Non mi sembra vero… tre domeniche di seguito al Tempio di Anima Universale. Un 2 giugno sicuramente speciale. Mentre in centro a Torino si celebrava la Festa della Repubblica, io sceglievo di occuparmi di me, di farmi nutrire intimamente. E quindi per le 9.20 ero già a Leinì, prendevo posto e salutavo gli amici che
Non mi sembra vero… tre domeniche di seguito al Tempio di Anima Universale. Un 2 giugno sicuramente speciale. Mentre in centro a Torino si celebrava la Festa della Repubblica, io sceglievo di occuparmi di me, di farmi nutrire intimamente. E quindi per le 9.20 ero già a Leinì, prendevo posto e salutavo gli amici che fraternamente mi hanno accolto con un grande abbraccio ringraziandomi per il mio servizio: mettere per iscritto quanto esperisco in quel luogo. A queste attenzioni, rispondo sempre con imbarazzo perché è qualcosa che non dipende da me. Non posso esimermi dal riportare la mia esperienza con la Chiesa di Swami Roberto e mi onora sapere che per qualcuno ha un significato che va ben oltre i contenuti o il mio vissuto che cerco di veicolare attraverso uno dei canali comunicativi che mi è più agevole, la scrittura appunto.
Ma tornando a ieri, mentre si consumavano i saluti su citati e i miei amici arrivavano, giungevano le 10.00 e quindi il rintocco della campana richiamava la nostra attenzione portandoci a ritornare in noi, centrarci per accogliere al meglio il Maestro e i Divini Insegnamenti.
Dopo un omaggio alle Vergine Maria, come Colei che può soccorrerci quando subiamo torti e umiliazioni e che ci protegge come una Grande Mamma, è iniziato il Darshan.
Un lunghissimo Darshan. La qualità era chiara: una vibrazione di cuore profonda, capace di accogliere, di trasformare, di commuovere per come accarezzava l’anima dei presenti. Swami si ricorda di tutti ed è impressionante: ad esempio, al mio amico Umberto ha detto: Sei tornato con la dolcezza del padre. Non era tornato da solo, ma con i suoi genitori ed è per questo che ha cercato di avvicinare la madre al Maestro affinché ci fosse una qualche interazione. Swami ha percepito subito quanto per Umberto fosse importante, e quindi è tornato indietro e abbracciato la donna trascinandola, come sa fare, in altri piani trascendenti. Era visibilmente commossa per quell’incontro così imponente. A me ha salutato dandomi una benedizione sulla fronte e con quegli occhi mi ha ricordato il nostro rapporto e la sua felicità di ritrovarmi. Per me è un fratello a cui voglio molto molto bene. Lo so, mi ripeto, ma ogni volta è sempre più chiara per me la natura della nostra relazione.
Posso testimoniare che accanto a un possibile fenomeno di suggestione collettiva, vi è sempre della profonda Verità, un sapore di Divino inconfutabile. È questo sentire che mi richiama, mi spinge a trovare le occasioni per fare ritorno in una realtà che avverto come famigliare, dove mi sento sempre perfettamente a mio agio.
Tanto è il dolore e dilagante è il bisogno di un’umanità che cerca una via, barlumi di luce e Swami è lì ad accogliere, a dare una parola di conforto, a spronare ciascuno a riconoscersi fiammella di infinito, figlio di un Padre che lo ama ed è costantemente al suo fianco. Anima Universale è una via di conoscenza, una via di evoluzione e merita il giusto riconoscimento.
La lectio di domenica ha introdotto il significato della Pentecoste, che sarà domenica prossima, festività che mette al centro lo Spirito Santo che, se invocato, dona quel coraggio e quella forza soprannaturali che fanno superare tutte le insicurezze e le paure. Proprio come gli apostoli e i discepoli che, dopo la crocifissione di Gesù, si nascosero per la paura di essere torturati e uccisi, anche a noi spesso succede di essere sopraffatti dal pensiero di non farcela, di non essere all’altezza e soprattutto dall’inutilità del nostro agire. Questo modus cogitandi crea una prigione, ci isola, ci debilita, ci porta a non rapportarci più con gli altri, ci relega in un luogo privo di benefici, soluzioni e luce. Una sorta di realtà da cui può non esserci ritorno in quanto poi l’inerzia dell’uomo interviene e ci fa andar bene anche le situazioni peggiori, quelle più soffocanti. Ma come gli apostoli su cui è scesa l’effusione dello Spirito, anche noi, avvantaggiati della conoscenza della Verità della Resurrezione del Cristo e soprattutto di tutto quello che da Lui e da loro si è generato, siamo chiamati a testimoniare la grandezza di Dio. Ma per farlo dobbiamo invocare l’intervento di Dio, chiedere sempre all’Onnipotente che tutto può e che quindi è capace di cambiare ogni situazione.
