Prosegue il nostro approfondimento sulla lirica, basato sul confronto di attori di spicco di questo interessante mondo. Dopo Andrea Cigni, Marcello Mottadelli e Tiziana Caruso, oggi abbiamo l’onore di confrontarci per la prima volta con un’interprete straniera, Jessica Pratt (Bristol, 20 giugno 1979). È un soprano australiano che comincia la sua formazione in Australia per
Prosegue il nostro approfondimento sulla lirica, basato sul confronto di attori di spicco di questo interessante mondo.
Dopo Andrea Cigni, Marcello Mottadelli e Tiziana Caruso, oggi abbiamo l’onore di confrontarci per la prima volta con un’interprete straniera, Jessica Pratt (Bristol, 20 giugno 1979). È un soprano australiano che comincia la sua formazione in Australia per poi perfezionarsi con Renata Scotto e Lella Cuberli. Inizia la sua carriera vincendo numerosi concorsi, tra gli altri presso il Teatro dell’Opera di Roma.
Nel 2007 debutta presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e nel gennaio del 2008 ottiene una borsa di studio come artista stabile presso la Wiener Staatsoper dove successivamente ha debuttato diretta dal M° Christian Thielemann. Segue quindi il suo debutto presso il Teatro Comunale di Bologna nella Lucia di Lammermoor, ruolo che aveva già interpretato nel 2007 con As.Li.Co.. Attualmente risiede in Italia e studia sempre con la signora Cuberli.
Richiesta dai più importanti teatri d’opera del mondo, si è esibita a Milano, Londra, Berlino, Tokyo, Melbourne, Amsterdam, Tel Aviv, Sevilla, Roma, Napoli, Venezia, Parma, Pesaro e Martina Franca. I suoi ruoli: Regina della notte ne Il flauto magico; Gilda nel Rigoletto; Matilde in Guillaume Tell; Giulietta in I Capuleti e i Montecchi; Adelaide di Borgogna; Amira in Ciro in Babilonia; Armida di Rossini; Giovanna d’Arco di Verdi; Cunegonde in Candide; Amina in La Sonnambula; Inès nell’Africaine di Meyerbeer; Musetta ne La Bohème; Violetta ne La Traviata; e Zenobia nell’Aureliano in Palmira.
Dopo un Concerto all’Auditorium di Milano di circa un mese fa, diretto da Jader Bignamini, abbiamo avuto modo di intervistarla dopo averla molto apprezzata nell’interpretazione di Cleopatra nel Giulio Cesare di Händel al Teatro Regio di Torino. Vediamo cosa ci racconta…
Signora Pratt, come è avvenuto il suo avvicinamento al canto?
Mio padre è un tenore e la musica è stata una grande parte della mia infanzia.
Un cantante d’opera non smette mai di studiare sia per i nuovi ruoli in cui si cimenta sia perché mantiene sempre il rapporto col proprio maestro, cambiandolo pochissimo. Come mai, secondo lei?
Occorrono tanti anni per formare una solida tecnica con l’aiuto del proprio maestro. Si può anche ricevere spunti per crescere da altri colleghi o maestri, ma in generale nessuno conosce la voce di un cantante quanto il proprio maestro e i pianisti di fiducia. Il belcanto è frutto di tanti anni di continuo lavoro e i progressi sono piccoli e lenti. Cambiare continuamente maestro in cerca di un trucco magico che risolva tutti i problemi in poco tempo non porta da nessuna parte. È un lavoro di anni e richiede tanta pazienza e poche distrazioni.
Studia con Lella Cuberli, particolarmente specializzato nel belcanto italiano, soprano statunitense che colse i suoi più grandi successi eseguendo il repertorio di Gioacchino Rossini e di Mozart. Ha scelto la signora Cuberli solo per la sua esperienza specifica o anche per altre ragioni?
Sono una grande ammiratrice di Lella Cuberli e speravo di conoscerla sin da quando ho iniziato a studiare, diversi anni prima di trovare il coraggio per chiederle di sentirmi cantare. Mi sento fortunata ad essere stata accettata come sua allieva. Oltre ad essere una grande insegnante di tecnica, è anche una persona intelligente e sensibile che mi ha aiutato durante i primi anni della mia carriera ad attraversare le diverse difficoltà tecniche ed emotive che si sono presentate. Mi sento una persona privilegiata per averla incontrata e per averla ancora oggi al mio fianco.
