Non un’improvvisa nevicata estiva ma bensì Unconventional Dinner. Ieri sera, nella suggestiva cornice di Piazza San Carlo a Torino, è andata in scena “la cena in bianco”, evento creato sulle ceneri degli antichi flash mob -ma più vicino ad uno slow mob- che ha portato nello stesso luogo 11mila persone vestite di bianco. Poche ma
Non un’improvvisa nevicata estiva ma bensì Unconventional Dinner. Ieri sera, nella suggestiva cornice di Piazza San Carlo a Torino, è andata in scena “la cena in bianco”, evento creato sulle ceneri degli antichi flash mob -ma più vicino ad uno slow mob- che ha portato nello stesso luogo 11mila persone vestite di bianco. Poche ma ferree regole, nel rispetto della convivialità, della tradizione del territorio e di cinque grandi “E” quali Etica, Estetica, Eleganza, Educazione ed Ecologia: bianco è il codice del colore per allestire la tavola e per gli abiti, ci si porta tutto da casa (anche i tavoli e le sedie), sono assolutamente banditi piatti, bicchieri e posate di plastica e, soprattutto, ognuno deve lasciare il luogo che ha occupato come l’ha trovato. Una cena a bassissimo impatto ambientale.
Ogni commensale ha declinato a piacimento il bianco del proprio abbigliamento, facendo diventare la cena anche un evento di moda oltre che culinario. Dai gentiluomini con tuba in stile inglese ai ragazzi in jeans e polo, dagli abiti da cocktail a veri e propri costumi di ogni epoca, elegantissime signore anni ’20 hanno cenato con altrettanto eleganti nobildonne del secolo precedente. Un crogiuolo di epoche, stili e tradizioni culinarie che hanno accentuato il garbo del salotto di Torino grazie a raffinati tavoli imbanditi con stoviglie impeccabili, centrotavola di fiori bianchi e candelabri d’argento.
L’ideatrice dell’evento è Antonella Bentivoglio D’Afflitto che, con la sua esperienza trentennale nell’ambito della comunicazione, ha creato uno dei migliori eventi torinesi, capace in pochissimi anni di raggiungere un richiamo non solo nazionale ma anche internazionale.
Sul suo blog, la white lady torinese afferma di aver voluto creare qualcosa in città che fosse “per la città”, che fosse dinamico nei modi (ecco perché il flash mob), moderno nella comunicazione (ecco perché i contest, i social media, il coinvolgimento della rete), tradizionale nel concept (la tavola, la famiglia, l’eleganza), che portasse in sé la tradizione di una grande città che è stata Capitale d’Italia, che avesse valori di sobrietà etica ma al contempo creasse grande suggestione.
Una magia che attraesse i media, che non costasse nulla al partecipante, che portasse le persone a passare una bella serata tutti insieme e ogni volta in un posto diverso. Ha unito i balli in bianco del ‘500, le feste in spiaggia anni ’60, gli aperitivi in white anni ‘90, gli eventi glamour in bianco in giro per il mondo ma soprattutto, volendo celebrare la tradizione italiana, le feste di paese in strada per il Santo Patrono tipiche del Sud Italia.
Voleva che quest’evento fosse qualcosa di diverso e, visti i risultati, ci è riuscita.
Mirko Ghiani
[Immagini da: lastampa.it]
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