A due giorni dal corteo che concluderà il CalabriaPride, battezzato A passiata (19 luglio ore 17.00), nonostante un programma fitto di appuntamenti, alcuni dei quali di una certa levatura culturale, constato un atteggiamento snobistico da parte di alcune realtà giornalistiche della zona, in particolare La Gazzetta del Sud, il TG3 Regionale e ‘NtaCalabria.it. Tale latitanza giornalistica non è in
A due giorni dal corteo che concluderà il CalabriaPride, battezzato A passiata (19 luglio ore 17.00), nonostante un programma fitto di appuntamenti, alcuni dei quali di una certa levatura culturale, constato un atteggiamento snobistico da parte di alcune realtà giornalistiche della zona, in particolare La Gazzetta del Sud, il TG3 Regionale e ‘NtaCalabria.it.
Tale latitanza giornalistica non è in linea con i valori notizia, definiti da Golding-Elliot le “regole pratiche comprendenti un corpus di conoscenze professionali che implicitamente, e spesso esplicitamente, spiegano e guidano le procedure lavorative direzionali”. Tra questi vi sono la notiziabilità, la novità, la rilevanza e la significatività dell’evento riguardo ai suoi sviluppi futuri, la prossimità geografica, e data la prima edizione del pride calabrese, data la dimensione regionale della manifestazione, dato il fatto che in questa occasione si tireranno le somme di tutta l’OndaPride, diventa ancora meno comprensibile l’atteggiamento delle testate suddette.
Questa manifestazione, con i suoi diversi e interessanti appuntamenti, si può definire socialmente e culturalmente rilevante perché ha affrontato, con voci autorevoli, temi come i diritti, le libertà, l’immigrazione, la famiglia e le sue evoluzioni, la ‘ndrangheta, le relazioni, l’omofobia, il bullismo e l’arte, quest’ultima attraverso incursioni musicali, poetiche e cinematografiche.
Siamo forse di fronte a una volontà di ridurre la manifestazione a una parata folkloristica dove dare visibilità semplicemente agli eccessi, che hanno tutto il diritto di manifestare ed esprimersi, e non fotografare lo status quo oggettivo e la presenza di quella fascia di mezzo appartenente alla comunità GLBTI che si pone tra i “nascosti” e gli “ostentatori”?
Si vuole mettere in ombra tutto il lavoro di mesi fatto da volontari per organizzare un programma così ricco e stimolante, volto alla riflessione e alla socializzazione su alcuni temi poco affrontati solitamente?
Si vuole perpetuare una dicotomia tra normali e anormali, tra morali e immorali, in luogo di proporre un noi plurale e inclusivo?
Mi auguro di equivocarmi…
Annunziato Gentiluomo
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