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A Portigliola convince “L’avaro” di Carlo Emilio Lerici

A Portigliola convince “L’avaro” di Carlo Emilio Lerici

Ieri, mercoledì 9 agosto, presso il Palatium Romano di Quote San Francesco a Portigliola (RC), è andato in scena, come quarto appuntamento del Festival del Teatro Classico Tra Mito e Storia, la rielaborazione de L’Avaro di Plauto, scritta attorno al II secolo a.C.. La commedia è stata diretta da Carlo Emilio Lerici che ha curato molto

Ieri, mercoledì 9 agosto, presso il Palatium Romano di Quote San Francesco a Portigliola (RC), è andato in scena, come quarto appuntamento del Festival del Teatro Classico Tra Mito e Storia, la rielaborazione de L’Avaro di Plauto, scritta attorno al II secolo a.C..

La commedia è stata diretta da Carlo Emilio Lerici che ha curato molto bene la gestione degli spazi e le interazioni tra gli attori in scena, prestando attenzione ai momenti solipsistici, a quelli diadici e a quelli gruppali. Incalzante il ritmo e valido il lavoro sulla caratterizzazione dei personaggi che arrivano con incisività al pubblico.
Non abbiamo compreso il senso delle due arie cantate sulla musica: abbiamo poco gradito questa deriva musicale che non ha aggiunto nulla, anzi, data l’imprecisione vocale dell’attrice nell’incipit (Susy Sergiacomo), poteva influenzare negativamente l’approccio degli spettatori alla pièce. Per fortuna così non è stato.

Accattivante l’adattamento dell’Aulularia del drammaturgo Roberto Lerici che ha ovviato alla mancanza del V e dell’ultimo atto, anche se la citazione volgare reiterata ossessivamente del membro maschile è parsa noiosa e non funzionale: strappava il sorriso del popolino, ma risultava pesante ai più attenti. Degni di nota, invece, i riferimenti al gergo nostrano che attualizzano l’opera e la rendono più appetibile anche ai giovani, molto presenti alla serata.

Graziosi i costumi di Annalisa Di Piero e pertinenti le musiche di Francesco Verdinelli.

Un plauso generale a tutti gli interpreti, assolutamente all’altezza del proprio personaggio.

Gigi Savoia ha reso con maestria Catenaccio, riuscendo a farci percepire la sua fragilità. Lo tratteggia in modo elegante, elevandolo dalla sua misera condizione economica e riuscendo così a offrircelo in tutta la sua umanità: è evidente la problematicità del modello da cui siamo invitati a distanziarci per le derive a cui può portale, ma l’approccio non è mai di vero giudizio morale.

Francesca Bianco ha vestito i panni di Vinaccia in modo ineccepibile. Dal prologo iniziale, ogni suo gesto, ogni movimento del corpo e ogni ingresso sono assolutamente credibili e perfettamente in linea con la figura del servo-deus ex machina della commedia plautina. Ben impostata la sua voce con una cadenza dialettale ricercata che strappa, già solo per questo, il sorriso del pubblico.

Tonino Tosto è un convincente Cicorione. Le sue movenze e il suo incedere da politico fanno intravedere lo spessore dell’artista che indossa gli abiti del ricco vicino di casa di Catenaccio con assoluta pertinenza.

Il personaggio di Saetta è ben reso da Roberto Tesconi: da grande conoscitore della commedia di Plauto, disegna il servo di tutto punto, con quei tratti esageratamente esasperati e grotteschi che si addicono al personaggio

Fabrizio Bordignon risolve il suo ruolo – Lupo – in modo più che dignitoso. Convincente da un punto di vista vocale, è risultato a tratti rigido e innaturale nei movimenti. La sua espressività posturale non gli ha garantito la naturale fluidità degli spostamenti.

La Lucia di Francesca Buttarazzi è fresca, spigliata e ben costruita. Riesce a rendere le varie sfumature del suo personaggio con grazia, manifestando la veemenza, la determinazione, ma anche la grande ingenuità. Un plauso al brano musicale che ha interpretato con pulizia e intonazione.

Concludono il cast Giuseppe Cattani (Antracite), Germano Rubbi (Tegame), Susy Sergiacomo (Cocuzza) e Alessandra Santilli (Sellera), ottime spalle dei protagonisti. Riempiono la scena con grande verve, manifestando una validissima tecnica e un’efficace caratterizzazione dei loro personaggi.

Nonostante degli iniziali problemi di audio, nel complesso dunque L’avaro del Teatro Belli si conferma uno spettacolo ben fatto, fresco, dinamico, assolutamente degno di prendere parte ai circuiti invernali e di essere goduto dai giovani latinisti e non.

Annunziato Gentiluomo

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