Il Teatro Stabile di Torino lo saluta con una foto sulla pagina del sito web e due sole parole: “Addio Maestro”. Questo era e resta Luca Ronconi per chi vive nel mondo del teatro. Nato a Sousse (Tunisia) l’8 marzo del 1933, si è spento ieri a quasi 82 anni al Policlinico di Milano dove
Il Teatro Stabile di Torino lo saluta con una foto sulla pagina del sito web e due sole parole: “Addio Maestro”. Questo era e resta Luca Ronconi per chi vive nel mondo del teatro.
Nato a Sousse (Tunisia) l’8 marzo del 1933, si è spento ieri a quasi 82 anni al Policlinico di Milano dove era ricoverato da alcuni giorni.
Del Teatro Stabile di Torino è stato direttore dal 1988 al 1993, dello Stabile di Roma dal 1994 al 1998 e infine del Piccolo Teatro di Milano.
Diplomatosi alla scuola di recitazione dell’Accademia di Arte Drammatica di Roma nel 1953, ha iniziato a lavorare come regista nel 1963 con la compagnia di Corrado Pani e Gianmaria Volonté.
Nel 1967 è stato a Ivrea per un importante convegno in cui ha visto la luce il Manifesto per un nuovo teatro, che si chiude con queste parole: “Crediamo invece che ci si possa servire del teatro per insinuare dei dubbi, per rompere delle prospettive, per togliere delle maschere, mettere in moto qualche pensiero. Crediamo in un teatro pieno di interrogativi, di dimostrazioni giuste o sbagliate, di gesti contemporanei”.
La fama per lui arrivò nel 1969 con “l’Orlando Furioso” nella versione di Edoardo Sanguineti e con la coreografia di Umberto Bertacca. Dello stesso dramma diresse nel 1974 una versione cinematografica, nel cui cast spiccavano nomi come quelli di Mariangela Melato e Massimo Foschi. Un anno più tardi andò in onda, in cinque puntate la domenica in prima serata, la versione televisiva, portando così sullo schermo il teatro d’avanguardia, evento assolutamente inedito. Collaboratore di diverse istituzioni, tra cui anche la Biennale di Venezia, Luca Ronconi è stato alla guida dei più importanti teatri d’Italia e in ultimo ha affiancato Sergio Escobar alla direzione del Piccolo Teatro di Milano.
L’elenco degli spettacoli da lui diretti è lunghissimo. Negli anni Settanta e Ottanta possiamo ricordare ”Orestea” di Eschilo, “Utopia” di Aristofane, “La torre” di Von Hofmannstal, “Ignorabimus”di Holz, “Tre sorelle” di Cechov. Nel periodo in cui è stato direttore dello Stabile di Torino ha realizzato l’imponente allestimento de “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus, andato in scena al Lingotto nel 1991.
Al Teatro di Roma ha diretto “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana” di Gadda, “I fratelli Karamazov” di Dostojevskij e nel 1997 l’inedito “Davila Roa” di Alessandro Baricco.
Per il Piccolo di Milano ha messo in scena “La vita è sogno” di Pedro Calderón de la Barca, “Il sogno” di August Strindberg e l’originale “Infinities” tratto da un testo del cosmologo John David Barrow.
Ha firmato anche molte regie liriche, soprattutto di classici italiani come Monteverdi, Bellini, Rossini.
Per i Giochi Olimpici Invernali di Torino nel 2006 ha realizzato cinque spettacoli collegati tra loro. Il suo ultimo spettacolo, “Lehman Trilogy” è in scena al Piccolo Teatro fino a metà marzo, e qui ve ne proponiamo una presentazione.
Luca Ronconi è stato uno dei più grandi registi del nostro Paese, riconosciuto a livello internazionale, da qualcuno ritenuto il più grande e certamente accanto a Giorgio Strehler e Massimo Castri nel pantheon del teatro italiano. La sua ricerca, nel segno di quella curiosità, di quell’interrogativo di cui si parla nel Manifesto del 1967, lo portò a cercare insieme agli attori una recitazione antinaturalista, che alcuni definiscono appunto “ronconiana” per indicare il suo stile divenuto inconfondibile.
Chiara Trompetto
[Fonte delle immagini: ansa.i]
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