Alla luce del successo riscosso in Francia e in Italia, vogliamo approfondire, dalla voce del regista Andrea Cigni, il Don Pasquale di Donizetti che sarà in scena al Teatro Ponchielli di Cremona domani, 19 e sabato 21 novembre alle 20.30. Rispetto all’idea, Cigni spiega: Il progetto di Don Pasquale nasce dalla prioritaria volontà di restituire il carattere teatrale
Alla luce del successo riscosso in Francia e in Italia, vogliamo approfondire, dalla voce del regista Andrea Cigni, il Don Pasquale di Donizetti che sarà in scena al Teatro Ponchielli di Cremona domani, 19 e sabato 21 novembre alle 20.30.
Rispetto all’idea, Cigni spiega: Il progetto di Don Pasquale nasce dalla prioritaria volontà di restituire il carattere teatrale dell’opera del compositore bergamasco. Don Pasquale è sicuramente l’opera buffa più riuscita di Donizetti e questa fortuna è dovuta anche alla grande caratterizzazione dei personaggi che agiscono nel corso della vicenda, ciascuno con un proprio modo di essere, con un proprio ‘scopo’, con peculiarità fisiche e caratteriali specifiche e personali.
Il primo lavoro che abbiamo fatto è quello di restituire questo senso drammaturgico che l’opera richiede desiderando rendere unico e ben riconoscibile nella recitazione e nella sua rappresentazione ciascun interprete.
L’epoca durante la quale abbiamo collocato la vicenda è la metà del Novecento. Vuoi perché le linee dei costumi dell’epoca ben si prestano a rendere la nostra idea, vuoi perché alcune ‘soluzioni visive’ trovano giustificazione e pertinenza in una collocazione ‘moderna’ e non storicizzata. Infine abbiamo ritenuto importante l’esigenza di avvicinare i personaggi e la vicenda al pubblico, utilizzando riferimenti temporali, visivi, culturali, più vicini ai nostri giorni.
La fonte primaria di ispirazione è stato proprio il carattere di Don Pasquale, il suo essere ‘taccagno’. Una sorta di vecchio ‘avaro’ cui interessa fondamentalmente proteggere il proprio patrimonio e per far ciò utilizza ogni mezzo, anche il matrimonio combinato (seppur con una giovane ed avvenente ragazza).
L’oggetto più evidente che ci è balzato subito alla mente, riconducendolo ad una sorta di ‘Paperon de’ Paperoni’ umano o un Mr. Scrooge del romanzo di Dickens, è la cassaforte: l’elemento che chiude e protegge il suo ‘tesoro’, la sua ricchezza materiale, ma che avrà poi il compito di racchiudere il vero tesoro dell’opera nel finale.
La casa di Don Pasquale è dunque un’enorme ed inespugnabile cassaforte, dentro alla quale è difficile entrare, che racchiude a sua volta una seconda ed altrettanto inespugnabile cassaforte/forziere che contiene tutti gli ‘averi’ di Don Pasquale. Coloro che hanno a che fare con il protagonista (Norina, Malatesta, Ernesto…) devono necessariamente riuscire ad essere accettati nel suo mondo e pian piano ‘espropriare’ il vecchio tirchio di tutto ciò che ha, per far vincere l’amore dei due giovani.
Opposto al mondo di Don Pasquale è il mondo fiorito, lieto, gaio, di Norina. Un mondo fresco, amoroso, felice che fa davvero da contraltare alla cupezza del vecchio e che pian piano lei saprà far prevalere, rompendo la tristezza del caveau.
Fanno da cornice tutti i protagonisti della vicenda e il coro, ciascuno con una propria specifica caratterizzazione.
L’elemento comico è quello che, oltre all’evidente e necessario argomento amoroso, guiderà il lavoro relativo alla messinscena, con l’uso sorprendente della macchineria e l’accuratezza della recitazione. Il colore, la luce, il contrasto tra gli ambienti legati ai vari personaggi, saranno la chiave di lettura visiva del nostro lavoro.
Riassumendo: epoca metà del Novecento (anni Cinquanta), Don Pasquale un vecchio ricco tirchio che cerca di proteggere il suo tesoro, Norina una bella e giovane ragazza legata ad un mondo di colore e di gaiezza con Malatesta (un esuberante e stravagante personaggio), Ernesto l’innamorato gentile che tutte le ‘Norine’ del mondo vorrebbero avere. In un vortice di comicità e di sentimentalismo si incroceranno tutti questi mondi, annullando il mondo della cassaforte di Don Pasquale. Alla fine della nostra storia resta il vero e unico tesoro, l’amore dei due giovani, incorniciato in una romantica cartolina dal titolo: “Roma, Ti amo!”.
Per quanto riguarda la scena, Andrea Cigni, precisa: Come già accennato, l’elemento di partenza del nostro lavoro è la cassaforte-caveau di Don Pasquale, dentro alla quale egli custodisce gelosamente i propri averi e le proprie ricchezze accumulate nel corso di una vita di privazioni e di tristezza. Dunque agli occhi dello spettatore, ad ingresso pubblico, si apre proprio questo sipario-cassaforte, con le sue maniglie, i suoi marchingegni e la sua impenetrabilità.
Davanti all’entrata della cassaforte si svolge praticamente tutto il primo atto, eccezion fatta per la scena del giardino di Norina che prende il posto della cassaforte facendoci assaggiare il suo mondo pieno di felicità, di freschezza, di colombi viaggiatori, di amore e di fiori: in effetti Norina apparirà su una meravigliosa altalena sospesa su un prato, con Malatesta intento a cacciare farfalle.
