Difficile riassumere e descrivere un “lecture show” di Mauro Berruto, che oltre al talento innato come allenatore ha anche il dono di sapere raccontare, scegliendo le parole, dipanando nella narrazione una matassa enorme di pensieri, idee, concetti, unendo mondi apparentemente lontati, nel tempo e nello spazio. E così questo viaggio, perchè di viaggio si tratta,
Difficile riassumere e descrivere un “lecture show” di Mauro Berruto, che oltre al talento innato come allenatore ha anche il dono di sapere raccontare, scegliendo le parole, dipanando nella narrazione una matassa enorme di pensieri, idee, concetti, unendo mondi apparentemente lontati, nel tempo e nello spazio.
E così questo viaggio, perchè di viaggio si tratta, inizia nell’antica Grecia dalla quale, dice Berruto, è nata la nostra cultura, a 360 gradi.
Siccome il tema di quest’anno a La Grande Invasione è la parola, Mauro Berruto ne ha scelte come più importanti tre: agon, artè, polis.
Con il termine agon si intende qui la spinta a superare e superarsi, lascito culturale del mondo greco antico nel quale, a differenza dello spirito olimpico concepito da De Coubertin, la sola cosa importante era vincere, e non partecipare. L’agonismo, visto in questa accezione, è il primo elemento necessario per realizzare un capolavoro, non solo in ambito sportivo.
La seconda parola è artè, intesa qui con un insieme di concetti: la capacità di fare bene qualcosa, la capacità di assumersi pienamente la responsabilità di ciò che si fa, infine la capacità di fare bene qualcosa quando è più difficile farlo. Risulta in questo caso evidente la connessione con la ricerca della performance che caratterizza il mondo dello sport.
La terza parola è infine polis, che rimanda al termine “politica” e alla cura per la polis, la “cosa pubblica”.
Mauro Berruto ha creato per questo un termine, e cioè “egoismo di gruppo”, che rappresenta uno stato di cose nel quale le aspirazioni del singolo coincidono con quelle della comunità (o di una squadra, ad esempio), e la tensione verso la realizzazione del “capolavoro” diventa condivisa, corale.
La serata di letture e racconti scorre veloce e fluida, con citazioni e riferimenti scelti con cura e restituiti al pubblico con il suo stile semplice e coinvolgente, appassionato e profondo. Si ripercorrono le imprese e le opere di alcuni grandi dello sport e dell’arte, svelando i motivi della loro grandezza, storie note e meno note di imponenti vittorie ma anche di molti sacrifici e di altrettanto imponenti sconfitte, che a loro modo sono tuttavia state imprese memorabili (come quella di Gabriela Andersen-Schiess, nella prima maratona olimpica femminile della storia).
Il libro di “Capolavori. Allenare, allenarsi, guardare altrove” racconta l’esperienza personale di Mauro Berruto come allenatore, ma contiene anche le riflessioni che l’autore ha condiviso con il pubblico de La Grande Invasione nel Salone dei 2000, altro pezzo di Olivetti recuperato e ora utilizzato come spazio per eventi, presentazioni, etc… E quale luogo migliore, per parlare di capolavori, di individui geniali, così come di imprese di gruppo, di squadra?
Il cerchio, iniziato con l’antichità e un tuffo nella cultura greca, si chiude ovviamente con un riferimento al grande viaggio, metafora per antonomasia della conoscenza, l’Odissea. L’eroe, come il campione, non è colui che non fallisce mai, esso al contrario si riconosce da come affronta la sua sconfitta. Così Ulisse affronta il sentimento di mancanza che lo fa decidere di tornare a Itaca (forse per partire poi un’altra volta?). La chiusura è affidata a una poesia intitolata proprio “Itaca”, del poeta greco Kostantinos Kavafis.
Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
o Poseidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla via,
se resta il tuo pensiero alto e squisita
è l’emozione che ci tocca il cuore
e il corpo. Né Lestrigoni o Ciclopi
né Poseidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.
Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d’estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra) in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici
per acquistare bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d’ogni sorta,
quanti più puoi voluttuosi aromi.
Recati in molte città dell’Egitto,
a imparare dai sapienti.
Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna a quell’approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all’isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t’ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha da darti più.
E se la ritrovi povera, Itaca non t’ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un’Itaca.
Chiara Trompetto
[Immagini: ArtInMovimento; Testo della poesia Itaca: traduzione di F.M. Pontani]
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