Io mi rifugio in te, o fuoco dello Spirito Santo, illuminami. In te prendo rifugio dai mali del mondo. Spirito di Dio, illuminami, proteggimi, aiutami. E così ha inizio la lectio di ieri al Tempio di Anima di Universale di Leinì. Ebbene sì, vi sono tornato. Sono riuscito a organizzarmi per farmi nutrire dalla vibrazione
Io mi rifugio in te, o fuoco dello Spirito Santo, illuminami.
In te prendo rifugio dai mali del mondo.
Spirito di Dio, illuminami, proteggimi, aiutami.
E così ha inizio la lectio di ieri al Tempio di Anima di Universale di Leinì. Ebbene sì, vi sono tornato. Sono riuscito a organizzarmi per farmi nutrire dalla vibrazione di Swami Roberto che però non c’era fisicamente. Come già successe la Domenica delle Palme, rimango in ascolto e avverto la sua presenza questa volta non tanto durante il Darshan, comunque intenso manifestato attraverso Ramia Roberto II, ma durante il momento della consacrazione del pane. Ho percepito con pienezza la forza di Dio che scendeva in quel pane e quella mela, li vivificava, trasformandoli in cibo per l’anima, in prasada secondo i testi vedici, nella Misericordia del Padre. Nel riceverli ho sentito di dovermi arrestare davanti all’altare per ringraziare per quel dono: necessitavo di un attimo di raccoglimento profondo in cui ho levato gli occhi alla Vergine Maria che mi è apparsa radiosa, e poi la mia attenzione si è concentrata sulla luce riflessa. Era speciale, era intensa, era capace di trasfigurare. La luce è il simbolo di Cristo: Lumen Christi si proclama la Notte di Pasqua.
Ma torniamo alla lezione. Pane e Misericordia sono stati due temi fondanti della sessione di ieri. Ramia Roberto I e Ramia Riccardo hanno spiegato il senso profondo del pane che costella la vita del Divino Maestro, Gesù. In primis, nasce a Betlemme che etimologicamente significa Casa del Pane (Beit Leḥem), moltiplica il pane per sfamare le folle, spezza il pane ed è lui stesso il pane disceso dal cielo, proprio per noi, per liberarci dal male, dall’imperfezione che genera peccato che può essere definito come un tradimento verso la nostra natura divina che è amore. Ciascuno di noi esiste dal principio senza inizio nella mente di Dio, ma nell’incarnazione perde memoria della sua eternità, della sua divina perfezione. Il confronto con la dualità e con la materia lo contaminano, lo appesantiscono e gli fanno perdere di vista l’obiettivo: la realizzazione e la manifestazione di Dio che è dentro di noi, che è noi. Pare proprio che sia necessaria riprogrammare la nostra mente e resettarla sulla frequenza della mentalità di Dio, l’unica perfetta. Come farlo ci viene indicato nel Nuovo Testamento.
Gesù rispose: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. (Giovanni, 6, 35). Non aver fame e non aver sete non si possono limitare ai bisogni fisiologici, ma rimandano soprattutto ai bisogni più interiori ed esistenziali.
Andare verso Dio e credere in Lui rappresentano due azioni paragonabili a un antivirus. Infatti, così agendo, verranno meno tutti i dubbi esistenziali che condizionano e rovinano la vita di tante persone, tutti i condizionamenti della dimensione materiale, tutte le catene odierne; si modificheranno le priorità: ciò che passa, il futile, il superfluo lascerà il posto alla comunione con Dio che sazia ogni aspettativa, che dà serenità, equilibrio e che libera da tutte le ansie, le paure. Swami in una lezione affermò: Quando ti riapproprierai della mentalità di Dio, ti accorgerai che quello che insegue la maggior parte delle persone è solo l’ombra del nulla rispetto all’eternità di Dio e del tuo spirito. Che meraviglia! Una verità grande espressa con la semplicità del grande maestro. E questo discorrere mi riporta alla leggerezza, concetto su cui rifletto da qualche settimana e che molti non sono in grado di afferrare. Pare che ci sia un’evidente resistenza che a me risulta incomprensibile. Leggerezza è una parola magica che Italo Calvino, in Lezioni americane, definì il planare sulle cose dall’alto, senza avere macigni sul cuore. Per me è una virtù divina, un dono di colui che ogni tanto riesce a interiorizzare la mentalità di Dio. Questo perché la leggerezza ci fa vedere le cose in profondità e al contempo le distanzia dagli affanni del presente, come se avessimo una vista più ampia, come se riuscissimo a incarnare l’Io so, vivendo pienamente il Qui e Ora. Inoltre ci aiuta a prenderci meno sul serio, ci avvicina all’altro, ci aiuta a sentirci comunità, a essere empatici e solidali. Crea ponti, ci connette con gli esseri viventi e col Tutto, e soprattutto previene l’ansia di controllo, il rancore e l’odio. Altro che superficialità, è uno stato elevato di chi ha scelto la spiritualità e soprattutto ha fiducia nel Cielo che ci manda quanto ci è necessario per evolvere.
Quindi basta con le ansie, con le preoccupazioni, col sentirsi inadeguati. Viviamo, manifestiamo il divino che è in noi e avviciniamoci all’Eterno. È lì la nostra libertà.
Auguro di essere sempre leggeri a Nadia e Roberto che ieri si sono sposati, scambiandosi l’impegno di fedeltà sotto la tenda di David, augurio che estendo a tutti i lettori.
Un’altra domenica intensa: tante emozioni e tanta comprensione.
Annunziato Gentiluomo
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