Ieri sera la quinta e ultima replica de The Rake’s Progress (La carriera di un libertino) di Igor Stravinskij, in scena dal 10 giugno presso il Teatro Regio di Torino. Una lettura brillante, travolgente e imprevedibile quella di Gianandrea Noseda, per la regia dello scozzese David McVicar, affascinato dal connubio fra tradizione e trasgressione che la storia del
Ieri sera la quinta e ultima replica de The Rake’s Progress (La carriera di un libertino) di Igor Stravinskij, in scena dal 10 giugno presso il Teatro Regio di Torino.
Una lettura brillante, travolgente e imprevedibile quella di Gianandrea Noseda, per la regia dello scozzese David McVicar, affascinato dal connubio fra tradizione e trasgressione che la storia del libertino propone.
L’ambientazione? Settecentesca come pensata da Stravinskij, ma rivisitata in modo originale. Un The Rake’s Progress coloratissimo con dei costumi e delle parrucche veramente impressionanti firmati da John Macfarlane, anche curatore delle magnetiche scene sempre caratterizzate da simboli di morte, come leit-motiv della produzione. Le luci di David Finn arricchiscono in sensualità e pathos l’opera, teatralizzando profondamente l’allestimento curato nel dettaglio. Scelte forti in termini di messaggio veicolato, che portano le coriste a dotarsi, nella seconda scena, di dildi enormi e a simulazioni evidenti di amplessi in scena.
In modo incalzante vengono presentati i temi fondamentali dell’opera: piacere, lussuria, libertinaggio, anarchia, bellezza, ricchezza, frodi, truffe, fallimenti e amore, ma tutto sembra estremizzarsi per rendere ancora più evidente la caducità della vita e l’illusione. Nel finale i protagonisti cantano, presentando morale, la pazzia degli uomini – “son pazzi tutti quanti, quel che fanno o dicono è teatro”, invitano alla responsabilità e a non delegare agli altri il proprio destino, a cercare di essere obiettivi e consapevoli dei propri limiti, e sostengono a gran voce che “per mani e cuori ed intelletti oziosi, sa il diavolo trovar qualche lavoro”.
Un cast all’altezza di un siffatto e ben assortito mix, in cui si distinguono la plasticità e la versatilità del tenore italo-americano Leonardo Capalbo (Tom Rakewell); il fascino e la dolce voce del soprano australiano Danielle de Niese (Anne Trulove); e la potenza e la verve teatrale del baritono danese Bo Skovhus (Nick Shadow).
Un plauso alla performance attenta e divertita del coro del Teatro Regio diretto da Claudio Fenoglio e alla particolare bellezza di alcune aree dell’opera.
Non posso che allinearmi alla critica internazionale che ha giudicato magistrale il risultato di questo allestimento, capace di mettere in evidenza gli aspetti brillanti e irriverenti dell’opera di Stravinskij con humor decisamente british.
Una magnifica chiosa per una stagione ricca di significative produzioni.
Annunziato Gentiluomo
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