Riprendiamo le nostre interviste che cercano di far conoscere meglio ai nostri lettori i diversi ambiti dell’arte e della cultura. Oggi si parlerà, attraverso il nostro interlocutore, di danza. Abbiamo intervistato Matteo Gentiluomo, un giovane ballerino di 27 anni, nato e cresciuto a Messina. Da buon siciliano gli piace mangiare, ma ama cucinare specialmente per
Riprendiamo le nostre interviste che cercano di far conoscere meglio ai nostri lettori i diversi ambiti dell’arte e della cultura. Oggi si parlerà, attraverso il nostro interlocutore, di danza.
Abbiamo intervistato Matteo Gentiluomo, un giovane ballerino di 27 anni, nato e cresciuto a Messina. Da buon siciliano gli piace mangiare, ma ama cucinare specialmente per gli altri. Spesso però la mancanza di tempo glielo impedisce e ogni volta si trova a impegnarsi per ritagliarsi il giusto spazio per farlo. Gli piace stare a contatto con le persone, ridere, scherzare, passeggiare. Nella vita ha una grande passione: la danza e ogni giorno cerca di porre un tassello in più affinché possa diventare stabilmente il suo lavoro. Vediamo cos’altro ci racconta.
Come e quando è iniziata la tua passione per la danza?
La mia passione per la danza è iniziata piuttosto tardi, avevo 15 anni, quasi 16. Mia sorella, che aveva studiato danza, ha provato più volte a convincermi, ma io non ero interessato. C’è da dire che ero abbastanza in sovrappeso. Un giorno, era gennaio, Angela, la mia vicina di casa e una delle mie più grandi amiche, mi chiese se volessi provare una lezione di Hip Hop presso la scuola della sua insegnante Mariangela Bonanno di recente apertura. Risposi subito di sì, probabilmente perché avevo iniziato a vedere qualche puntata del serale di “Amici”, o forse perché, in fondo, mi piaceva ma non lo capivo. Ho frequentato costantemente il corso e partecipai anche al saggio di fine anno, “là dove nascono i sogni” , ispirato al film I.A., dove ebbi anche una piccola parte. Frequentando solo un corso di danza eseguii soltanto una coreografia, ma io volevo ballare di più e quindi l’anno seguente mi iscrissi anche ai corsi di danza jazz e contemporaneo e negli anni successivi anche ai corsi di danza classica, flamenco e tango argentino.
Quando hai saputo che sarebbe diventata la tua professione?
Ogni giorno cerco di depositare un mattoncino in più, allenandomi e studiando costantemente, provo ad abbracciare i vari progetti che mi vengono proposti. Sicuramente c’è un episodio che mi ha convinto a lottare per realizzare il mio sogno. Dopo il mio secondo anno di danza, avevo 17 anni quasi 18, Mariangela mi fece partecipare a uno stage di danza organizzato nella mia città. In quell’occasione ho avuto il piacere di seguire le lezioni di Bernard Estrabaut. Mi piacevano tantissimo, anche perché riuscivo a far emergere una mia parte espressiva. Lui un giorno, mentre mi correggeva l’esecuzione di un esercizio, mi disse: “Maybe you became a dancer”, ed io avendo molta stima di me risposi: “Sì, vabbè!”, come per dire, “ma cosa sta dicendo”. L’eco di quelle parole mi accompagna costantemente.
Parlando della tua carriera, quali sono stati gli incontri più significativi che hanno fatto fare un “salto quantico” a Matteo?
Ho incontrato tantissime persone in questi anni che hanno permesso la crescita di Matteo. In primis, devo ringraziare le mie insegnanti di Messina Mariangela Bonanno, Giorgia di Giovanni, Alice Rella ed Emanuela Contarini; i miei insegnanti di Roma Tuccio Rigano, Antonella Gheno e Ivana Gattei. A livello lavorativo sicuramente un incontro importante è stato quello con Micha Van Hoecke, ballerino di Maurice Béjart, direttore della Scuola Mudra, fondatore della Scuola – atelier Rudra ed ex direttore del corpo di ballo del teatro dell’opera di Roma. Ho avuto il piacere di fare con lui due produzioni proprio nel teatro della mia città, “Comme un souvenir” e “Pastorale” in collaborazione col Teatro Nazionale di Belgrado.
