A Tirana apre per la prima volta al grande pubblico il bunker antiatomico costruito ai tempi della dittatura comunista di Enver Hoxha. Una struttura di cemento di 2.680 metri quadri progettata per ospitare la nomenclatura in caso di un attacco nucleare. Ora questo luogo è un’esposizione storica e di arte moderna, che è stata inaugurata
A Tirana apre per la prima volta al grande pubblico il bunker antiatomico costruito ai tempi della dittatura comunista di Enver Hoxha. Una struttura di cemento di 2.680 metri quadri progettata per ospitare la nomenclatura in caso di un attacco nucleare. Ora questo luogo è un’esposizione storica e di arte moderna, che è stata inaugurata pochi giorni prima della Festa Nazionale del 28 novembre. Una realizzazione che si inserisce nel percorso dell’Albania verso l’Europa, in cui l’arte può giocare un ruolo importante. Lo sa bene Edi Rama, artista prima ancora che premier, che in una intervista rilasciata al giornale italiano Repubblica dice: “abbiamo aperto le porte della nostra memoria collettiva”. La memoria per superare la storia e andare oltre. L’arte come veicolo di messaggi nuovi.
Si arriva all’ingresso di Bunk’Art camminando all’interno di un’area ancora militarizzata, nella zona collinare di Tirana che si raggiunge percorrendo fino alla fine Rruga Teki Selenica. Il logo è un semicerchio con tutti i colori dell’iride e una stella in campo rosso. Il simbolo del passato circondato dal movimento e dal colore del futuro, nello slancio che permette di prendere in mano la propria storia affinché non sia più un peso ma una base su cui poggiare la memoria e la consapevolezza. È stato realizzato, per quanto attiene alla parte tecnica (stampa) dagli amici di Green Advertising, ragazzi giovani con un passato di emigrazione in Italia e un ritorno pieno di idee e di voglia di fare. Il sottotitolo “ 70 vjet pas çlirimit” significa “70 anni dopo la liberazione”. Si percorrono i cunicoli della struttura, ben tre livelli di alta ingegneria pensata per resistere a qualunque cosa. All’interno delle stanze, una di seguito all’altra, sono stati ricostruiti gli ambienti. Gli uffici di Hoxha, la camera da letto, un televisore che trasmette in loop un filmato dell’epoca. In ogni camera allestita si percorrono pezzi di storia a tratti comune. L’occupazione italiana, quella tedesca, la resistenza, la liberazione e infine la nascita dello Stato Comunista e la ricostruzione. Molte foto e documenti, le divise e le attrezzature dei militari, alcune installazioni più concettuali tese a raccontare le emozioni oltre ai fatti, come la solitudine e la paura, e anche il messaggio importante di non ripetere gli errori di un tempo. Al piano inferiore troviamo quella che doveva essere la caffetteria del bunker, riproposta nella stessa veste, sebbene il bunker stesso sia stato effettivamente utilizzato solo in due occasioni per delle esercitazioni. Il salone che doveva essere la sala del parlamento, allestito anch’esso con foto d’epoca, ora è utilizzato per gli eventi correlati alla mostra, presentazioni e incontri. La risposta dei media anche internazionali è stata sorprendente, quella del pubblico anche, come mi raccontano soddisfatti gli amici di Green, e a mio avviso è un successo meritato. Nell’insieme risulta un allestimento originale, che esalta le specificità di un luogo molto particolare e al contempo lo riempie di contenuti che tendono, sul finale, a portarlo fuori dalla sua natura originaria, lo proiettano verso un altrove spaziale e temporale. Alla fine del percorso infatti è dedicata una sala alla partecipazione dell’Albania a Expo 2015. Un saluto che è un convinto e sorridente “arrivederci” in un futuro che non può che avere tutti i colori dell’iride.
Chiara Trompetto
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *