Spesso si inizia a fare shiatsu per soddisfare un bisogno personale, come se una voce ti dicesse: “È ora che prenda un po’ di tempo per te. Provaci… Mettiti in gioco. Gioca un po’ col tuo corpo…”. La frenesia della vita di oggi e i suoi ritmi concitati ci impediscono di prenderci il nostro spazio,
Spesso si inizia a fare shiatsu per soddisfare un bisogno personale, come se una voce ti dicesse: “È ora che prenda un po’ di tempo per te. Provaci… Mettiti in gioco. Gioca un po’ col tuo corpo…”. La frenesia della vita di oggi e i suoi ritmi concitati ci impediscono di prenderci il nostro spazio, di rimanere per qualche tempo in un ascolto sincero, e la mancanza di questo spazio sacro ci porta a salire su un treno che si ferma proprio davanti a noi, spesso rappresentato da un corso di Reiki, di Yoga o di Shiatsu. Saliti sul treno dello Shiatsu, in particolare, ad un certo punto “i duri iniziano a giocare” e ci si trova tra le mani una magnifica pratica a mediazione corporea, la cui efficacia è indiscutibile rispetto al miglioramento della qualità della vita dell’operatore e del ricevente. Ti diplomi, poi continui la tua formazione… e inizi a lavorare, cercando di trovare il canale giusto per raggiungere un bacino di clienti che ti permetta di vivere di questo.
Più che mai oggi è difficile, in quanto stiamo vivendo in un momento storico che obbliga le famiglie a tagli anche sui beni di prima necessità, nonostante la salute lo sia e come. Il problema è che una cultura dell’attenzione al proprio sé e alla prevenzione ancora non è molto radicata nel “bel Paese”.
A volte però si sente il bisogno di tenere aperte più porte, non solo per necessità, e capita, come nel mio caso, di continuare a insegnare, a fare ricerca e continuare a formarsi anche a livello accademico. Infatti, dopo il dottorato in Scienze e Progetto della Comunicazione, nel 2011, mi lancio in un’altra avventura che ha avuto risvolti molto interessanti. Scelgo di frequentare, presso l’Università di Milano-Bicocca, il Master di primo livello in Sistemi Sanitari, Medicine Tradizionali e Non Convenzionali.
Finalmente anche io, nonostante non fossi medico, potevo accedere a una formazione superiore post laurea nell’ambito che mi risuona di più, quello appunto dei saperi tradizionali di cura.
Il Master in questione, frutto di un progetto congiunto dell’Osservatorio e Metodi per la Salute (OsMeSa) (prof.ssa Mara Tognetti Borgogna) e dell’Associazione per la Medicina Centrata sulla Persona ONLUS ((dott. Paolo Roberti di Sarsina), e vede impegnate la Facoltà di Sociologia e quella di Medicina e Chirurgia. Tale percorso formativo post lauream ha come focus uno studio comparato dei Sistemi Sanitari e, in questa sede, fa breccia il concetto di Medicina Tradizionale accanto a quella di Non Convenzionale, che in qualche modo rappresenta la logica di integrazione e soprattutto la possibilità di ingresso delle MT/MNC nel settore pubblico e privato. Vuole istituire la figura del manager della nuova sanità, con competenze di pianificazione, programmazione, controllo, valutazione e ricerca, relative alla complessa gestione dei servizi sanitari di cura e di ricerca, con una formazione significativa nei diversi saperi antropologici di cura.
Faceva proprio per me: coniugava il mio interesse per le Medicine Tradizionali e Non Convenzionali, la passione per la ricerca sociologica e la mia verve organizzativa.
Presento la domanda di accesso e alla selezione arrivo primo e vinco la borsa di studio che copra l’intera retta di partecipazione al corso. Era un ulteriore segno del fatto che dovessi frequentarlo.
Quindi tutti i venerdì, dal 7 ottobre al 15 giugno, mi sveglio alle 4.30, esco di casa alle 5.07, prendo il bus 68 per la stazione alle 5.16 e quindi il treno per Milano Centrale da Torino alle 5.50. Da Milano il bus 87 fino all’U6 dell’Università Bicocca, al primo piano, nella stanza 25, e vi rimango per circa 8 ore. La sera, verso le 21.00, faccio ritorno a Torino. Un impegno e una fatica non da poco, ma devo dire che ne è valsa la pena.
Gli argomenti sono stati svariati, e fra questi: l’analisi dei sistemi sanitari dei vari stati e di quelli regionali italiani sia dal punto di visto economico che sociologico; il risk management a livello sanitario; la relazione medico-paziente; le nove medicine tradizionali e non convenzionali, definite così nel nostro Paese (Agopuntura, Fitoterapia, Medicina Omeopatica, Omotossicologia, Medicina Antroposofica, Farmacoterapia Tradizionale Cinese, Ayurveda, Medicina Tradizionale Tibetana, Medicina Manuale, Chiropratica e Osteopatia). Poi visite didattica a realtà di settore e a industria di farmaci omeopatici e lavori di gruppo.
Un anno arricchente ed emozionate anche perché mi ha offerto la possibilità di confrontarmi con persone lontane da me per profili culturali, professionali, età e modi di vedere le MT/MNC. E mi ha fatto riscoprire la passione per la ricerca accademica, che pensavo ormai sepolta. Sotto l’attenta guida della direttrice del master, la prof.ssa Mara Tognetti Bordogna, ho realizzato la prima mappatura italiana dell’offerta formativa dell’Università in Medicine Tradizionali e Non Convenzionali, da cui sono stati pubblicati, fra l’altro, ben due articoli internazionali sulla rivista Alternative & Integrative Medicine: Education in Traditional and Non Conventional Medicine: A Growing Trend in Italian Schools of Medicine e Post-graduate training in Traditional and Non Conventional Medicines: Italy poised between national guidelines and regional variants.
Inoltre da allora collaboro attivamente con l’OsMeSa (Osservatorio e Metodi per la Salute) e sono fra i docenti del Master come esperto di relazione di cura e olismo, in particolare di Reiki e Shiatsu. Ho avuto la possibilità di insegnare al Master in Medicina Integrativa all’Università degli Studi di Firenze e tenere conferenze come Sociologo della Salute.
Ma perché si è scelto di scrivere su ArtInMovimento Magazine anche dopo un paio di anni dalla discussione della tesi questa riflessione?. Sicuramente non per celebrare l’autore, che è anche Direttore responsabile della testata, né per dare risalto ad un’esperienza personale. Il senso sta nell’importanza della formazione nelle discipline bionaturali e nelle Medicine Tradizionali e Non Convenzionali, soprattutto in linea con la Legge n.4 del 2013, e di quanto sia fondamentale in un’ottica di sinergia tra saperi e professionalità. Quello che vi ho riportato è un esempio chiaro che testimonia che qualcosa si sta muovendo. Anche l’Accademia inizia a interessarsi, in qualche modo, al mondo delle discipline olistiche, e percorsi formativi, come quello proposto dall’Università di Milano-Bicocca, possono convertirsi in agorà aperte, dove possa essere valorizzata la diversità, stimolata la creatività e creato un ponte nel percorso di legittimazione di sistemi di cura altri, a cui ricorrono sempre più persone. La grande sfida è propria l’interazione costruttiva delle professionalità, che parte dalla conoscenza dei reciproci confini, sinergia a vantaggio dell’utente.
E mentre si riflette su tali temi, sta per cominciare la quarta edizione del master, che ha dato un importante contributo in tal senso nel suo esserci e per cui sono aperte le iscrizioni fino al prossimo 30 settembre alle ore 12.00
Annunziato Gentiluomo
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