Cosa ha ereditato da Renata Scotto e da Lella Cuberli?
Nelle masterclass di Renata Scotto abbiamo lavorato sulla linea di canto e sull’interpretazione. Con Lella Cuberli ho migliorato e ampliato, in modo più specifico, il mio bagaglio tecnico riguardo il belcanto, consentendomi di trovare più sicurezza in tutta la gamma della voce, su cui continuiamo a lavorare.
A suo avviso, quali sono i suoi riferimenti – i mostri sacri – dell’Opera di tutti i tempi?
È un po’ difficile rispondere, poiché non ho sentito dal vivo tanti dei grandi cantanti, dei quali ascolto spesso le incisioni, come Sutherland, Pavarotti, Wunderlich, Pagliughi, Galli-Curci, Sills o Tebaldi. E non posso non ricordare tra i grandi miti del passato la Pasta, la Grisi e la Colbran, delle quali possiamo solo immaginare la grande arte e bravura da ciò che leggiamo e dalla musica scritta per loro dai grandi compositori.
Per un cantante d’Opera straniero cosa significa l’Italia e soprattutto esibirsi nei teatri del bel paese?
L’Italia mi ha dato tanto, a cominciare dalla possibilità di studiare il belcanto, fino ai primi lavori e momenti importanti della mia carriera sono avvenuti in Italia. La cosa bella per me è che, mentre negli altri paesi dopo diverse audizioni con persone influenti ricevevo tante promesse che non si sono mai concretizzate, in Italia invece, dove nessuno mi ha mai fatto promesse, ho avuto tutto. Poiché sono una specialista del belcanto, e più specificamente nel repertorio rossiniano e belliniano, per me è molto importante esibirmi in questo paese, che è da sempre considerato la culla della musica che canto più spesso. In Italia il pubblico è molto attento alla comprensione della parola cantata e del testo del librettista, oltre che alla comunicazione musicale. Un’orchestra italiana capisce quello che dico quando sto cantando e questo fa sì che aumenti anche la sensibilità degli esecutori. Artisticamente mi sento a casa in Italia, probabilmente come una cantante wagneriana avvertirebbe lo stesso cantando in Germania e a Bayreuth. Il mio tempio è l’Italia, patria del belcanto e di tanti teatri lirici ricchi di storia, come il San Carlo di Napoli, dove Donizetti ha scritto la Lucia, e i nomi di Donizetti e Rossini sono scritti sui palchi dai quali hanno assistito al debutto delle loro stesse opere.
Perché ha deciso di trasferirsi in Italia?
Non avevo opportunità di cantare in Australia e, dopo avermi sentita in un concorso nella mia terra, Gianluigi Gelmetti mi ha invitata a studiare al Teatro dell’Opera di Roma e così ho accettato e ho deciso di trasferirmi qui. Mi sono trovata bene in Italia: è un paese bellissimo, per il sole, per la natura che cambia da regione a regione, e per il patrimonio artistico. È piena di bellezze e di risorse culturali e naturali. Mi capita di passeggiare per le strade di Venezia e Roma, la sera tardi o la mattina presto, immaginando di essere nell’Ottocento. Mi riempie l’anima il solo fatto di entrare in una chiesa e trovare un tesoro artistico che in Australia potrei trovare in un museo, sigillati dietro vetri di sicurezza, a cui difficilmente ci si può avvicinare.
Il suo debutto nel ruolo di Cleopatra nel Giulio Cesare al Teatro Regio di Torino ha convinto la critica e anche il pubblico. Le è arrivato chiaramente questo consenso?
Mi sono trovata benissimo a Torino, uno dei teatri migliori in Italia per organizzazione e qualità del lavoro. Si può avere un grande successo solo quando tutto funziona… proprio come è successo nel capoluogo piemontese, dove ho avuto un maestro meraviglioso, bravissimi ed esperti colleghi che mi hanno incoraggiata e guidata nel mio debutto nel ruolo e nello stile barocco. È stata una bellissima esperienza e non vedo l’ora di tornare.
