I dialoghi, i continui cambi di registro linguistico e il modo di parlare di cibo nel corso della narrazione sono le tre caratteristiche che delineano, in modo chiaro, la scrittura di Daniele Cerra. C’è il giusto mix di ingredienti per poterlo dire un libro ben fatto che, soprattutto, fa venire voglia di leggerlo, di continuare,
I dialoghi, i continui cambi di registro linguistico e il modo di parlare di cibo nel corso della narrazione sono le tre caratteristiche che delineano, in modo chiaro, la scrittura di Daniele Cerra. C’è il giusto mix di ingredienti per poterlo dire un libro ben fatto che, soprattutto, fa venire voglia di leggerlo, di continuare, di andare pìu veloce.
“Sangu” è un romanzo d’esordio che regala al lettore l’immagine di una Calabria esotica ed esoterica, con un manciata di personaggi a cui nello scorrere della vicenda ci si affeziona.
Il cibo senza dubbio un elemento fondamentale nella narrazione, che lega il titolo – e l’immagine di copertina – al dipanarsi della trama e all’esito della storia. Ci sono piatti di pasta che rimangono in sospeso, caffè, cannoli, mojito sulla spiaggia mai realizzati, gazzosa al caffè; le patate con i funghi del ristoratore Micuzzo, che accomunano i “buoni” e i “cattivi”, e di Micuzzo infine c’è la soppressata, quella buona con la goccia, il “sangu” del titolo e della copertina.
C’è molto di autobiografico, nei racconti di una cittadina calabrese dal nome inventato ma che si specchia nella Lamezia Terme di cui Cerra è originario, e c’è sicuramente molto di autobiografico nel personaggio di Knut, non a caso il primo a essere presentato.
Knut è il norvegese arrivato alla scoperta di un posto (la Calabria, appunto) che è “Come Messico ma più vicino: sole, mare, peperoncino e pistole”, come gli aveva detto il cugino, entusiasta. Knut si avventura in un mondo totalmente diverso dal suo, e continua per tutta la durata del libro a sparigliare le carte, a essere l’elemento diverso che lascia tutti (ognuno a modo suo) spiazzati. Daniele Cerra, 38 anni, buona parte dei quali trascorsi all’estero (ora vive e lavora a Monaco di Baviera), riesce bene a descrivere il senso di spaesamento reciproco nell’incontro tra persone che appartengono a realtà quasi antitetiche, descrive gli stati d’animo, i pensieri e le azioni. Riesce però anche a cogliere, e a rendere chiare al lettore, le sorprendenti possibilità che si aprono insieme alla porta di quell’incontro. Soluzioni nuove a “problemi” o vecchi, situazioni inattese, occasioni. Come nelle riflessioni dello stesso Knut, sul finale, dopo le peripezie dalle quali è uscito vivo, acciaccato ma vivo, più che mai: “La vita cominciava quando non ti sentivi all’altezza di qualcosa, ma comunque sentivi quell’impulso irrefrenabile a buttartici a capofitto“.
Le avventure di Knut e dei suoi compagni si svolgono nello spazio poco più di settantadue ore, che sembrano infinite. Si svolgono nella luce e nel buio, nei giorni e nelle notti, per alcuni di loro senza sonno e senza soluzione di continuità, si agganciano al passato e a leggende antiche, nel cuore della terra di Calabria – non solo in senso metaforico – in una narrazione fluida, ironica, divertente, che procede a ritmo sostenuto, senza tuttavia rinunciare a qualche digressione necessaria per contestualizzare.
Bello l’azzardo di inserire nel romanzo anche un altro incontro difficile, quello tra “civili” e Rom, in cui molti lettori si potranno immedesimare. Bello il personaggio del Vicecommissario Longo, che strizza l’occhio, con una discreta dose di rivalità, a quel commissario, ben più famoso, che sta dall’altra parte dello stretto.
Sangu è uscito nel 2017, autopubblicato; si trova su Amazon e nelle librerie di Lamezia Terme.
Chiara Trompetto
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