Dal 10 settembre al 1 dicembre 2018 Torino aprirà le porte al Festival Torinodanza. Un Festival, per sua propria natura e scopo, deve saper riunire intorno a una programmazione tutti i punti che formano una linea capace di disegnare il profilo del pensiero e delle forme del contemporaneo, afferma Anna Cremonini, Direttore artistico di Torinodanza
Dal 10 settembre al 1 dicembre 2018 Torino aprirà le porte al Festival Torinodanza. Un Festival, per sua propria natura e scopo, deve saper riunire intorno a una programmazione tutti i punti che formano una linea capace di disegnare il profilo del pensiero e delle forme del contemporaneo, afferma Anna Cremonini, Direttore artistico di Torinodanza Festival. Per questo Torinodanza presenta artisti che esprimono attraverso la coreografia una ricerca sempre nuova e in costante divenire, come una lente d’ingrandimento sui grandi temi universali. Torinodanza vuole disegnare una mappa di stili, tendenze, necessità di interpretare ed esprimere forme e pensieri, immagini in movimento, musica, fascinazione e poesia. Forte della convinzione che la danza oggi costituisca uno dei linguaggi più all’avanguardia dell’arte performativa, Torinodanza vuole presentare quegli artisti che esprimono attraverso la coreografia una ricerca di espressioni sempre nuova e in costante divenire, come una lente d’ingrandimento sui grandi te mi universali della contemporaneità e conferma la propria vocazione internazionale con la presenza di artisti da tutto il mondo, al fine di offrire agli spettatori uno spaccato della migliore e più intensa coreografia contemporanea. La prima novità che apre l’edizione 2018, è l’anteprima del Festival, realizzata insieme al Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, con la presentazione della produzione canadese Betroffenheit, scritto a quattro mani dalla coreografa canadese Crystal Pite e dall’attore drammaturgo Jonathon Young, una fusione tra teatro e danza contemporanea. Contaminare la danza con il teatro, le visioni, le parole, è ormai pratica acquisita nell’arte della coreografia e il Festival si propone di seguire questo percorso di ricerca invitando gli artisti che più hanno saputo sperimentare e innovare forme e linguaggi. A partire da Sidi Larbi Cherkaoui, belga di origine marocchine che con il dittico Noetic e Icon inaugura a settembre il Festival al Teatro Regio. Prodotti da GöteborgsO perans Danskompani, i due spettacoli sono emblematici e significativi del percorso artistico di Cherkaoui, entrambi realizzati con le scenografie dell’artista visivo inglese Antony Gormley. Cherkaoui, che sarà “artista associato” del prossimo triennio del Festival, è il coreografo che forse ha saputo meglio coniugare i temi dell’identità e del multiculturalismo con un gesto universale, sofisticato ed elegante. Torinodanza vuole disegnare una mappa di stili, tendenze, necessità di interpretare idee, immagini, musica, fascinazione e poesia. Forte della convinzione che la danza oggi costituisca uno dei linguaggi più all’avanguardia dell’arte performativa, un Festival può proporsi come una galleria d’arte, in cui artisti e spettatori si interrogano sui grandi temi del nostro presente. Torinodanza è la nostra sede espositiva privilegiata in cui perdersi in un labirinto di emozioni e sentimenti. Anche per il triennio 2018-2020 il Festival conferma la propria vocazione internazionale con la presenza di artisti provenienti da tutto il mondo, al fine di offrire agli spettatori uno spaccato della migliore coreografia del nostro tempo. Altra parola d’ordine che descrive il cammino prossimo del Festival è quello delle incursioni multidisciplinari, dell’interrogarsi sulla funzione e il ruolo della rappresentazione del corpo e del gesto nella società moderna. Oggi, in una qualsiasi giornata, ognuno di noi viene colpito da messaggi di ogni forma, parole, gesti, suoni, azioni, immagini. Il mondo è di per se stesso translinguistico e multiforme: il palcoscenico può e deve intercettare la natura della comunicazione e la trasversalità della società ipertestuale. Privilegiare le forme di composizione che accolgono le istanze del mondo in trasmutazione ci sembra pertanto un atto doveroso, necessario, denso di connotazioni politiche e di rilevanza sociologica. Osservare, captare, scrivere sul palcoscenico le grandi domande che la modernità ci impone, sintetizzarle in un progetto culturale è un obiettivo che un’istituzione pubblica deve porsi per statuto e vocazione. Contaminare la danza con il teatro, le visioni, le parole, le arti visive è vitale per l’evoluzione di quest’arte: fondersi e confondersi per trovare un linguaggio capace di costruire una sensibilità più intensa è indispensabile per giungere alla significazione di un pensiero. Quest’anno la programmazione, oltre ai tradizionali spazi del Regio, Carignano, Fonderie Limone, Lavanderia a Vapore, si estende anche alle OGR – Officine Grandi Riparazioni, Astra e a uno chapiteau montato alla Reggia di Venaria, luoghi a cui corrispondono nuove sinergie di intenti con significativi partner del territorio.
