Il santuario canellese prende vita, l’antico borgo medievale risorge, i secolari feudi medievali aprono i sacri poderi della viticultura. Oggi Canelli, città piemontese nella provincia di Asti, tra i più antichi e bei paesaggi agrari del Nord Italia, apre le porte delle proprie cantine e, fresca di proclamazione quale patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO, ritorna per
Il santuario canellese prende vita, l’antico borgo medievale risorge, i secolari feudi medievali aprono i sacri poderi della viticultura. Oggi Canelli, città piemontese nella provincia di Asti, tra i più antichi e bei paesaggi agrari del Nord Italia, apre le porte delle proprie cantine e, fresca di proclamazione quale patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO, ritorna per due giorni – nell’ambito dell’evento La città del vino di sabato 27 e domenica 28 settembre – esattamente quello che è, quello che è sempre stata: una grande enoteca a cielo aperto. E il nome dell’evento è tutt’altro che causale.
Canelli è la “città del vino”, lo è da sempre. Dovunque ti trovi, ovunque cammini, basta alzare lo sguardo e vederla : la vigna esiste praticamente da sempre, Lei che col tempo, da semplice mezzo di sussistenza locale, è diventata, sul finire del Medioevo, la maggiore risorsa commerciale del territorio. “Lo maggior frutto di questa terra egli è il vino” confessava nel 1756, anno zero dell’econologia canellese, l’intendente delle Regie Finanze in una relazione, convinto – come lo è oggi il mondo intero – della genialità e dell’elegante modestia di luogo che nel fascino dei muri, dei viottoli, delle silenziose chiese barocche conserva la sua virtuosa dignità, intatta, pur tra le sacrileghe profanazioni operate dal tempo.
In questi giorni allora, Canelli, vigna prima ancora che città con i suoi ben 782,51 ettari vitati, ospita la sedicesima edizione di un evento che, organizzato dal Comune e dall’Enoteca Regionale di Canelli e dell’Astesana, coinvolge in una due giorni emozionante non solo vino, ma anche storia, musica e spettacolo. La festa infatti, dopo la cerimonia di inaugurazione nelle sale del Teatro Balbo (26 settembre, ore 21.00), prevede una capillare organizzazione di visite guidate ( come quella presso le storiche Cattedrali Sotterranee) esposizioni (la mostra dei vermouth e dei vini aromatizzati), musica e spettacoli (da non perdere il concerto a cura della banda musicale della città), incontri, mostre a tema e un’innovativa «card» (la Canelli Wine Card) che, acquistabile nei punti segnalati e presso l’Ufficio del Turismo al prezzo di 10 euro, darà diritto a tre degustazioni gratuite e sconti fino al 40% sulle visite.
Un programma pienissimo dunque, che all’enogastronomia, con le visite in cantina e le degustazioni di vini, liquori e amari della ditta Tosti, nonché drink e cocktail preparati con gli spiriti della Pernod Ricard Italia, affianca decine di eventi collaterali: dalle bancarelle di Via Roma al raduno d’auto e moto d’epoca; dalle mostre sulle tradizioni contadine all’intrattenimento per i più piccoli con giostre e trucca-bimbi; dal trenino “risorgimentale” (che celebrerà i 150 dell’arrivo della ferrovia a Canelli e che collegherà le cantine e i luoghi della manifestazione) alle performance degli antichi mestieri all’interno delle cantine Gancia.
Un’imperdibile occasione per immergersi in un ambiente ancora incontaminato, quello dell’enologia e della viticoltura canellese. Ritornare alla terra, sentirne l’odore. Conoscere un’altra civiltà, quella dionisiaca, la “civiltà del vino”: vera, autentica anche se un po’ invecchiata; dolce, delicata pur nella sua austerità.
Dall’alto delle sue 524 aziende agricole, trentacinque industrie spumantiere di fama internazionale, e una cinquantina di aziende eno-meccaniche, con “La città del vino” Canelli ci porta a cena fuori, ci accompagna a bere qualcosa, e infine ci fa ubriacare: beninteso, non di vino, o meglio non “solo” di vino.
Il suo è prima di tutto un grande invito culturale: l’invito romantico a passare un fine settimana tra la poesia e la sacralità delle colline canellesi, fatte di santuari prima che di vigne.
Romantico forse come il poeta de “Lo spleen di Parigi”, che in “Enivrez-vous”, un po’ come Canelli, ci offriva l’ebrietà (“Bisogna sempre essere ubriachi […]ubriacatevi, ubriacatevi sempre!)?
Di certo anche Baudelaire concludeva precisando: “ Di vino, di poesia o di virtù , come vi pare.”
Giuseppe Parasporo
[Fonti immagini: www.cittàdelvino.it; www.paronamio.com; www.tumblr.com]
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