Oggi i riflettori di ArtInMovimento Magazine sono puntati sul dott. Andrea Iovino, direttore e presidente di BiMed, un’imponente realtà del mezzogiorno, di cui ha senso fare un minimo di storia. Nel ’97 il Ministero dei beni e delle Attività Culturali e il Ministero della Pubblica istruzione, nel quadro di riforme che impegnava il Mezzogiorno nella
Oggi i riflettori di ArtInMovimento Magazine sono puntati sul dott. Andrea Iovino, direttore e presidente di BiMed, un’imponente realtà del mezzogiorno, di cui ha senso fare un minimo di storia. Nel ’97 il Ministero dei beni e delle Attività Culturali e il Ministero della Pubblica istruzione, nel quadro di riforme che impegnava il Mezzogiorno nella ricostituzione identitaria del proprio tessuto produttivo e nell’ottica di determinare una concreta ipotesi di sviluppo del territorio, ritennero necessario coinvolgere gli enti locali del Sud Italia nella stesura e nell’attivazione sperimentale di un progetto che rendesse cultura e educational occasione di crescita del meridione italiano inteso, peraltro, come trait d’union tra l’Europa e il Mediterraneo.
Nasce da questo bisogno istituzionale la Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo, appunto BiMed con l’intento di essere motore per il cambiamento dell’economia del territorio passando dall’attività eminentemente primaria alla messa a reddito del patrimonio BAAAS, alla valorizzazione delle risorse umane, alla ottimizzazione dell’offerta turistica destagionalizzata, alla scuola intesa come motore dell’autonomia che qualifica contesti e territori…, a forme di tutela ambientale promotrici di sviluppo. Fu il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali ad avviare una procedura sperimentale per la realizzazione di questo ambizioso progetto.
In tal modo il cammino di Bimed prende le mosse (Associazione di Enti Locali per l’educational e la cultura) e per il triennio 1997/99 si muove tessendo – attraverso l’opera dell’attuale direttore generale e dell’allora presidente – relazioni sul territorio salernitano, avellinese e, più in generale campano, volte a dimensionare l’opportunità che poteva derivare dal mettere insieme enti locali con un obiettivo specifico: guardare alla cultura e all’educational come a un’irrinunciabile occasione per la crescita equilibrata del Paese e, nel contempo, ottimizzare le risorse che già da allora cominciavano a ricevere un constante definanziamento.
Nel 2000 l’Associazione di Enti locali denominata Bimed per volontà della Provincia di Salerno e di circa 20 comuni si costituisce in Bimed (Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo) Associazione di Enti Locali per l’educational e la cultura, e a oggi le sono associati oltre 100 comuni rappresentativi del Mezzogiorno.
In primis, attualmente riveste pro tempore i ruoli di direttore e presidente di BiMed. Cosa significa precisamente per una realtà sì complessa?
Significa governare, seppure per un tempo limitato, la fase direttrice dell’azione e avere la responsabilità della gestione. Quando l’assemblea ha fatto questa scelta e ha proposto di adottare questa modalità per il 2015 non ho potuto sottrarmi anche perchè io sono stato responsabile della gestione dell’ente negli ultimi quattro anni e, dunque, è giusto che sia io a traghettare Bimed in un altro tempo assumendone, nell’interezza, la responsabilità. Stiamo lavorando per un grande investimento che consenta al mondo della scuola di sentire bimed ancora di più come un riferimento certo per questo stiamo cambiando pelle, diverremo Fondazione, potranno aderire le scuole senza avere oneri di spesa, abbiamo l’ambizione di selezionare tra i privati entità in grado di promuovere e finanziare l’istruzione pubblica, insomma, si tratta di un piano con molte aspirazioni ma che comporta anche tantissime problematiche da cui non ho voluto sottrarmi. Chi verrà dopo il sottoscritto troverà una macchina con un’esperienza sul piano nazionale e potrà fare il cammino che abbiamo immaginato.
Quali sono i progetti importanti portati avanti da BiMed? Notiamo che si occupa di arte, alimentazione, legalità…
Credo nell’importanza del nostro progetto generale che, in buona sostanza, corre verso la cittadinanza, la partecipazione, la democrazia, la civiltà… ritenendo l’educazione fondamentale per tutto questo. Sono però i nostri interlocutori che dovranno darLe una risposta più specifica. Bimed si conforta, ma ne avverte anche la grande responsabilità, con i titoli e gli encomi che ogni anno ci vengono riconosciuti dalle Istituzioni italiane e europee che ci riconoscono come un sistema di rilievo per l’autonomia scolastica. Questo non ci basta e riteniamo, comunque, che la nostra azione vada sempre di più qualificata e resa corrispondente alle aspettative dei nostri interlocutori che sono il mondo della scuola e degli enti locali.