La mia audizione con lui è stata piuttosto particolare. Egli fece delle lunghe selezioni per scegliere i miei colleghi, selezioni che non ho potuto fare perché in quel periodo lavoravo con una compagnia in provincia di Perugia. Tornato a Messina chiesi di essere visionato. Dopo la lezione di tecnica classica, mi chiese se avessi un pezzo da mostrargli, io risposi di no, ma comunque potevo improvvisare. Improvvisai senza musica, ovviamente non avevo passi certi da eseguire essendo un’improvvisazione, ma avevo un concetto ben chiaro in testa. Finita la mia improvvisazione Micha Van Hoecke mi disse : “è molto sensibile ciò che fai, inizi a lavorare alle 15”. Ero pieno di gioia, non me l’aspettavo.
Cosa puoi dirci su progetto di PASOLINI contemporary glance e Carmen?
Sì, attualmente sto lavorando a queste due produzioni e non solo. Sicuramente sono due approcci differenti e anche la mia collazione professionale è diversa. In “Carmen”, con la regia di Valentina Carrasco, ho un contratto da mimo, e in quest’opera prevarranno maggiormente le mie doti interpretativo-recitative: è una produzione molto grande che verrà rappresentata tra fine giugno e i primi di agosto alle Terme di Caracalla. In scena ci saranno, oltre a noi mimi, anche il corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma, ovviamente il coro del Teatro e il coro di voci bianche. Non posso divulgare altre notizie perché è ancora un work in progress.
Pasolini contemporary glance é firmato dal coreografo Francesco Asselta col quale ho iniziato la collaborazione da fine marzo. È un progetto che ho abbracciato molto volentieri, non solo a livello artistico, ma anche manageriale perché cerco di aiutare il coreografo nella promozione e nella circuitazione dello spettacolo. Parlando della piéce tocchiamo vari momenti della vita di Pasolini: ci sono dei richiami ad alcuni suoi film o ad alcuni suoi scritti. Io interpreto la figura del potente, personaggio che, grazie ai soldi, riesce in un certo senso ad avere il controllo sulla società.
Se dovessi riassumere in poche parole com’è oggi il mondo della danza in Italia cosa diresti? Trovi ci siano grandi differenze all’estero? E dove precisamente?
Diciamo che la danza in Italia sta attraversando un periodo molto difficile, i corpi di ballo degli enti lirici chiudono, i finanziamenti sono sempre più bassi, ci sono pochi lavori e spesso non pagati. Proprio in Italia dove abbiamo avuto grandi esponenti, tutto è in decadimento. Le piccole realtà sopravvivono a stento, autofinanziandosi, ma fino a quando? Spero che presto, sia per la mia generazione che per le generazioni future, ci sia un reinvestimento nella danza. Molti miei colleghi, per tutte queste ragioni, migrano in altri paesi dove la danza ha una considerazione maggiore, come la Germania, l’Olanda, gli USA. In queste nazioni i teatri investono sulla danza: i cartelloni sono pieni di spettacoli. Io, sinceramente, non mi sono mai proiettato mentalmente oltre i nostri confini, forse per varie vicissitudini familiari o forse perché ho semplicemente bisogno di rifletterci di più rispetto agli altri. Di sicuro non mi manca lo spirito di adattamento. Qualche anno fa mi dissero che la Spagna sarebbe stato un luogo adatto per la mia tipologia di danzatore… Chissà, forse un giorno.
Il Sud e la danza… per lavorare hai dovuto lasciare la tua terra, no?
