Giovedì scorso, 5 dicembre, al Teatro Fraschini di Pavia, abbiamo assistito alla prima di Andrea Chénier di Umberto Giordano, per la regia di Andrea Cigni e la direzione musicale di Francesco Pasqualetti, tornando a casa, soddisfatti e carichi, pieni di quelle passioni viscerali che solo il verismo musicale italiano è capace di offrirci. Cigni riesce a rendere con grande precisione lo
Giovedì scorso, 5 dicembre, al Teatro Fraschini di Pavia, abbiamo assistito alla prima di Andrea Chénier di Umberto Giordano, per la regia di Andrea Cigni e la direzione musicale di Francesco Pasqualetti, tornando a casa, soddisfatti e carichi, pieni di quelle passioni viscerali che solo il verismo musicale italiano è capace di offrirci.
Cigni riesce a rendere con grande precisione lo spirito del tempo, caratterizzando la scena con degli oggetti specifici e ricorrendo a delle scelte registiche assolutamente meditate. Introduce un’altalena dove si alternano alcuni personaggi, in particolare Maddalena: seppur non sempre pragmaticamente agevole, si impone come simbolo di leggerezza e spensieratezza, proprio come quella vissuta dalla classe aristocratica francese che godeva dei suoi agi senza preoccuparsi del dilagante malcontento del popolo in generale e anche della propria stessa servitù, incarnata da Carlo Gérard che, nel I atto, a luci accese, abbattendo così la quarta parete e introducendo il pubblico nella messinscena, condivide le proprie riflessioni sul proprio stato (Son sessant’anni, o vecchio, che tu servi!… A’ tuoi protervi arroganti signori hai prodigato fedeltà, sudori, la forza dei tuoi nervi, l’anima tua, la mente… e – quasi non bastasse la tua vita a renderne infinita eternamente l’orrenda sofferenza – hai dato l’esistenza dei figli tuoi. Hai figliato dei servi! T’odio, casa dorata! L’immagin sei d’un mondo inciprïato e vano! […] qui – giudice in livrea – ti grido: È l’ora della Morte!). Il fondale floreale si infrange, creando una diagonale frastagliata: pare un foglio di carta che si strappa violentemente ad indicare la fine repentina di un ordine, di un’armonia, chissà fittizia. Cavalcando le curatissime scene di Dario Gessati, che tratteggia la Parigi che si è ribellata allo status quo monarchico e che vuole vendicarsi di tutti i coloro i quali in qualche modo vi erano e l’avevano sostenuto, attivando nuovi tribunali, reti di spie e arrivando a millantare accuse per ribaltare la gestione della res pubblica, e potendo contare sui magnifici costumi di Chicca Ruocco e sulla profondità e sulle sfumature garantite dalle luci di Fiammetta Baldiserri, Cigni gestisce ad arte di spazi, fa sbandierare a Bersi il drappo francese come inno dell’uguaglianza, della fratellanza e della libertà, porta concretamente in scena il realismo verista, tratteggiando con maestria l’espressività e i movimenti dei singoli in scena, riuscendo a risolvere, a volte con qualche fatica, la distribuzione delle masse in scena, forse troppo numerose per il palcoscenico del Fraschini. Una note di colore è data dal passo a due di Akos Barat e Teodora Fornari, che ballano sulla coreografia di Isa Traversi: una riflessione sull’amore, sull’inseguimento di chi ama (il fauno) e chi è amato (la ninfa), un momento di grande astrazione in cui si prende fiato e ci si prepara alla rottura del passato con un nuovo che avanza. Importante citare la scena finale dal forte effetto cinematografico, in cui si intravede della luce venir fuori da una grada in alto, dove poi si consumerà la condanna definitiva, insieme, dei due protagonisti, Andrea Chénier e Maddalena di Coigny, che proprio nella morte celebreranno l’eternità del loro amore.
Francesco Pasqualetti guida con brio e traporto i maestri dei Pomeriggi Musicali, leggendo in modo accorato e partecipato le magnifiche pagine di Giordano, non elemosinando tocchi di colore accesi, sfiorando fluidità al testo musicale e tenendo ben sotto controllo il rapporto tra buca e solisti, quest’ultimi valorizzati e sostenuti dalla sua bacchetta.
Mentre il Coro di OperaLombardia, istruito da Massimo Fiocchi Malaspina, si è mosso con gradevolezza e leggiadria, i tre protagonisti Angelo Villari, Angelo Veccia e Maria Teresa Leva hanno dato prova di grande valore e professionalità, eseguendo, con totale dedizione alla partitura, il proprio ruolo.
Maria Teresa Leva veste con grande precisione i panni di Maddalena di Coigny, interiorizzando la partitura, svettando negli acuti e contraddistinguendosi per degli eccellenti filati, delle mezze voci adamantine, un buon fraseggio e una tecnica impressionante. Nonostante la complessità della parte, Leva si muove con facilità sia negli assoli, toccando punte di intensità imponenti ne La mamma morta, sia nelle pagine di insieme, duettando superbamente con entrambi i suoi pretendenti.
Ma i grandi della serata, senza nulla togliere alla protagonista femminile, sono stati Angelo Villari per la parte di Andrea Chénier e Angelo Veccia che ha vestito i panni di Carlo Gérard .
Villari è un vigoroso e combattivo Andrea Chénier, più eroe che poeta in questo allestimento. La sua lama luminosa e calda, il notevole volume e la grande tecnica che lo contraddistingue gli consentono di muoversi con grazia nella complessa partitura, rendendo la parte acuta con anelito e forza. Sicuramente il suo apice lo raggiunge nell’aria l’aria della resa Sì, fui soldato.
Nel ruolo di Carlo Gérard come deus ex machina della drammaturgia dell’opera, si distingue un superbo Angelo Veccia, la cui esecuzione è stata magistrale. Una lama potente, un’emissione calda, un eccellente fraseggio, una verve attoriale capace di rendere lo spessore filosofico del personaggio con trasporto e controllo, di empatizzare col pubblico ipnotizzato dal suo incedere. Il suo virtuoso interpretare si sintetizza nell’aria Nemico della patria?! che è resa con magnificenza.
I tre solisti hanno potuto contare su validi colleghi nei ruoli dei comprimari. Tra tutti spiccano la fresca e musicale Shay Bloch nei panni di Bersi, la versatile e convincente Alessandra Palomba che interpreta con grazia sia il ruolo de La contessa di Coigny sia quello di Madelon di grande intensità emotiva; e il convincente Alessandro Abis nei panni di un elegante Roucher. Completando il cast Fernando Cisneros (Pietro Fléville/ Mathieu), Gianluca Lentini (Fouquier Tinville/Schmidt), Marco Miglietta (Un Incredibile/ L’abate poeta) e Davide Cucchetti (Il maestro di casa/ Dumas).
In sintesi dunque una coinvolgente e appassionata versione di Andrea Chénier di Umberto Giordano, opera sempre attuale e stimolante.
Annunziato Gentiluomo
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