Riteniamo che alla base delle azioni di BiMed ci sia il network. Ciò è vero? E se è sì, come si concretizza?
Istituzionalmente noi siamo un’associazione di enti locali e scuole, quindi il network non solo è una base, ma è anche l’elemento che decide a monte i piani di intervento su cui il nostro sistema deve impegnarsi.
Recentemente è stato impegnato in un evento per la promozione della realtà giovanile in sinergia con l’Università Pegaso. Ce ne può parlare?
Sì, abbiamo aperto in una delle aree più a rischio criminalità del Paese un centro di aggregazione in cui si conterrà anche una sede di esami dell’Università Telematica Pegaso che è soltanto una delle istituzioni che ci accompagneranno in questo nuovo impegno per la diffusione della legalità che è, tra l’altro, uno degli obiettivi capisaldi della nostra azione.
La Staffetta di Scrittura Creativa, un format che mira a sostenere e a diffondere le attività di scrittura nelle scuole, attraverso la realizzazione di un racconto che parte da un’idea-guida, incipit, di uno scrittore e che coinvolge dieci squadre dello stesso ordine di scuola e livello di classe, è forse uno dei progetti che sintetizzano maggiormente la mission di BiMed, non è vero?
Sì, ritengo di sì… Lavorare sul significato della parola, promuovere la scrittura di gruppo, recuperare le strategie educative volte a estendere il pensiero è, a nostro avviso, un viatico ineludibile per superare il degrado morale in cui si trova il Paese… Colgo l’occasione per rappresentarLe, però, l’esigenza di recuperare motivazione per il corpo docente della nostra scuola che, a ragione, è sempre più stanco e che troppo spesso non entra appieno nelle dinamiche di innovazione necessarie tanto per la didattica quanto per la pedagogia del nostro tempo.
Rispetto al resto dell’Europa, l’insegnamento della musica nella scuola italiana si muove in modo molto diverso. Secondo lei, per quale motivo? E quanto e perché a suo avviso bisognerebbe rilanciarne lo studio?
Lei sa che in funzione di questa risposta sarebbe necessario ragionare attorno alle evoluzione previste dal disegno di legge sulla Buona Scuola. Intanto, per quel che mi riguarda credo che la musica sia una materia indispensabile per l’impianto educativo delle nuove generazioni. È chiaro, però, che dobbiamo partire da alcuni dati e, per capirci, se è vero come è vero che mentre per i giovani la musica è una compagna di vita ma nella scuola questa materia è la più odiata, allora dobbiamo tentare di capire il problema quale è. Sono ben al corrente di quali sono i soggetti che stanno lavorando alle dinamiche evolutive della scuola che sono gli stessi che l’hanno governata negli ultimi vent’anni, allora qualche preoccupazione ce l’ho eccome…
La scuola di oggi, secondo Lei, è pronta ad accogliere i nativi digitali? In caso non lo fosse, come dovrebbe ripensarsi?
Anche la discussione sui nativi digitali oramai è assolutamente datata… Ciononostante la grande questione è nel fatto che la scuola si è unicamente preoccupata di dotarsi degli strumenti tecnici necessari perché il digitale entrasse nella scuola senza preparare e formare adeguatamente i docenti a questa rilevante sfida. Secondo il mio punto di vista, la questione è questa: nel digitale vi è un tempo rilevante delle nuove generazioni e in questo ambiente loro assumono modelli che non sono del tutto in linea con gli obiettivi della nostra formazione e della nostra idea di cittadinanza… Per capirci: il rischio è nel fatto che i nostri ragazzi e i nostri giovani trovino nel digitale l’esatto opposto di quanto vi è nella narrazione scolastica. Noi educatori abbiamo il dovere di sporcarci le mani, capire, decidere ed entrare sul “campo” dimostrando di essere in grado tanto di destrutturare i linguaggi mediali tanto di strutturarne sempre nel digitale quelli più utili e più accattivanti.
Siamo in un momento di riforme e sicuramente la scuola italiana ne è investita in toto. Cosa pensa del progetto politico della Buona Scuola?
La nostra scuola avrebbe bisogno di una rivoluzione copernicana altro che i “pannicelli” caldi della riforma e del disegno di legge che abbiamo avanti a noi. L’insegnamento è un lavoro usurante, per esempio, e non è detto che una persona debba farlo per tutta la vita… ma ciò è lontano anni luce dall’idea di rottamazione da cui nasce l’ultima riforma che ci stanno propinando.
I suoi prossimi progetti?
In questo momento sto seguendo un Comenius che mette assieme il Ministero dell’Istruzione, il Ministero del Lavoro e il Ministero dell’Economia… Un progetto complesso che guarda da una parte al valore del confronto tra diversi sistemi formativi europei, e dall’altra tiene a dimostrare come la scuola può determinare prospettive di vita, qualità di vita, divenire comune e civile.
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