Era proprio un gigante vero Jonah Lomu, la leggendaria ala degli All Blacks degli anni ’90, quella furia stupefacente capace di correre 100 mt in 10”8 brandendo una palla ovale e trascinandosi dietro un numero indefinito di avversari aggrappati come rampicanti. Spettacolare e sfortunato, era entrato nella nazionale di rugby neozelandese a soli 19 anni,
Era proprio un gigante vero Jonah Lomu, la leggendaria ala degli All Blacks degli anni ’90, quella furia stupefacente capace di correre 100 mt in 10”8 brandendo una palla ovale e trascinandosi dietro un numero indefinito di avversari aggrappati come rampicanti.
Spettacolare e sfortunato, era entrato nella nazionale di rugby neozelandese a soli 19 anni, ma già a 24 aveva ceduto per la prima volta: era il 1997 e una sindrome nefrosica lo costrinse al primo ritiro per un trapianto di rene.
Ma i giganti, si sa, mica cedono così senza lottare. Infatti Lomu ci riprova e nel 1999 torna anche in nazionale, ma il suo corpo massiccio, non ha la stessa forza della sua mente e il declino è tanto malinconico, quanto inesorabile.
Vive da leggenda fino a ieri quando una crisi cardiaca se lo è portato via, ad Aukland, la città dove era nato 40 anni fa da genitori tongani con il nome di Siona Tali Lomu. Da leggenda vera, lui che nella semifinale contro l’Inghilterra, nel mondiale mitico del 1995 (quello di Invictus per intenderci…) si svincola dal placcaggio di Tony Underwood prima, poi da quello di Will Carling, per raggiungere la meta passeggiando, infine, letteralmente, sopra Mike Catt: l’azione più bella della storia del rugby.
37 mete per lui, placcato dal destino, l’unico più gigante di lui.
Elena Miglietti
[Fonte immagini:
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