Finalmente uno spettacolo ben realizzato, dove tutto, nonostante fosse una prima, era al posto giusto con un equilibrio nella selezione delle voci che ha fatto realmente la differenza. Si può affermare, parafrasando e storpiando il titolo della celeberrima novella di Gabriel García Márquez, “Cronaca di un successo annunciato”: ci eravamo spinti nel lancio in tal senso sicuri
Finalmente uno spettacolo ben realizzato, dove tutto, nonostante fosse una prima, era al posto giusto con un equilibrio nella selezione delle voci che ha fatto realmente la differenza. Si può affermare, parafrasando e storpiando il titolo della celeberrima novella di Gabriel García Márquez, “Cronaca di un successo annunciato”: ci eravamo spinti nel lancio in tal senso sicuri di colpire nel segno e così è stato. Questo è in estrema sintesi ciò che venerdì 11 marzo, abbiamo vissuto al Teatro Comunale Pavoretti-Freni di Modena, gustandoci l’Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, del duo Sisillo-Nunziata.
La regia, firmata da Italo Nunziata, è apparsa maniacale in quanto a precisione millimetrica, tanto negli ingressi, quanto nella gestione degli spazi. Emerge un evidente lavoro sui personaggi e sui diversi livelli di relazione che intercorrono tra questi, contestualizzato all’interno di un metateatro previsto chiaramente dal libretto in cui portante risulta essere la figura di Michonnet, amico, “padre”, sostegno e innamorato della diva. Tale ricerca di perfezione della messinscena ha potuto contare sulla bellezza dei costumi di Artemio Cabassi, che si è espressa, in particolare, negli abiti di Adriana e in quelli della principessa di Bouillon; sulla scene funzionali e cariche di significato (in particolare il drappo rosso finale) di Emanuele Sinisi; e sulle luci di Fiammetta Baldiserri, che hanno dato profondità e valorizzato la caratterizzazione dei personaggi. Efficace risulta l’idea coreografica di Danilo Rubeca ben resa da .
La direzione di Aldo Sisillo è stata controllata e sostenitiva per i solisti: l’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini, priva di una reale amalgama e non sempre all’altezza, in particolare per quanto concerne la sezione degli archi, i timpani e l’arpa, ha avuto nel complesso un valido nocchiere che ha permesso al Coro Lirico di Modena di potersi esprimere al meglio, ma soprattutto ha garantito una buona resa a tutto il cast.
Abbiamo assistito a una superlativa prova del soprano Maria Teresa Leva che ha debuttato il ruolo di Adriana Lecouvreur, in modo ineccepibile. Pareva vibrasse in lei l’anima della diva di Cilea, data la naturalezza con cui l’ha offerta. Recitativi ben scanditi e pieni dei colori emozionali necessari, filati perfetti, pianissimi delicati e agilità all’interno della partitura tutt’altro che semplice: queste le caratteristiche della sua prova che le hanno garantito copiosi applausi e grandi apprezzamenti. Ha saputo commuovere i presenti, attivando spontaneamente un processo d’immedesimazione scenica raro e celebrando l’estremo sacrificio all’arte della diva e all’amore della donna. Semplicemente superlativa.
Ad affiancare la protagonista, due personalità imponenti.
Il tenore Luciano Ganci ha “servito” superbamente il ruolo, da lui stesso definitivo baldanzoso, di Maurizio di Sassonia. La sua lama luminosa, la sua valida tecnica, il suo limpido fraseggio e la sua vocalità ben proiettata gli hanno permesso di confrontarsi efficacemente col personaggio affascinante e brioso dell’opera di Cilea. Ne ha interpretato tutte le sfumature, pennellando con grazia tanto il suo retroscena (l’uomo passionale e innamorato) quanto la sua scena (lo stratega dalle ambiziose mire politiche), sottolineando il suo confondere l’arte della guerra con quella della seduzione. Veramente un’eccellente performance
Conclude la triade il baritono Claudio Sgura che ha accarezzato con rispetto e onore il ruolo chiave di Michonnet. Una vocalità calda, rotonda, ben affondata e sostenuta, una verve scenica impressionante che gli consente di superare le difficoltà che un’altezza come la sua può prevedere, una capacità spontanea di trasmettere emozioni attraverso i colori della sua emissione gli hanno permesso di farci vivere la profondità di un personaggio complesso che sintetizza in sé tanti ruoli, alcuni dei quali da lui sofferti e taciuti in nome dell’amore. Un debutto quindi da lode.
Ma per fortuna non solo i protagonisti meritano elogi. Tra tutti gli altri spicca Teresa Romano che ha interpretato magistralmente la principessa di Bouillon, regalandoci con chiarezza il suo quadro psicologico e tutto il proprio range emozionale. Voce pastosa, lama scura, tecnica sicura e valida presenza scenica le hanno consentito di rendere omaggio al suo ruolo e offrire un valore aggiunto a tutto l’allestimento.
Molto buona la prova di Saverio Pugliese che ha saputo offrire con personalità, eleganza e precisione l’Abate di Chazeuil, personaggio a tratti ambiguo e subdolo. La sua voce ben si armonizza con la partitura tenorile che non gli crea la men che minima difficoltà di esecuzione.
Buona anche la prova di Adriano Gramigni nei panni del principe di Bouillon, da lui ben vocalmente tratteggiato.
Shay Bloch ha ben reso la parte di M.lle Dangeville al pari di Maria Bagalà nei panni di M.lle Jouvenot: di quest’ultima, in particolare, abbiamo apprezzato la musicalità e il colore della voce.
Completano il cast Stefano Consolini (Poisson), Steponas Zonys (Quinault) e Manfredo Meneghetti (un maggiordomo), le cui prove sono state tutte regolari.
Onore con questa messinscena al genio di Cilea e alle meravigliose pagine della sua Adriana Lecouvreur.
Per chi oggi non potesse godere a Modena di tale imponente allestimento, evidenziamo che sarà mandato dalle 15.00 in diretta streaming sul canale Opera Streaming e ricordiamo che sarà riproposto nel week-end del 18-20 marzo al Teatro Municipale di Piacenza.
Annunziato Gentiluomo
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