Si è conclusa ieri, mercoledì 5 ottobre, presso il CineTeatro Baretti di Torino, la Premiazione del nono Torino Underground Cinefest, proposto dall’Associazione Culturale SystemOut e dall’Università Popolare ArtInMovimento APS e ideato e diretto dal regista Mauro Russo Rouge. La serata ha proclamato i vincitori del TUC 2022. La Giuria Lungometraggi, presieduta dal regista danese Alexander Sagmo, affiancato dal
Si è conclusa ieri, mercoledì 5 ottobre, presso il CineTeatro Baretti di Torino, la Premiazione del nono Torino Underground Cinefest, proposto dall’Associazione Culturale SystemOut e dall’Università Popolare ArtInMovimento APS e ideato e diretto dal regista Mauro Russo Rouge. La serata ha proclamato i vincitori del TUC 2022.
La Giuria Lungometraggi, presieduta dal regista danese Alexander Sagmo, affiancato dal regista e produttore Cristiano Anania, il giornalista Fabrizio Accatino e il regista Antonio Romagnoli, ha decretato come Miglior Film nella propria sezione il tedesco Somehow del collettivo Aki T. Weisshause con la seguente motivazione: «Splendido film, completamente libero nell’anima e nello stile. Il ritmo travolgente e i tempi cinematografici totalmente diversi dalla norma ne fanno un gioiello underground che sfugge a ogni classificazione, fondendo dissolutezza, malinconia e dolore con una sincerità disarmante».
“Somehow” vince anche per la Miglior Regia «per la capacità di prendersi tempi di regia tutti suoi, dilatandoli, frammentandoli, distanziandoli da quelli del linguaggio cinematografico tradizionale, rendendo così il film ancora più intenso e sincero».
Inoltre, Alexander Peiler di “Somehow” è il Miglior Attore «per la generosità con cui si dona al progetto con anima e corpo, trascinando lo spettatore in un viaggio interiore che tutti almeno una volta dovrebbero affrontare».
La Migliore Attrice è Tanìa Casciano del film argentino “The Calm” di Mariano Cócolo «perché l’interprete dimostra una capacità invidiabile di reggere scene molto lunghe e impegnative con la sola forza di uno sguardo imprigionato in un racconto asciutto fino alla scarnificazione».
Miglior Montaggio a Ebrahim Saeedi del film tedesco “The Exam” di Shawkat Amin Korki «per la sicurezza con cui il montaggio del film intreccia il dramma morale delle due protagoniste con la suspense e la tensione di un riuscitissimo thriller poliziesco».
Miglior Sceneggiatura a Ligia Ciornei per il film rumeno “Clouds of Chernobyl” «per l’originalità della storia e la capacità di contenere le tensioni del melodramma famigliare nella forma di un composto kammerspiel d’ambientazione sovietica».
La Menzione speciale della Giuria Lungometraggi va invece al tedesco “Sweet Disaster” di Laura Lehmus «perché si rivela un’opera brillante davvero ben congeniata, in grado di prospettare un futuro per il genere commedia anche nel cinema indipendente».
Il premio Miglior Cinematografia, decretato dal direttore della fotografia torinese Davis Alfano, a Jim Hickcox del film statunitense “Wulver’s Stane” di Joseph Cornelison.
Miglior Sound Design, decretato dal sound designer torinese Paolo Armao – a Alireza Alaviyan del film iraniano “Hoopoe” di Mehdi Ghazanfari.
La Giuria Documentari, presieduta dalla sceneggiatrice e produttrice Zelia Zbogar, al cui lato vi sono stati il giornalista e critico cinematografico Carlo Griseri, il docente di cinema e regista Enrico Le Pera e il montatore Paolo Favaro, attribuisce l’alloro come Miglior Documentario a Village of Women di Tamara Stepanyan-Ferrari con la seguente motivazione: «per la capacità della regista Tamara Stepanyan di indagare una comunità femminile malinconica e tenace, con sicurezza, ironia e calore. Perché il suo sguardo trova la giusta distanza tra osservazione e partecipazione restituendoci una generosa dose di femminismo vissuto. Un film che muove tra indipendenza ed esilio con una naturalezza ineluttabile».