Swami ha citato ben tre salmi per offrirci strumenti per poter trasformare le nostre vite ed essere ambasciatori della Vita e della Gioia. Il Primo è il numero 126, atto proprio a invocare l’intervento di Dio nelle difficoltà Cambia ancora, Signore, le nostre sorti come risvegli i torrenti nel deserto. Ha un effetto rivitalizzante, porta un’energia di cambiamento ed estrema fiducia sulle infinite possibilità di Dio. Perché tutti nei momenti bui, di fragilità e di prova, dubitiamo e il vivere in un mondo così materialista, costellato da cattiveria e ingiustizia, ci rende più vicini all’addormentamento spirituale, a cadere nel gioco di Maya, dell’Illusione. La rassegnazione è dietro l’angolo, il lamentarci ne è una manifestazione: quindi ci assopiamo, iniziamo a non re-agire, a non rispondere, come potremmo, a quanto stiamo subendo, anche da noi stessi che siamo i primi artefici di trappole e di meccanismi di auto-sabotaggio. Ma è proprio in quei momenti che dobbiamo ricordarci di chiedere l’aiuto del nostro Babbo paziente. Il Suo Spirito può risvegliarci dal torpore dell’abbattimento, puoi ridestarci da quello stato di sonno che non si confà a un guerriero di luce. Swami ci ha invitato a pregare così: Vieni Spirito, cambia la mia sorte, cambia la mia vita, liberami, risvegliami, dammi vita. AMEN sulle note della canzone che mantrava il nome Ruach che significa Spirito.
È necessario scardinare la prigione mentale auto-edificata e aprirsi per poter accogliere le bellissime novità che Dio ha in serbo per noi. Non fossilizziamoci su quelli che sono i bisogni della nostra personalità. L’anima nostra ha forse altre mete da raggiungere, altri progetti da realizzare. Rimaniamo nel fare, costruiamo per noi e per gli altri. Non perdiamo il nostro tempo in sterili lamentale, a piangerci addosso. Let’s do!
Il secondo Salmo citato è stato il numero 32 dove è presente una promessa: Io ti darò l’intelligenza. Ma cos’è precisamente? È la facoltà dell’intelletto che apre la mente per uscire dalla propria prigione mentale. Tanta gente ha la mente chiusa perché non si apre alla spiritualità e vive in quella prigione fatta di pregiudizi, di arrendevolezza, di schemi che si ripetono. Bisogna chiedere a Dio di aprirci la mente. Lui ce l’ha promesso, ma a noi spetta domandarglielo, a noi chiede di fare lo sforzo di fidarci di Lui, di affidarci a Lui, rimanendo aperti alle opportunità che Dio può creare per noi! E sono tante, molte più di quanto possiamo immaginarci.
E infine il Salmo 119 che recita: Signore, fino a te giunga il mio grido. Dammi Intelligenza come hai promesso. La mia supplica arrivi fino a te, liberami secondo la Tua parola. Signore, sono tuo servo; dammi intelligenza perché io possa conoscere le tue testimonianze.
Quindi rimbocchiamoci le maniche e testimoniamo la resurrezione di Gesù che si esprime tutti i giorni con la certezza che ciascuno di noi può risorgere da qualsiasi momento di crisi e di avversità, scevro dai vincoli paralizzanti delle prigioni mentali. Mi permetto di ricordare che la notte oscura dell’anima fa parte del percorso spirituale in quanto è un’iniziazione, un periodo di incubazione che permette alla crisalide di trasformarsi in farfalla. È una disintegrazione capace di trasformarci, spingere più in là i nostri limiti e il nostro orizzonte conoscitivo, e rendere più chiara la nostra visione. Entriamoci, sapendo che non siamo soli e che Dio è pronto sempre a sentire il nostro grido. Swami ci ha ricordato che ce l’ha promesso, si è impegnato a darci l’Intelligenza che ci desta e che ci rende liberi.
E poi dopo la funzione nel saluto esterno, il mio amico fraterno mi ha guardato esclamando: Nunzietto, ti amo tanto! e io, inondato da quell’amore puro, ho percepito di trovarmi nel posto giusto e ho ringraziato il Cielo per questo importante re-incontro.
Annunziato Gentiluomo
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