Come ha trovato il singolare allestimento firmato da Laurent Pelly e ripreso da Laurie Feldman? Quanto la brillante idea, a suo avviso, è stata compresa dai presenti?
Come sempre la percezione dell’arte è soggettiva. Io credo che il cantante debba mettersi a completa disposizione del maestro e del regista per poter arrivare ad una maggiore comprensione del ruolo. In ogni produzione il cantante, secondo me, deve sforzarsi di aprire la mente a nuove idee e portarle fino in fondo. Per la mia esperienza, tutto funziona meglio quando ogni persona della compagnia arriva con l’intenzione di collaborare e creare insieme qualcosa di nuovo e di speciale che appartiene solo a quella produzione.
Non è sempre facile riprendere uno spettacolo perché c’è il pericolo di incontrare inflessibilità o la voglia di conservare la personalità di un’altra cantante, che spesso è completamente diversa da me, per aspetto fisico, movenze e modi espressivi. In questa produzione ciò non è successo e ho avuto la fortuna di avere Laurie Feldman che ha rispettato la regia originale ma che nello stesso tempo non ha soffocato i nuovi cantanti con troppa rigidità, consentendoci di esprimere le nostre potenzialità al meglio, pur conservando lo schema della regia creata originariamente da Laurent Pelly. Inoltre sono riuscita a creare con la Laurie un rapporto di fiducia che mi ha permesso di sperimentare tutte le idee della regia e di crescere come interprete, dando vita a un personaggio molto diverso da quelli che interpreto di solito.
Nonostante sia giovanissima, è oggi una delle più importanti cantanti, richieste a livello internazionale, per il repertorio belcantistico e barocco. In quale ruolo sogna presto di debuttare? E se potesse scegliere il teatro, quale sceglierebbe per questo debutto?
Mi piacerebbe debuttare la Figlia del reggimento o un altro ruolo comico.Troppo spesso nel mondo dell’opera i cantanti vengono etichettati e la loro fama rimane legata esclusivamente a un tipo di personaggio per tutta la loro carriera, e questo non credo sia sano. Vorrei dare sfogo ad altri lati della mia personalità. Per poter fare questo, sceglierei un teatro che mi desse l’opportunità di fare almeno un mese di prove, articolate con precisione tra prova all’italiana, prova di antepiano e prove di assieme con l’orchestra.
A chi sente di voler ringraziare per il suo successo?
Voglio ringraziare il mio papà e la mia maestra Lella Cuberli; la mia famiglia e i miei amici che mi sopportano anche se sparisco per intere settimane, perché sono troppo impegnata a cantare (specialmente quando devo debuttare un nuovo ruolo). Voglio ringraziare inoltre il mio agente Saverio Clemente, i miei pianisti collaboratori, i costumisti e i truccatori chi non si limitano a truccare e vestire i cantanti ma che li incoraggiano e li sostengono prima di entrare in scena ogni sera. Ricordo con gratitudine i tanti atti di gentilezza che hanno compiuto i macchinisti in varie teatri, aiutandomi di scendere dal alto, cercando di far più comodo certi scenografia in modo che non mi facessi del male. Un grazie ai coristi che recitano insieme con me e gli orchestrali che ascoltano e respirano con noi. Ringrazio infine tutti quelli che si adoperano per far funzionare nel migliore dei modi questa meravigliosa forma d’arte. E voglio anche ringraziare il pubblico, che rappresenta l’altra faccia dello spettacolo, senza il quale il teatro non potrebbe esistere, e del quale noi abbiamo bisogno per confrontare le nostre idee e le nostre emozioni.
Se potesse affiancarsi a qualche collega, chi sceglierebbe?
Juan Diego Florez e Daniela Barcellona per qualche avventura Rossiniana!
I suoi prossimi impegni?
I Capuleti e i Montecchi alla Fenice di Venezia e i Puritani a Firenze.
Annunziato Gentiluomo
[Fonte delle immagini: gbopera.it, truciolisavonesi.it, Edoardo Piva ph, facebook.com]
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