L’interno del caveau è la casa di Don Pasquale. Cupa, triste, dominata da un capitonné bordò scuro consunto e da un forziere in oro zecchino che può avanzare o arretrare nella scena, si apre e si chiude, e che contiene tutti i suoi risparmi e i suoi tesori e che lui custodisce in modo spasmodico grazie a combinazioni e chiavi di ogni sorta, proteggendolo da possibili sperperi e furti.
Dentro a questo ambiente interverranno Norina e Malatesta per la scena del matrimonio col vecchio. Una volta ottenuta la mano del ricco avaro però Norina trasformerà questo triste e malmesso interno in uno spumeggiante salotto in cui dominano eleganti sofà bianchi, capitonné bianco lucido, tappeti, lampadari, aitante servitù e aprendo continuamente e a suo piacimento la cassaforte, approfittando ed abusando della ricchezza del vecchio.
L’ultima scena del ‘boschetto’ in realtà è un luogo simbolico in cui il giardino è reso da decine e decine di lampadine a bulbo che si riflettono nelle pareti a specchio (restituendoci la magia di una notte stellata piena di riflessioni oniriche) e che racchiudono ancora il forziere di Don Pasquale ma che stavolta cambia la propria funzione: ora protegge il vero tesoro dell’opera, Norina e l’amore tra i due giovani.
Il tutto si avvale di più piani drammatici, di ingressi diversi, di scale e nascondigli per offrire una maggior movimentazione all’azione scenica.
Al termine dell’opera calerà sui due amanti la scritta “Roma, ti amo!” a ricordare, con una suggestiva cartolina, la cornice della città eterna alla vicenda appena conclusa.
La scena si compone di elementi semplici ma efficaci, di trucchi teatrali di poetico impatto (come la cassaforte o il volo del piccione viaggiatore o ancora le lampadine finali e l’insegna con la scritta ROME, JE T’AIME) e di pareti che col sistema dei periatti ci consentono di variare costantemente e rapidamente quadro e scena.
Rispetto ai costumi, il regista toscano argomenta: La vicenda ha come abbiamo detto un’ambientazione moderna, gli anni Cinquanta del Novecento. I costumi, gli accessori, le linee saranno quelle di uno dei periodi più affascinanti del secolo scorso. Sarà così possibile approfittare di trovate, forme e stili che sono ancora facilmente riconoscibili da parte degli spettatori, anche facendo chiaro riferimento a personaggi e situazioni della storia moderna del costume (pensiamo a Marylin Monroe per alcune mises di Norina-femme fatale).
I colori dei personaggi dell’opera saranno in netto contrasto con la cupezza, la rigidità e la ‘tristezza’ dei colori e delle fogge degli abiti di Don Pasquale, che pur ricercando una sua eleganza, non farà altro che accentuare il proprio essere ridicolo e sempre fuori luogo.
Norina e Malatesta saranno per certi aspetti molto simili, in effetti il carattere estroso e stravagante di Malatesta richiama la protagonista femminile, anche attraverso l’uso di un costume simile nel tessuto ed in alcuni accessori. Ernesto invece sarà il classico ragazzo per bene e di seri principi, con abbigliamento alla moda, pronto a far colpo sulla sua Norina. Camerieri, cameriere, modista, parrucchiere, maggiordomo, seguiranno l’andamento della vicenda, dapprima assecondando la cupezza e la tristezza del vecchio Don Pasquale ed in seguito arricchendosi e colorandosi con l’arrivo della nuova padrona di casa e del cambio di gestione della casa e di stili di vita.
Rispetto alle luci, Andrea Cigni precisa: L’uso della luce è basilare nel nostro lavoro. Fondamentalmente opereremo in due direzioni: restituire la tristezza e il livore dell’ambiente di Don Pasquale e la freschezza e la gioia del mondo di Norina, Malatesta ed Ernesto. Una luce espressiva, che desidera raccontare e suggerire il contrasto tra i due mondi in scena e che in modo selettivo e al tempo stesso evocativo, funge da elemento drammaturgico, accompagnando l’azione fino alla fine. Sarà luce di scena e luce in scena, sfruttando le divertenti possibilità che lo spazio offre, come ad esempio le riflessioni o le lampadine del quadro finale o l’insegna ‘Roma’.
E conclude parlando del lavoro sui personaggi e sulla recitazione, affermando: Come sempre nel mio lavoro, la cura della recitazione e della caratterizzazione dei vari personaggi è importantissima. Ciascuno dei protagonisti sarà messo bene a fuoco e facilmente riconoscibile. La recitazione sarà curata nei minimi dettagli, seguendo l’idea di teatro come se si trattasse realmente di un testo comico. Le qualità di ciascun interprete saranno valorizzate al massimo, utilizzando come punto di partenza del lavoro sui cantanti-attori quelle che sono le caratteristiche personali di ciascuno, per avere una maggior facilità di adesione al personaggio da costruire.
Stessa sorte seguirà il lavoro sulle masse: utilizzare il coro dando a tutti gli artisti una specificità ed una riconoscibilità drammatica all’interno della vicenda. In questo modo il coro non sarà più un insieme omogeneo di ‘entità’, ma una composizione eterogenea di solisti che daranno vita ad un “gruppo-personaggio”.
Ci sembrano tutti ingredienti di uno spettacolo che nutrirà gli spettatori. Ci sembra un modo di procedere di un regista attento che conosce bene la partitura, il compositore e il suo contesto storico, e che non lascia nulla al caso. Dopo Nabucco, siamo sicuri che Andrea Cigni sarà capace di stupirci ancora, regalandoci emozioni e confermandosi uno dei registi italiani migliori della sua generazione.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di Rota GFR]
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