Il premio per la Miglior Regia va a José Marques Carvalho Jr del film brasiliano “The Dream of the Useless” «per la vitalità e la caparbietà con cui José Marques Carvalho Jr mette in scena se stesso e la propria crew, attraverso una fuga necessaria dalla dura realtà quotidiana e dal futuro incerto. Dal 2006 al 2021, l’elaborazione di quindici anni di immagini, inizialmente amatoriali e comunque sempre autoprodotte, raccontano con incredibile vicinanza e sincerità il percorso di vita di un gruppo di giovani uomini, la città/paese di Rio de Janeiro – profondamente ingiusta – quanto la formazione dello sguardo di un cineasta».
Consegue, invece, il premio come Miglior Montaggio Stefano Deffenu per l’italiano “Ananda” «per la capacità di creare un racconto nel quale la realtà, la finzione e le metafore si confondono continuamente. Per la scelta di immagini che rifiutano l’esotismo a favore dell’autenticità. E per la maestria con cui le diverse linee narrative si alternano e convergono in un discorso libero e rapsodico. Ognuno di noi è accompagnato e insieme libero di perdersi in questo viaggio».
La Giuria dei Documentari attribuisce la propria Menzione Speciale al film svizzero “Dreaming an Island” di Andrea Pellerani «er il rigore estetico con cui Andrea Pellerani ha reso un paesaggio remoto e abbandonato dall’uomo, tra le cui tracce urbane la natura ha ripreso il suo corso. Uno sguardo non invasivo, giustamente distante, dove, più che i dialoghi, a narrare sono gli ambienti e i silenzi. Intendiamo premiare la forza della ricerca, indispensabile per un documentario, e la cura nella resa delle immagini, delle inquadrature e della fotografia nel rispetto della storia, delle persone e dello spirito del luogo».
La Giuria Cortometraggi, presieduta dal regista Antonello Schioppa che è stato coadiuvato dal regista e docente di cinema e teatro Bernardo Migliaccio Spina, dal produttore Pietro Cestari e dal critico cinematografico Giacomo Tinti, stabilisce che il Miglior Cortometraggio del nono Torino Underground Cinefest è il polacco Fruits and Vegetables di Maciej Jankowski con la seguente motivazione: «Un film completo e coerente sotto tutti i punti di vista. L’opera prodotta da Agata Golańska e magistralmente diretta da Maciej Jankowski accompagna lo spettatore all’interno di questa commovente storia: l’eterno conflitto tra genitori, rassegnati, e figli adolescenti, ancora in grado di sognare, declinato in un contesto quanto mai attuale».
Il premio alla Miglior Regia va a a Clémentine Carrié per il film francese “Gronde Marmaille” con la motivazione che segue: «Una tempesta incombente, una bambina che si annoia da morire, un ‘avventura fantastica pronta a cominciare. Questi sono i 3 principali elementi che costituiscono la storia di “Gronde Marmaille”, diretto da Clémentine Carrié, che si aggiudica con merito il Premio per la Miglior Regia al 9° Torino Underground Cinefest. Un film che si distacca nettamente dai tradizionali canoni narrativi per sposare con vivace convinzione gli stilemi di un cinema onirico e fantastico, ancorato tenacemente a un vivido senso di realtà. Molti i riferimenti al Neorealismo, alla Nouvelle Vague e al cinema antropologico, tutti generi amati e venerati dai cineasti francesi. Clémentine Carrié si destreggia leggiadra dietro la macchina da presa, dirigendo alla perfezione i due giovani protagonisti e conducendo in un viaggio magico e tribale lo spettatore. “Gronde Marmaille” non racconta una classica storia, ma apre una finestra sul quotidiano dei suoi protagonisti, per poi richiuderla poco dopo come se nulla fosse. È cinema esperienziale, spirituale, vitale. La sensazione che ti rimane è quella di aver corso, danzato e giocato assieme ai due protagonisti, in un turbinio di gesti e sensazioni. Un lavoro eccellente, che restituisce a suo modo, uno squarcio di vita e realtà».
