Picture number one. Torino sotto la pioggia, nel quinto giorno del Torino Jazz Festival, Torino che senza pioggia in fondo non sarebbe lei. Il caldo del giorno che evapora al contatto con l’acqua e l’odore di asfalto bagnato, la corsa a cercare riparo sotto i portici di Piazza San Carlo mentre sta per finire di
Picture number one.
Torino sotto la pioggia, nel quinto giorno del Torino Jazz Festival, Torino che senza pioggia in fondo non sarebbe lei. Il caldo del giorno che evapora al contatto con l’acqua e l’odore di asfalto bagnato, la corsa a cercare riparo sotto i portici di Piazza San Carlo mentre sta per finire di suonare il Quartetto Afrocubano di Omar Sosa, e il sole dei Caraibi in fondo splende un po’ anche qui, nella ritmica delle congas e nelle note dolci del flauto traverso e del pianoforte.
Picture number two.
Le Night Towers, in Piazza Vittorio Veneto. Il Trio Bobo che suona così, uno su ogni torre per un effetto scenico davvero originale. Le torri illuminate. Il pubblico sotto. Un jazz contaminato, molto funky. Il Trio Bobo sono Faso, Christian Meyer e Alessio Menconi. Basso e batteria di Elio e le Storie Tese insieme a uno dei chitarristi jazz italiani più ricercati del momento. Il dialogo sonoro imbastito dai tre, dall’alto delle loro postazioni, il suono che scendeva verso terra, verso la piazza, verso il pubblico, ma si espandeva anche verso l’alto, dove il cielo si stava liberando dalle nuvole.
Picture number three.
Piazza San Carlo, ancora, il giorno del Jazz della Repubblica. Fine giornata, dopo un pomeriggio di caldo e di sole. Ancora tanta tantissima gente. La Blues Brothers Band, proprio quella originale. Il pubblico in delirio, davvero tutti. Quelli che allora c’erano già e vorrebbero tornarci, quelli che non c’erano ma avrebbero voluto esserci, quelli che non c’erano ma li apprezzano anche adesso. Loro sono animali da palcoscenico, nonostante l’età e chissà quante ore di concerti alle spalle. Qui, “in missione per conto di Dio”, facendo ballare tutta, ma proprio tutta la piazza, scherzando e divertendosi anche loro come ragazzini. “Going back to Torino” è la migliore colonna sonora per questa immagine.
Picture number four.
Jazz Club Torino, il posto dove tutto accade durante il festival. Incontri, scoperte, idee da mettere insieme, fantasie, progetti. Il finale è una festa, una grande festa di jam session come si conviene in queste occasioni. La porta la apre il padrone di casa Fulvio Albano, reduce da giorni di prove con la sua Torino Jazz Orcherstra per un nuovo progetto. Accanto a lui vuole Massimo Faraò al pianoforte, Aldo Zumino al basso, Marco Toltoti alla batteria. E poi Claudio Chiara ancora al sax e Valery Ponomarev alla tromba. Ci si diverte, perché il jazz è questo, almeno il jazz nella sua concezione classica. È la prossimità col pubblico, è l’improvvisazione della jam session che intreccia in pochi istanti intese sorprendenti.
È uno scorrere di volti sempre diversi, e poi tra il pubblico compaiono anche gli altri protagonisti della giornata. Sul palco salgono giovani e giovanissimi, arrivati qui solo per assistere ai concerti e partecipare alle session nei dopo-festival. L’immagine è quella di Francesco e Giacomo, dalla Sicilia a Torino passando per Boston, in compagnia dei loro strumenti (sax e tromba) e con un talento che si riconosce lontano un miglio. Anche questo è TJF, soprattutto questo. È ciò che resta e si ravviva da un anno all’altro, di festival in festival.
Chiara Trompetto
[Immagini: Chiara Trompetto Ph]
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