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A Portigliola un notevole “Falstaff e le allegre comari di Windsor” con Edoardo Siravo

A Portigliola un notevole “Falstaff e le allegre comari di Windsor” con Edoardo Siravo

Notevole il quarto appuntamento della VII edizione del Festival del Teatro Classico Tra Mito e Storia che ipnotizza il pubblico accorso numeroso. Ieri, sabato 13 agosto, al Palatium Romano di Quote San Francesco a Portigliola, è stata portata in scena la pièce in atto unico Falstaff e le allegre comari di Windsor ispirato all’opera di William Shakespeare Le Allegre Comari di Windsor per l’adattamento di Roberto

Falstaff_siravo_1Notevole il quarto appuntamento della VII edizione del Festival del Teatro Classico Tra Mito e Storia che ipnotizza il pubblico accorso numeroso.
Ieri, sabato 13 agosto, al Palatium Romano di Quote San Francesco a Portigliola, è stata portata in scena la pièce in atto unico Falstaff e le allegre comari di Windsor ispirato all’opera di William Shakespeare Le Allegre Comari di Windsor per l’adattamento di Roberto Lerici. Quest’ultimo re-immagina il gentiluomo in qualità di reduce dalla PrimaFalstaff_siravo_3 Guerra Mondiale, mentre raccoglie e commenta la più belle pagine che il drammaturgo di Stratford-Upon-Avon scrisse su di lui. L’ambientazione, infatti, è negli anni Venti, anni sospesi e ricchi di tensioni, sotto le vesti di un calma apparente da cui poi scaturiranno il fascismo e il nazismo e che porteranno al secondo conflitto bellico. Quel mood non è lontano da quello odierno, aspetto che rende assolutamente attuale la rappresentazione, instillando riflessioni e interrogativi sull’esistenza. Falstaff incarna in sé le ansie del suo tempo: uomo dotato di spessore, profondità e umanità riflette su un mondo comandato da un’idea di successo fagocitante e bombardato da false notizie e false calunnie, dove è sempre il dio deFalstaff_siravo_4naro ad avere la meglio e in cui l’apparire si impone sull’essere. La sua convivialità va a braccetto con la sua ingenuità: se è vero che cerca subdolamente di far sue le due donne – Comare Ford Comare Page  per approfittarsi di loro e dei denari dei mariti perché il suo portafogli è sempre più vuoto e per permettersi di mantenere la condizione di parassita soFalstaff_siravo_5ciale, dall’altra rappresenta ciò che di più positivo si lega al “grasso”, e quindi virilità, entusiasmo, passione, gioia, voglia di vivere, di mangiare e bere, di stare con gli altri. E la punizione sociale – prima privata e poi pubblica – non tarda ad arrivare. Il suo piano viene smascherato e al protagonista non rimanere che consegnarsi: Bene, sono il vostro bersaglio. Voi avete ogni vantaggio, ed eccomi abbattuto. Non sono capace di rispondere al montanaro gallese. Il più ignorante è capace di scandagliarmi. Usatemi come volete.
Dalle considerazioni di Roberto Lerici possiamo comprendere bene il senso di questa opera: Divertente come ‘Bisbetica domata’ e filosofico come ‘As you like it’, le ‘Allegre comari’ si colloca in un ‘mondFalstaff_siravo_7o di mezzo’ che vuol far ridere delle nostre lacrime. Invitati giornalmente alla “cena delle beffe’’ l’uomo di oggi resta stritolato dal suo stesso meccanismo misto di vanità e interessi personali. Ma l’uomo per Shakespeare, fatto della stessa materia di sogni, contraddizioni che si assommano, utopie che svaniscono, si rassegna ma non muore. L’uomo esiste e resiste. E, nonostante tutto resta al centro del Globo.
Andando alla messa in scena che celebra i trenta anni della scomparsa dello stesso Roberto Lerici, è doveroso dar merito alla regia del figlio Carlo Emilio Lerici. Fresca, ritmata, opportuna, ragionata la sua direzione ben sfrutta le funzionali scene di Liborio Di Dio (tre porte e due salottini, e un’iniziale tavola bandita) che vengono spostate in base allo spazio necessarioFalstaff_siravo_8 per l’espressione degli attori. E vediamo impegnati gli attori in un entrare e uscire di scena, sempre ben organizzato, come se si entrasse e si uscisse continuamente dalla locanda di Madama Quickly dove Falstaff alloggia, donna che rappresenta il vero deus ex-machina di tutta la messinscena. La sua regia si amalgama perfettamente alle musiche originali di Francesco Verdinelli che, strumento di passaggio scenico, riempiono, scandiscono il tempo, dando ritmo allo spettacolo, e fanno respirare gli spettatori, e viene valorizzata dai bellissimi costumi di Annalisa Di Piero.
StraordinFalstaff_siravo_9aria l’interpretazione di Edoardo Siravo, che carica di spessore emotivo il suo Falstaff che con lui diventa un uomo contemporaneo che fa i conti con la vita. Per questo affianca alla sua impostazione classica del teatro di tradizione, una verve scenica più quotidiana, più leggera, più spontanea che a volte mette in soffitta l’accademia, permettendo un più naturale processo di immedesimazione, attivato anche a dei piccoli riferimenti locali (la ‘nduja, ad esempio). Anche i suoi movimenti seguono questa interessante ambivalenza da cui emergono prepotentemente l’uomo stratega e brillante e la sua umanità, la sua ribalta e il suo retroscena, citando il grande sociologo Ervin Falstaff_siravo_10Goffman.
In questo viaggio Siravo è affiancato da compagni eccellenti tutti assolutamente all’altezza del ruolo: offrono il proprio contributo al meglio, seguendo con devozione le indicazioni registiche e arricchendole con le proprie personali caratterizzazioni. Nel processo scenico diventano il proprio ruolo rimanendo se stessi. Il grande cast è composto da Francesca Bianco (Madama Quickly), Ruben Rigillo (Frank Ford), Marco Bonetti (Roberto Sciapito), Fabrizio Bordignon (Bardolfo / Fenton), Gabriella Casali (Comare Ford), Giuseppe Cattani (Abramo Carente), Beatrice Coppolino (Anna Page), Alessandro Laprovitera (Simplicio), Germano Rubbi (Don Ugo Evans), Susy Sergiacomo (Comare Page), Roberto Tesconi (Pistola / Dottor Caius) e Tonino Tosto Falstaff_siravo_6(Mastro Page).
È difficile distinguere chi ha fatto meglio poiché tutti sono stati strepitosi. Forse un personale plauso va in particolare all’energia di Francesca Bianco che ha indossato con spigliatezza i panni di Madama Quickly, che tiene le fila di tutte le vicende che vanno dipanandosi; a Ruben Rigillo per il suo impetuoso Frank Ford, di cui ha ben tratteggiato il dramma della gelosia e la fragilità dell’uomo che teme le manchevolezze di chi ama; a Giuseppe Cattani per la coerenza con cui ha retto fino in fondo il complesso personaggio di Abramo Carente che si muove tra riservatezza, ingenuità, timidezza e non grande acume intellettivo e culturale; e ad Alessandro Laprovitera che ha incarnato con brio e simpatia il suo Simplicio.
Due ore di grande teatro. Un’occasione catartica per ridere e per riflettere.
Annunziato Gentiluomo

 

 

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