Noée Abita del film francese “Tender Age” è la Miglior Attrice perché «incanta nel film di Julien Gaspar Oliveri. La sua è una di quelle interpretazioni in grado di arrivare fin sotto la pelle, colpendo la sensibilità di ogni spettatore. “Tender Age” è un dramma adolescenziale, che si focalizza su una ragazza sedicenne che scopre a suo modo la sessualità, interpretandola come mezzo d’accettazione tra i suoi coetanei. Un desiderio spasmodico di essere donna emerge dagli occhi drammaticamente ingenui della protagonista Diane. La recitazione di Noée Abita è estremamente fisica e intima, a tratti cruda e tagliente, fatta soprattutto di molteplici sguardi magnetici alla costante ricerca di attenzioni e di affetto. Si assiste a un dramma carnale dove il corpo vive e ondeggia in bilico tra due forze perennemente in conflitto: la voglia di esplorare la propria sessualità e l’ingenua innocenza di chi non è ancora pronto. Noée Abita interpreta alla perfezione questo tenero dramma, caricando sulle proprie spalle l’intera riuscita del racconto, restituendoci un ritratto duro e sincero, meritando all’unanimità il Premio come Miglior Attrice del 9° Torino Underground Cinefest».
Il premio Miglior Attore, ex aequo, a David Bradley del film britannico “Roy” «per la delicatezza e la tenerezza con cui ha saputo rappresentare la solitudine di Roy. Un dialogo, mediato dalla cornetta telefonica, attraverso il quale accompagna lo spettatore nelle altalenanti emozioni del protagonista di questo film»; e Mathéo Kabati del film belga “Titan” «per la capacità di restituire con forza e verità, nonostante la giovane età, l’irrequieta solitudine di un tredicenne perduto in un orizzonte di degrado e infanzia negata. Mathéo Kabati, fin dai primi fotogrammi, colpisce lo spettatore dando vita a un personaggio spavaldo, spietato e fragile al tempo stesso, in bilico tra la voglia di essere adulto e la necessità di essere ancora un bambino».
Vince il Premio per il Miglior Montaggio Greg Fox per il canadese “Monkey-Love, Please Hold”, accompagnato da questo testo: «A “Monkey – Love, Please Hold” va il Premio per il Miglior Montaggio del 9° Torino Underground Cinefest, con il merito di aver saputo interpretare al meglio il vero senso del linguaggio cinematografico. È risaputo che far ridere in maniera genuina e intelligente è molto più complicato che far piangere, e ciò non ha affatto intimorito il regista Greg Fox che ha messo in scena un’esilarante storia umana, interprete perfetta dei tempi recenti che abbiamo vissuto. La fine di un amore, la solitudine, l’isolamento domestico, la paura dell’esterno, il desiderio di affetto e accettazione, sono tutti gli ingredienti messi sullo schermo e sapientemente amalgamati da riprese frenetiche, primi piani, camera a mano, musiche ed effetti sonori a sorpresa. A dare ordine ed efficacia a questa ricca e caotica narrazione, il montaggio, unico e solo strumento in grado di conferire senso al racconto cinematografico. E così in “Monkey – Love, Please Hold” di Greg Fox è il montaggio il protagonista indiscusso, capace di conferire un ritmo frenetico e costante, con i giusti tempi comici, creando la condizione perfetta per immedesimarsi nei panni del protagonista».
Riceve la Menzione Speciale della Giuria Cortometraggi il cinese Hourglass House di Yinghai Hu «per la grande abilità nel raccontare, attraverso una sensibile padronanza di tutte le componenti del linguaggio cinematografico, l’universo magico e onirico dentro il quale un bambino incontra il senso profondo e misterioso dello scorrere del tempo, della vita, degli affetti».
Il premio Miglior Cinematografia, decretato dal direttore della fotografia torinese Davis Alfano, a Jordan Breedlove del cortometraggio statunitense “These Bodies” di Matthew Strasburger.
La Menzione Speciale ArtInMovimento proposta dalla redazione della testata main media partner del TUC, è andata al cortometraggio statunitense “Walking Around” di Gilles Bovon.
Si rammenta che i media-partners dell’evento sono stati, accanto ad ArtInMovimento Magazine, Sentieri Selvaggi, CameraLook, Arte Settima, Il documentario, Cinematographe.it, Cinema4Stelle, Taxidrivers, FucineMute, Central Do Cinema, Der Zweifel, Fotogrammi, Psycofilm, MusiCulturA online, ArtApp e PoliticamenteCorretto.
Si sono configurati, invece, come partner culturali, Realeyz, Uam.Tv, il Circolo del cinema di Tortona, il CineTeatro Baretti e FilmFreeway.
Si conclude anche questa nona edizione del TUC ricca di ospiti, costellati da momenti intensi, come l’omaggio a Jonas Mekas, e sempre all’insegna del cinema indie di qualità.
Francesco Romeo
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