Per chi ancora non se ne fosse accorto, dopo esserlo stata per l’automobile, l’alta tecnologia, lo sport, da anni Torino aspira a diventare la nuova capitale dell’arte contemporanea. Gam, Rivoli, le fondazioni Sandretto e Merz, eventi come Luci d’Artista e, fino a qualche anno fa, le temporanee al Bricherasio. In questo senso, la spinta più significativa
Per chi ancora non se ne fosse accorto, dopo esserlo stata per l’automobile, l’alta tecnologia, lo sport, da anni Torino aspira a diventare la nuova capitale dell’arte contemporanea. Gam, Rivoli, le fondazioni Sandretto e Merz, eventi come Luci d’Artista e, fino a qualche anno fa, le temporanee al Bricherasio. In questo senso, la spinta più significativa viene dagli eventi del secondo fine settimana di novembre: su tutti La Notte dell’Arte Contemporanea, la sua offerta di un’esagerata sequenza di occasioni. Impossibile vedere tutto: The Others, Artissima e Paratissima, per citare le più visitate. Sono esposizioni cui partecipano soprattutto gli addetti ai lavori, anche se non è improbabile incontrare appassionati o persone capitate lì come estemporanei visitatori.
Da anni colleghi e amici ricevono l’invito per il vernissage di Artissima: «scusa ne ho solo due» mi sento ripetere. Quest’anno però, la collega d’inglese Maria Costanza mi stupisce con un biglietto e un invito dell’ultimo minuto. Grande è la gioia, non tanto per l’ingresso gratuito quanto per l’aura di prestigio che lo avvolge.
Cos’è Artissima? Galleristi di tutto il mondo portano le loro opere più importanti di arte contemporanea per esporle in stand allestiti nel padiglione Oval del Lingotto. Il costo a loro carico è oneroso, ma il giro d’affari che l’evento solleva, pare indennizzi ampiamente l’investimento.
I collezionisti sono da sempre i talent scout dell’arte. Danno credito agli artisti, ne comprano le opere, le espongono, ne creano un mercato che li quota. Ai primi posti dell’hit parade ci sono oggi Murillo Oscar (colombiano, allo stand della Galleria Isabella Bortolozzi di Berlino) presente con l’opera Make it happen in step; Smith Lucein (newyorkese) e Kassay Jacob (sempre dalla Grande Mela) con fatturati che superano il milione di euro.
Per non perdere nessuno stand parto dal fondo sinistro, poi zigzago procedendo verso la parte destra. Girando così, senza cartina, non risulteranno però ben chiare le zone strutturate dai curatori che compattano temi comuni: alla Main Section, dedicata ai galleristi mondiali, segue il settore New Entries, dove espongono i giovanissimi più talentuosi per la critica. Ovviamente non mancano i “vecchioni”, gli artisti delle generazioni ’60-’80, a cui sono riservati gli spazi del Back to the Future. Al fondo la piazzetta coi giornalai dell’arte. Prima dello stand della K-way poi, con gli impermeabili e le sacche col logo di Artissima, si trova il palco Per4m, dedicato esclusivamente alle performance.
Tolti alcuni déjà-vu perorati dagli artisti amanti delle neoavanguardie storiche o contemporanee, si è visto anche qualcosa di fresco: idee, tecniche ed esiti formali innovativi che ci rincuorano. L’arte è tutt’altro che morta, gode di ottima salute. Per dar credito ai nostri connazionali citerei, fra tanti, Agnese Purgatorio (barese), con una suggestiva Italia che galleggia traghettando le sue genti storicamente emigranti; e Mimmo Jodice (napoletano), con le sue serie di volti tratti da opere antiche photoshoppate che diventano spettri allucinati.
Durante la 21esima edizione di Artissima, infine, è stata presentata Shit and Die, esposizione di opere di Maurizio Cattelan (che ne è anche l’organizzatore), Myriam Ben Salah e Marta Papini.
Il prossimo articolo sarà quindi sull’evento di Palazzo Cavour, dove occorre andare prima dell’11 gennaio 2015.
Gianluigi Accomando
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