nostra interiorità sia uno spazio confortevole, che sappia di incenso, proprio per questo singolare e speciale coinquilino. In seguito ha approfondito il versetto del Salmo 45 che riguarda la “regola” per essere il più possibile amici di Dio, di quel Dio che dimora in noi. Tu ami quel che è giusto e detesti il male. Perciò Dio, il tuo Dio, ti ha scelto tra gli altri, ti ha consacrato con olio, segno di gioia recita. L’essere scelti da Lui è il più grande dono che ci è concesso, dono che ci libera dalle illusioni, dalle tentazioni e dal male. E quel dono non può essere limitato a chi crede. Infatti, in quell’amore verso la giustizia, nell’incarnare la rettitudine e i valori più alti, questo rapporto di amicizia con Dio non è negato neppure agli atei. Swami ha sottolineato questo passaggio. Quanto mi è risuonato dentro! È la prima volta che lo sento affermare con tanta convinzione. Personalmente condivido in toto tale posizione che si manifesta a me come un’ulteriore prova di quanto il messaggio di Roberto sia veramente ecumenico, inclusivo e frutto di un Oltre che la mente razionale non riesce a cogliere fino in fondo. Non ho mai creduto totalmente a chi professava il suo come il credo perché la Verità è per tutti senza distinzione di genere, di livello di istruzione, di ceto sociale, di orientamento sessuale, di etnia e di religione. La porta del Padre è sempre aperta per un figlio. Un Genitore vuole solo e sinceramente il più alto bene del figlio. E Swami ci ha invitato in tutto il sermone a essere amici di Dio, a permetterGli di sceglierci, tenendo pulita la nostra mente dai pensieri cattivi, dai giudizi e dalle preoccupazioni, allontanando il male, la cattiveria, l’invidia da noi. Nella seconda domenica, dopo un momento di pulizia profonda per noi tutti, i nostri cari, le nostre abitazioni e il nostro posto di lavoro, e dopo averci fatto invocare la sacra salute e ricordato di quanto sia fondamentale nutrirci degli insegnamenti di Dio (Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio – Matteo 4,4) perché abbiamo fame di Lui e perché solo così ci liberiamo dal karma, ha definito lo stolto e l’umile. Citando la Bhagavad-Gita, lo stolto è colui che non segue gli insegnamenti divini, ovvero la parola di Dio, stolto che è destinato a distruggersi perché mai potrà essere nutrito dalla Verità. Vi è una condanna forte nei confronti dello stupido spirituale, condanna comune a tante spiritualità e a tanti credi. Lo stupido si dimostra in sintesi non responsabile delle proprie scelte e non consapevole delle proprie azioni. Swami ci sprona a non farci dominare dalla stoltezza. Possiamo combattere la stupidità attraverso l’umiltà, intesa come consapevolezza del tuo bisogno vitale di nutrirti dei divini insegnamenti. L’umiltà non è quindi un atteggiamento esteriore, ma è la capacità di riconoscere quanto si abbia bisogno di Dio e quanto si dipenda da Dio. L’umile non è tanto la persona che si atteggia a ultimo, che si veste di stracci a momenti per non apparire, che si mette in disparte per non emergere, che non vuole farsi notare per non essere applaudito, ma è chi non è superbo davanti a Dio, perché riconosce di averne un profondo bisogno, Gli lascia lo spazio per entrare in lui. È meraviglioso questo messaggio, inedito e originale che mi risuona noto, che mi ricorda quell’atteggiamento di continua apertura nei confronti del Sapere che è infinito.
E rispetto a me? Due incontri intensi. Un abbraccio enorme il 2 settembre con un appellarmi Bello con quella pienezza che per Swami è naturale, ma che è difficile da rendere a parole. E nel secondo una benedizione personale con l’acqua, conclusa con un pizzicarmi il naso proprio come un fratello può fare. Una tenerezza infinita con quegli occhi che leggono dentro. Ed io paralizzato. Le gambe rigide. La favella interrotta. Solo tanta gratitudine. E poi fuori, all’uscita, mi appella Amore e poi mi chiama per nome invitandomi a scrivere un articolo su Piero Foassa. Avevo qualche minuto prima descritto a Fabrizio quanto avevo in cuore. La mia non è devozione, ma grandissimo affetto. Un sentimento di familiarità reciproca grande che mi toglie il fiato, che mi fa sentire a casa, mi fa sentire compreso, riesce a vincere quel senso di solitudine e nostalgia che conosco da sempre. Un riconoscimento karmico che sicuramente mi porterà tantissimo. Da giornalista parlo di Swami Roberto come una grande anima realizzata, un mistico che ha fatto del servizio la sua ragione di vita, un riferimento per tanti e una grande fonte di conoscenza e verità… Da anima in cammino, è un fratello maggiore che voglio sostenere e da cui mi sento profondamente amato e che amo tanto da commuovermi…
Annunziato Gentiluomo
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