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All’Arena di Reggio Calabria brilla “Pagliacci” di De Carlo e Tirotta

All’Arena di Reggio Calabria brilla “Pagliacci” di De Carlo e Tirotta

Lunedì 21 agosto, all’Arena, nel cuore del Lungomare monumentale Italo Falcomatà di Reggio Calabria, è andata in scena un’interessante versione di Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, promossa e finanziata dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria. Abbiamo assistito con profonda attenzione al dramma verista, proposto per rilanciare “popolarmente” l’opera lirica e renderla accessibile alla collettività: tenevano ad

Lunedì 21 agosto, all’Arena, nel cuore del Lungomare monumentale Italo Falcomatà di Reggio Calabria, è andata in scena un’interessante versione di Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, promossa e finanziata dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria.

Abbiamo assistito con profonda attenzione al dramma verista, proposto per rilanciare “popolarmente” l’opera lirica e renderla accessibile alla collettività: tenevano ad assistere a un evento di sicura rilevanza culturale.

Inizierei dalla direzione del M° Alessandro Tirotta, che è stata attenta, partecipata, capace di consentire all’Orchestra del Teatro “F. Cilea”, di esprimere al meglio i propri colori. Ottimo collante tra la buca e i solisti, ha saputo sostenere questi ultimi, valorizzando le loro performance.

La regia, animata da un chiaro intento, è stata firmata da Mario De Carlo che ha curato anche le luci e la scelta dei bei costumi che arrivano dalla Sartoria Bianchi di Milano. Un allestimento nuovo che ha richiesto l’ausilio del graphic designer Maurizio de Marco, che grazie a dei fondali luminosi ha arricchito la scena, contestualizzando quanto avveniva in scena. Semplici, efficaci, espressivi e funzionali all’idea registica che ha creato tre livelli di osservazione. Accanto alla storia di per sé meta-teatrale, in quanto, a un certo punto, dalla scena si passa alla realtà davanti agli astanti che rimangono colpiti dal vero che vedono manifestarsi, ha collocato un terzo livello a cui hanno partecipato macchinisti, assistenti di regia, un regista e addirittura i paparazzi, pronti a carpire gli umori delle star. Molto valido il lavoro sui singoli personaggi che è riuscito a caratterizzare in modo evidente. L’unico limite, dovuto soprattutto alle condizioni del palco, è rappresentato dal movimento delle masse (fra cui spiccano gli Artisti circensi “GiocoleReggio”) che non sempre è parso ben organizzato.

Prima di passare all’analisi del cast, sostenuto dalla soddisfacente prova del Coro lirico “F. Cilea”, istruito da M. Bruno Tirotta, bisogna ricordare la celeberrima risposta di Arturo Toscanini a un giornalista: All’aperto si gioca a bocce. Ciò calza a pennello per tale allestimento che ha richiesto ai cantanti sforzi immani che hanno, a volte, influenzato negativamente le loro performance.

Il tenore Walter Fraccaro ha vestito con ardore e precisione i panni di Canio, emozionando i presenti nell’interpretazione della celeberrima Vesti la giubba dove ha raggiunto alte vette di intensità. La sua voce proiettata, la sua verve attoriale e la valida tecnica gli consentono di risolvere magistralmente l’impervio ruolo. Un prima volta a Reggio Calabria notevole dunque.

Solo regolare la prova del soprano georgiano Elena Sabas (Nedda). L’amplificazione ha giocato per lei un brutto tiro, non permettendoci di comprendere appieno la sua qualità vocale. Nessuna sbavatura e buoni il suo essere in scena e la sua capacità di interagire con gli altri protagonisti.

Ad eccezione dell’esecuzione del Prologo, in cui i problemi di intonazione sono stati evidenti, il coreano Cesare Kwon ha ben reso il ruolo di Tonio. Ha saputo molto ben caratterizzare il personaggio tutt’altro che semplice, esprimendo un buon colore di voce e una espressività mimico-corporea veramente impeccabile.

Valida la prova del baritono Raffaele Facciolà, che ha presentato un Silvio più intellettuale che istintivo. La sua vocalità e la sua solida tecnica gli hanno permesso di confrontarsi serenamente con la partitura e anche con il dialogo con Nedda.

Sicuramente melodico, musicale e delicato è il Peppe di Davide Benigno. Il tenore siciliano è sempre pienamente nel ruolo: si muove in scena con grande sicurezza, con un piglio naturale che colpisce e si caratterizza per una presenza che riempie senza invadere. Con una vocalità luminosa e ben proiettata, rende in modo adamantino e preciso la Serenata alla sua Colombina.

In sintesi, dunque veramente un bello spettacolo che ha richiamato e affascinato il pubblico numeroso accorso.

Annunziato Gentiluomo

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