Al Sud la danza ha una grande considerazione. Tanti ragazzi studiano danza e dalla Sicilia come dalla Campania emergono tanti talenti. Esistono molte scuole di danza perché la richiesta è decisamente elevata. Purtroppo però non tutte queste strutture hanno spazi adeguati e cosa peggiore lo staff insegnanti, spesso, non è preparato. Molti ragazzi pensano che basta qualche anno di studio all’interno di una scuola privata per essere considerati professionisti e hanno la presunzione che si è in grado di insegnare senza aver mai guardato oltre il proprio naso. Ovviamente questa non è una situazione che si verifica solo al Sud, ma probabilmente vi sono molti più casi. Forse ciò è dovuto a una cattiva informazione. Per quanto riguarda le compagnie di danza in Sicilia oltre al Teatro Massimo di Palermo e alla Compagnia Zappalà Danza, ci sono tante piccole realtà soprattutto a Catania e Palermo, ma anche a Messina, che ovviamente sono autofinanziate e quindi purtroppo non riescono a garantire prove pagate e, a volte, neanche gli spettacoli. Io ho avuto la fortuna di aver avuto un contratto di lavoro all’interno del Teatro di Messina con la direzione di Micha van Hoecke e poi ho abbracciato al Teatro Bellini di Catania un progetto per le scuole: organizzavamo dei matineè per far avvicinare bambini e ragazzi al mondo della danza e del teatro in generale. Dopodiché anche io mi sono spostato in cerca di qualcosa di più stabile.
Quanto i talent show, come Amici di Maria de Filippi, stanno influenzando, secondo te, la percezione del ballo?
Sicuramente i talent hanno fatto avvicinare molti giovani al mondo artistico, certo però che spesso passa un messaggio sbagliato,: non bastano, infatti, un bel viso un bel corpo per fare un danzatore. Il danzatore si costruisce ogni giorno studiando in sala mettendosi alla prova, cercando di superare i propri limiti, lavorando anche sulla stanchezza. Vedo molti miei coetanei che, pur avendo la possibilità di studiare quotidianamente, non lo fanno; poi dopo un mese tornano in sala e il giorno dopo sono pieni di dolori e si fermano per un altro mese. Questo ovviamente è sbagliato! Serve costanza come in ogni arte, in ogni mestiere.
Se avessi la bacchetta magica e potessi scegliere tre coreografi, tre opere e tre teatri in cui vorresti poter esprimere la tua arte, quali segnaleresti?
Mi cogli un po’ alla sprovvista… La mia brama di conoscenza mi porta a dire che bisogna imparare da tutti perché ognuno ha qualcosa da darti. A parte questo mi piacerebbe interpretare le coreografie di Jiri Kylian, Pina Baush e Mia Michaels perché le loro creazioni sono cariche di emozioni. Per quanto riguarda le opere, essendo un danzatore più proiettato nel contemporaneo, preferisco affrontare temi che magari possono avere un riscontro con la vita di tutti i giorni. Amo i grandi balletti classici: infatti, quando posso, vado a vederli, ma avendo una formazione differente, quei repertori li lascio fare ai grandi ballerini classici. Puntualizzo, tornando al discorso precedente, che cerco di studiare danza classica tutti i giorni.
Per quanto riguarda i teatri, in Italia ne abbiamo di meravigliosi e ricchi di storia e tutti meritano di essere sfruttati al meglio, cosa che purtroppo non accade. Io ho avuto la fortuna di esibirmi nel Teatro greco di Taormina, nel Teatro Bellini di Catania, nel Teatro dell’Opera di Roma e presto salirò anche sul palco delle Terme di Caracalla.
I tuoi prossimi progetti?
I miei progetti futuri? Forse è presto per pronunciarmi, vista la situazione italiana. Sicuramente continuerò la mia collaborazione con Francesco Asselta dal momento che cerco di occuparmi anche della promozione e circuitazione degli spettacoli. Ormai sto al telefono più con lui che con mia madre.
Spero di continuare a lavorare al Teatro dell’Opera di Roma in future produzioni.
Altri accordi che sto stringendo, ma di cui ancora non posso parlare perché sono in fase di definizione, sono col registra Emiliano Russo per uno spettacolo di teatro danza nel 2018, e, sempre nel 2018, con la compagnia MarvanDanza diretta dalla mia insegnante Mariangela Bonanno che per me è come una seconda mamma. Non vedo l’ora di iniziare le prove…
Annunziato Gentiluomo
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