Prosegue ad alti livelli la programmazione della stagione lirica del Teatro Ponchielli di Cremona, che dopo il convincente allestimento di La boheme del duo Bisanti–Muscato e Le nozze di Figaro, ha proposto La scala di seta, un’opera buffa di Rossini, resa con grande originalità e freschezza da Andrea Bernard riprendendo la regia di Damiano Michieletto. Ci è parso un diesel che
Prosegue ad alti livelli la programmazione della stagione lirica del Teatro Ponchielli di Cremona, che dopo il convincente allestimento di La boheme del duo Bisanti–Muscato e Le nozze di Figaro, ha proposto La scala di seta, un’opera buffa di Rossini, resa con grande originalità e freschezza da Andrea Bernard riprendendo la regia di Damiano Michieletto.
Ci è parso un diesel che ha avuto bisogno di tutto il primo atto per partire, stupendoci poi nel secondo coinvolgente, ironico e vivace.
La regia è stata fresca e frizzante, perfettamente in sinergia con l’attenta e precisa direzione musicale del M° Francesco Ommassini che ha guidato l’orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano che ha dato prova di grande spessore artistico, ben rendendo le melodiche sorprendenti di Rossini, fatte di grazia, eleganza, ironia ed espressività lirica quasi pre-romantica.
Ottimo il lavoro interpretativo del regista su ogni singolo personaggio le cui caratteristiche sono state messe in luce chiaramente e in modo armonico rispetto al tutto. Ci ha colpito la specularità, resa da un semplice gioco di specchi, in quanto funzionale alla forte e piena tridimensionalità della messa in scena e perché capace di farci immergere nell’incidere delle situazioni equivoche e divertenti della pièce, tipiche del teatro comico settecentesco. Ha permesso altresì al pubblico di
compenetrarsi nel voyeurismo, previsto dal libretto di Giuseppe Foppa, dei tre personaggi – Giulia, Germano e Dorvil – in un gioco proiettivo che ha incluso tutti i presenti, rendendoci tutti testimoni di appuntamenti notturni e delle diverse strategie che ciascuno metteva in atto per risolvere a proprio vantaggio quanto il tutore da beffare, Dormont, aveva progettato.
Nella scena, delineata come una pianta 1:1, quindi dal vero, è stato il gesto corporeo a definire il dinamismo dello spazio e a rendere i passaggi interni (le porte) dei vari vani. Tale strutturazione ricalcava echi del fim Dogville (del 2003) di Lars von Trier.
Nel finale la scala di seta, da semplice strumento di azione, è diventata protagonista aprendosi nello spazio fluttuante come le onde del mare, e rendendo liquido uno spazio di per sé statico. Si sono viste infrangersi le rigide barriere che fino ad allora reggevano l’impalcatura scenica in un continuum di scena e platea, che si sono trovate fuse in una perfetta sintesi. Chapeau al regista.
Rispetto agli interpreti, molto convincente la performance di Leonardo Galeazzi. Vocalità piena e calda la sua che unita a una verve comica assolutamente naturale e una versatilità corporea non indifferente, gli ha permesso di rendere in modo ricco e particolareggiato il personaggio di Blansac. Tecnicamente efficace Laura Verrecchia che ha saputo tradurre molto bene anche vocalmente l’evoluzione del suo personaggio – Lucilla – da rigida maestrina a pantera provocante e sensuale. Buona l’interpretazione di Bianca Tognocchi (Giulia) che abbiamo molto apprezzato, in particolare, nelle sue arie soliste, e scenicamente molto funzionali anche Francisco Brito (Dorvil), Filippo Fontana (Germano) e Manuel Pierattelli (Dormont), dalla più che dignitosa tecnica vocale.
Molto efficace il mimo teatrale Nicholas Anthony nei panni dell’architetto degli interni, capace di evidenziare la funzione primaria dello spazio nell’allestimento.
In sintesi proprio un bello spettacolo.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di Alessia Santambrogio©]
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