Alla musica è dedicata la nuova coproduzione di Torinodanza realizzata insieme alla Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto, a MITO Settembre Musica, al Festival MilanOltre e a Les Halles de Schaerbeek di Bruxelles: Bach Project, in scena in prima assoluta al Teatro Carignano, è una serata composta dal brano Domus Aurea del giovane Diego Tortelli e dal riallestimento del celebre pezzo del 1990, Sarabande di Jiří Kylián. Alla forza visionaria delle immagini riferisce invece l’opera di Dimitris Papaioannou, The Great Tamer (Il grande Domatore). Noto al grande pubblico per aver curato la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Atene nel 2004, Papaioannou proviene dalla pratica pittorica. I suoi spettacoli compongono quadri viventi, rievocazioni emotive che trasportano gli spettatori in un’esperienza sensoriale unica. Per approfondire la conoscenza e la personalità dell’autore greco, è programmata negli spazi delle OGR la video-installazione Inside. Alla pura potenza dei sentimenti si ispira la danza di Sharon Eyal, coreografa israeliana proveniente dalle file della Batsheva Dance Company. I temi dell’amore impossibile, dello spaesamento esistenziale sottendono alla creazione dei due spettacoli in scena a Torino, OCD Love e Love Chapter 2. Al viaggio e all’esilio si riferisce Salia Sanou, coreografo del Burkina Faso, nel suo Du Désir d’Horizon, un racconto sull’epopea delle migrazioni in cui l’orizzonte è il futuro, la speranza che non deve cedere di fronte a paura e avversità. Alle note struggenti del Requiem di Mozart, riscritto dal compositore Fabrizio Cassol per un ensemble di musicisti africani si affida Alain Platel con Requiem pour L. che costruisce una scrittura scenica che si nutre di suoni note, gesti e volti.
Un Festival si può raccontare anche attraverso la differenza an agrafica degli artisti che vi prendono parte: l’incontro tra generazioni diverse si compie attraverso l’esperienza di ciascuno ed i rimandi espressivi che compongono il dizionario della coreografia contemporanea. Presentare i Maestri significa riferire agli Allievi. Privilegiare i linguaggi contemporanei significa aver elaborato la tradizione. Torinodanza include tutto questo: maestri come Alain Platel; giovani ormai affermati come Sidi Larbi Cherkaoui, Michele Di Stefano e Dave St-Pierre; talenti emergenti come Marco D’Agostin, rivelazioni come Papaioannou o Sharon Eyal. Un percorso di storie che ampliano le possibilità di intercettare e avvicinare spettatori di ogni età, formazione, interesse. In questa cornice si collocano gli spettacoli Néant di Dave St-Pierre, ex enfant prodige del Québec, che a seguito di una grave malattia po rta in scena il proprio corpo ferito, e anche Tango Glaciale reloaded, la ricostruzione della regia del 1982 che segnò l’affermarsi di Mario Martone come artista di punta della post avanguardia italiana. In questo caso la trasmissione generazionale è parte dell’opera zione che, non a caso, nasce all’interno del progetto RIC.CI ideato da Marinella Guatterini così come la ripresa di Erodiade Fame di vento di Julie Ann Anzillotti, un’opera del 1993 con scenografie di Alighiero Boetti.
Un capitolo a parte merita “Vertigine”, tempo forte del progetto Alcotra/Corpo Links Cluster che costituisce la sintesi di un anno di lavoro nei territori di montagna tra Torino e Chambery. Quest’anno sono tre gli artisti coinvolti: la danzatrice/acrobata francese Chloé Moglia, i coreografi italiani Michele Di Stefano con la sua compagnia mk e il giovane Marco D’Agostin che dopo aver condotto residenze, laboratori e performance nelle valli di Susa e del Chisone portano al Festival i risultati del loro lavoro. Torinodanza è anche partner del progetto Bruxelles en piste, promosso dal Ministero belga Promotion de Bruxelles auprès du gouvernement de la Fédération Wallonie-Bruxelles e da Les Halles de Schaerbeek coordinato da Piemonte dal Vivo e presenterà, in uno chapiteau montato nella Reggia di Venaria Famille Choisie della Compagnia Carré Curieux e al Teatro Astra La Vrille du chat del gruppo Back Pocket. Un’edizione che proporrà anche quest’anno uno spaccato della danza europea e non solo, un festival che si realizza grazie al Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e a tutti i nostri sostenitori, a partire da Compagnia di San Paolo, dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, da Regione Piemonte, dalla Città di Torino, dalla Fondazione per la Cultura Torino, con il partenariato di Intesa San Paolo. Un’edizione che vede la collaborazione di realtà vive nel territorio, come Piemonte dal Vivo/Lavanderia a Vapore e Mosaico Danza/Festival Interplay, MITO.
Redazione ArtInMovimento Magazine
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