La Corte Suprema degli Stati Uniti ha segnato ieri una giornata storica. Dopo il referendum irlandese, arriva ora la sentenza con la quale si superano le leggi dei singoli Stati e si legalizzano le unioni same-sex anche laddove ancora non lo erano (14 a fronte di 36 che già avevano aperto ai matrimoni gay). Il
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha segnato ieri una giornata storica. Dopo il referendum irlandese, arriva ora la sentenza con la quale si superano le leggi dei singoli Stati e si legalizzano le unioni same-sex anche laddove ancora non lo erano (14 a fronte di 36 che già avevano aperto ai matrimoni gay). Il voto decisivo, il 4 su 5 giudici chiamati a pronunciarsi, è stato quello di Anthony Kennedy, conservatore, che si è allineato ai suoi colleghi liberal, rendendosi così fautore di una giornata davvero storica per gli Stati Uniti e non solo. Il presidente Barack Obama così si è espresso dal suo profilo twitter: “Oggi è un grande passo nella nostra marcia verso l’uguaglianza. Le coppie gay e lesbiche ora hanno il diritto di sposarsi, proprio come tutti gli altri”. E poi ha lanciato l’hashtag #LoveWins – l’amore vince- che è rimbalzato sui social ai quattro angoli del globo in tempo zero. Emozione, sorrisi, lacrime di gioia per una decisione che sembrava impossibile e invece è arrivata, appena 48 ore prima di quel 28 giugno in cui, ogni anno, la comunità LGBT ricorda l’inizio dei “moti di Stonewall”. Quella di Stonewall è una storia americana, della New York del 1969, e fu nella notte tra il 27 w il 28 giugno di quell’anno che la polizia fece irruzione in un locale gay nel quartiere di Greenwich. Quel locale si chiamava “Stonewall” e da quell’episodio si è organizzato e ha avuto inizio il movimento omosessuale americano, con le sue rivendicazioni di libertà ed equità.
1969-2015, l’attesa è durata 46 anni ma alla fine la piena equiparazione dei diritti è arrivata. I giudici, analogamente a quanto accaduto di recente anche in Italia, sono stati critici nei confronti della politica, che avrebbe dovuto precederli in un’azione legislativa a riguardo, senza lasciare alla Corte il compito di colmare un vuoto. Ma poco importa oggi, il passo non sembrava più così lontano e la spinta sull’acceleratore ha solo realizzato quel cambiamento che fremeva a manifestarsi, e ha permesso che si voltasse pagina e se ne riscrivesse una nuova.
In Italia e nel versante orientale del mondo si aspetta ancora un cambiamento, più prossimo (forse) come da noi o ancora lontano come in Russia o nel Continente Africano. Si vede bene in questa mappa, nella quale le tonalità dal beige al rosso scuro indicano una gradualità dalle leggi restrittive alla pene più estreme.
C’è ancora tanto lavoro da fare, lo sappiamo tutti e lo sanno coloro che a questa causa dedicano un impegno a tempo pieno. Oggi e domani sono ancora giornate di manifestazioni e di Pride. Quello più bello, c’è da scommetterci, sarà quello di New York.
Chiara Trompetto
[Fonti delle immagini: pagina facebook della Casa Bianca, it.wikipedia.org]
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