Quest’oggi i nostri riflettori sono puntati su Maria Giovanna Gatti, in arte Maria Giovanna Luini, medico senologo dello IEO – Istituto Europeo di Oncologia – di Milano, ricercatrice, operatore olistico e autrice di romanzi. Conoscerla è stato un vero dono. Ci ha parlato di sé, della sua vita, di quanto ha imparato dal padre Abele, anche lui
Quest’oggi i nostri riflettori sono puntati su Maria Giovanna Gatti, in arte Maria Giovanna Luini, medico senologo dello IEO – Istituto Europeo di Oncologia – di Milano, ricercatrice, operatore olistico e autrice di romanzi. Conoscerla è stato un vero dono. Ci ha parlato di sé, della sua vita, di quanto ha imparato dal padre Abele, anche lui medico, di come si relaziona con l’uomo-paziente, di quanto sono importanti oggi la cooperazione e l’integrazione fra i differenti saperi antropologici di cura, e di cosa vi è dietro la relazione di cura, ovvero l’amore. Afferma con forza L’amore è la vera cura. Sempre opportuna, attenta, disponibile, precisa e autentica, una grande professionista che ha saputo coniugare le sue tre anime – la ricercatrice medico, l’operatore olistico e la scrittrice – sintetizzandole nella sua ultima pubblicazione Il grande lucernario edito da Mondadori. Dal confronto vis-à-vis che abbiamo avuto con lei, abbiamo cercato di farla riflettere tra l’altro sul concetto di guarigione, di prevenzione e di cura. Noi siamo esseri complessi: c’è il corpo fisico, ci sono le emozioni, ci sono le energie. Siamo unici, ognuno di noi ha una propria vibrazione unica, composta da tante vibrazioni. Di conseguenza la cura non può che essere unica per ognuno e quindi la via della cura è da trovare insieme. Già da questo primo commento è evidente la sua impostazione empatica e centrata sulla persona e non sulla malattia. Secondo la dottoressa, infatti, il paziente è qualcuno che ha bisogno di ritrovare l’equilibrio energetico, l’equilibrio tra corpo, spirito e mente. Sta soffrendo perché è fuori equilibrio, magari per motivi oggettivi legati al corpo fisico. Il paziente è qualcuno che viene e ti chiede di accompagnarlo nel suo recuperare un equilibrio (corpo, spirito, mente) e ti chiede di analizzare insieme a lui o a lei le cause, le conseguenze, i fattori scatenanti per una malattia fisica o un disagio. Il paziente è anche una persona che viene da te perché ha avuto un lutto, è qualcuno in disagio, che sta soffrendo. Al di là del risultato, è fondamentale la presa in carico del paziente, in quanto la cura è un percorso, è un cammino. Significa arrivare dentro, arrivare all’energia, arrivare alla riconciliazione attraverso tutti gli strumenti possibili ed è responsabilità del paziente. Solo a quel livello si può parlare di guarigione intesa proprio con un processo interiore di riconciliazione delle nostre diverse parti. Secondo la dott.ssa Gatti, la prevenzione è un modo di amare se stessi. Lei è salva grazie alla prevenzione che a suo avviso deve essere vissuta con naturalezza, con amorevolezza e sicuramente non in modo ossessivo. Si evince quanto per lei rappresenti un ingrediente fondamentale nella cura e nel processo di guarigione la relazione, a cui è connessa la parola responsabilità del terapeuta e del paziente stesso. Nella relazione medico-paziente, definiamola così come in letteratura, o terapeuta-paziente o operatore olistico-paziente, la relazione ha una percentuale di efficacia che ora non quantifico, ma è elevatissima nella cura, perché con una parola, uno sguardo, un movimento energetico si può influenzare la reazione dell’altro. Allora se non mi curo, cioè se non mi prendo cura di quello che io sono, di come appaio, di come vivo, di come guardo, di come tocco e di come parlo, non ho capito niente di come si percorre una via di cura. E poi ci parla della sua esperienza con Umberto Veronesi che descrive come una persona diversissima da lei. Io e lui eravamo veramente diversi, in quasi tutto. Ovviamente per me è stato un maestro in termini medici, senologici, è ovvio, ma è stato un maestro anche nell’insegnarmi l’autocontrollo, l’equilibrio. Mi ha insegnato ad amare me stessa, con pregi e difetti, ma anche a controllare le mie intemperanze, le mie passionalità. Umberto Veronesi era saggio, era molto saggio. A me cosa ha lasciato? Mi ha lasciato la tenacia, perché ce l’avevo già, ma lui l’ha sviluppata molto. Umberto Veronesi mi ha detto una volta “si vola sempre da soli”. In realtà dicendo questo mi ha molto aiutata, perché tutti siamo capaci di volare, ma qualche volta non lo facciamo perché ci carichiamo addosso pesi, catene, ci mettiamo in una gabbia da soli. Lui mi ha insegnato la libertà e mi ha insegnato ad essere molto molto testarda quando so che sto perseguendo il mio obiettivo. Durante il nostro confronto emergono il suo credo e le sue speranze. In primis, invita tutti i suoi colleghi al confronto, a non aver paura del diverso o da chi propone pratiche diverse. L’importante è guardare all’efficacia e ai significati di cui si fa portatrice quella particolare pratica. Gli screening, i dati, la Medicina dell’Evidenza sono certamente importanti, ma a suo avviso, non bisogna trincerarsi dietro questi. Ogni volta che vedo il trincerarsi dietro la Medicina dell’Evidenza, i dati, le pubblicazioni scientifiche mi sembra manchi qualcosa. Sono cose che anch’io vado a guardare, però con un certo senso di critica, di apertura e di flessibilità. Sappiamo benissimo che la prima nostra caratteristica è l’unicità e nell’unicità c’è la variabilità. Di conseguenza nessuna Medicina dell’Evidenza potrà mai giustificare e comprendere pienamente la varietà e l’unicità. Invita gli operatori olistici a occuparsi della loro reputazione attraverso una buona formazione ad hoc e un continuo aggiornamento professionale e auspica una vera e propria sinergia tra professionisti competenti provenienti dalla medicina, dalla psicologia e dal mondo dell’olismo in un’ottica di più efficace presa in carico del paziente. Secondo lei, viviamo in un mondo che non può più prescindere dall’integrazione tra Medicina e Discipline olistiche. Tra l’altro molte discipline olistiche in un futuro diventeranno parte della medicina. È solo questione di tempo perché sono già in studio. Sono convinta che alcune Dbn, che già hanno dei dati, basta guardare Medline/PubMed, diventeranno parte della medicina. È un compenetrarsi tutto sommato. Alla fine non sapremo più bene quale sia il confine di quella che oggi chiamiamo medicina. Quindi il compenetrarsi, che è già in essere, è assolutamente necessario, la cooperazione è fondamentale.
In conclusione, si rivolge a ciascun lettore invitandolo ad ascoltare se stessi. Ognuno di noi sa che cosa fa bene al proprio corpo fisico, alla propria emotività, alle proprie relazioni. Lo sappiamo se ci ascoltiamo profondamente, se entriamo in interazione sincera e aperta col nostro corpo. Non comprimete mai l’istinto primario perché quello è il guaritore interiore. Esiste, ce l’abbiamo tutti e sarebbe bello riuscissimo ad ascoltarlo sempre.
Quanta verità, quanta forza, quanta energia! Tanta gratitudine a questa donna emblema del servizio!
Annunziato Gentiluomo
[Fonte dell’immagine di copertina: newearthnaturopathic.com]
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