La Medicina narrativa risponde all’esigenza di prendersi cura del paziente e non soltanto della sua malattia. Esigenza quanto mai attuale, se si considera che molto spesso le diagnosi errate sono causate proprio dalla mancanza o dalla difficoltà di comunicazione tra paziente e medico. Se ne è parlato al Congresso Nazionale dell’AME (Associazione Medici Endocrinologi) nel
La Medicina narrativa risponde all’esigenza di prendersi cura del paziente e non soltanto della sua malattia. Esigenza quanto mai attuale, se si considera che molto spesso le diagnosi errate sono causate proprio dalla mancanza o dalla difficoltà di comunicazione tra paziente e medico. Se ne è parlato al Congresso Nazionale dell’AME (Associazione Medici Endocrinologi) nel novembre scorso a Roma. Ma di che cosa si tratta esattamente?
Spiega Vincenzo Toscano, presidente dell’AME: “Nelle linee guida che la comunità medico scientifica segue quale indirizzo per le proprie scelte cliniche, si parla di malattia ma non dei malati. La medicina narrativa cerca di vedere la persona e la sua malattia nel loro insieme perché entrambe vanno curate: per questo abbiamo dedicato l’apertura del nostro congresso nazionale alla medicina narrativa”. Toscano fa notare che nel 70% dei casi il medico interrompe il racconto del paziente su sintomi e malattia dopo circa 18 secondi, e quindi non stupisce che questo mancato ascolto del paziente sia la causa di molte diagnosi errate. Certamente non è un caso che si senta diffusamente l’esigenza di una migliore comunicazione in tal senso e certamente “la medicina narrativa è uno strumento che rende possibile il passaggio dal curare al prendersi cura e aiuta il medico a focalizzarsi sulle informazioni utili per una corretta diagnosi”.
“La figura del medico ha subito negli ultimi decenni del secolo scorso un profondo cambiamento”, continua Marco Attard, Unità Operativa di Endocrinologia Ospedale Cervello di Palermo, “tecnica e tecnicismi esasperati hanno modificato l’anima della nostra professione. Le attenzioni sono state sempre più indirizzate agli esami di laboratorio e a quelli strumentali; l’obiettivo dichiarato era quello dell’efficienza e della produttività. L’opera del medico è stata quindi rivolta alla malattia e non alla persona. Alla fine degli anni ’90, da un’analisi critica del fenomeno è scaturito il ripensamento della figura del medico e la nascita della Narrative Based Medicine (NBM). La medicina narrativa rimette il paziente al centro dell’operato del medico; è una nuova opportunità che ha le fondamenta in antiche saggezze: il medico deve restare il primo farmaco per il paziente”.
Crisitna Cenci, antropologa del Center for Digital Health Humanities, spiega la particolare importanza del rapporto medico-paziente, soprattutto nelle malattie croniche, “per garantire un processo decisionale condiviso tra il medico e il paziente che abbia come obiettivo la cura della persona a 360°. La medicina narrativa integra la medicina basata sulle prove di efficacia (EBM) con le esperienze, il vissuto e le aspettative del paziente per favorire un percorso di cura personalizzato e condiviso a partire da tutte le opzioni terapeutiche disponibili“. L’approccio narrativo risulta quindi fondamentale per favorire la cosiddetta aderenza terapeutica. L’approccio prevalente la percorso di cura è ancora oggi quello gerarchico. L’obiettivo della medicina narrativa è invece “favorire il passaggio dall’aderenza a una prescrizione, all’aderenza a una storia di cura condivisa. Le nuove tecnologie digitali, più che rafforzare la spersonalizzazione, possono, al contrario, favorire lo scambio narrativo tra medico e paziente, mitigando il paradigma gerarchico”.
Michela Armigliato, Unità Operativa di Endocrinologia e Reumatologia dell’ ULSS 18 di Rovigo, spiega che la medicina narrativa ha tre accezioni differenti, sia come percorso assistenziale, sia come strumento per acquisire consapevolezza e di autocura. La medicina narrativa “è uno strumento democratico che deve far parte del bagaglio culturale di tutto il personale coinvolto nel processo di salute: medici, pazienti, care givers, professioni sanitarie, direttori sanitari e cittadini“. L’endocrinologa auspica che la medicina narrativa “venga inserita nei programmi di formazione universitaria del medico in quanto aiuta a sviluppare capacità di riflessione, speciali competenze comunicative e l’empatia necessaria per avviare una relazione di cura attraverso l’ascolto attivo del paziente“.
“Un’ampliamento della medicina narrativa è la medicina espressiva“, aggiunge Simonetta Marucci, endocrinologa del Servizio per i Disturbi del Comportamento alimentare, USL Umbria 1, Todi. Nella medicina espressiva “la narrazione del paziente arriva a essere arte, attraverso pittura, musica, fotografia, poesia, ecc., nel tentativo di conoscere al meglio il paziente e aiutarlo a ricostruire la sua personalità“. Da anni la Dott.ssa Marucci gestisce, nel centro dei disturbi del comportamento alimentare a Todi, un laboratorio di poesia Haiku. L’Haiku è una particolare poesia breve (17 sillabe in tre versi) di origine giapponese, che si caratterizza con le metafore legate alla natura, attraverso le quali si possono aiutare i pazienti a vincere la solitudine, facilitando da un lato l’espressione dei sentimenti e dall’altro la condivisione degli stessi e del proprio vissuto. Da questa esperienza è nato addirittura un libro dal titolo ” Haiku nei disturbi del comportamento alimentare”, edito da Sì, il cui ricavato aiuta le associazioni dei pazienti Mi fido di te e Girasole.
Renato Giordano, medico e regista, spiega che “Comunicare con i pazienti nel modo più convincente e al tempo stesso ripararsi dal burnout è molto importante“. Molto utile in questo senso è il teatro che, come sosteneva il regista francese Jean Luis Barrault i “è la prima medicina che l’uomo ha inventato per proteggersi dalla malattia”, ed è diventato vero e proprio strumento di cura attraverso la Theatrical Based Medicine.
Conclude Alessandro Cecchi Paone, a cui era affidata la conduzione della sessione: “La medicina narrativa, intesa come raccolta di casi clinici di medici più o meno famosi, costituisce una parte non secondaria della storia della letteratura di tutti i tempi, sia che privilegi la componente scientifica di condivisione di esperienze professionali significative, sia che sia assurta a dignità letteraria autonoma, vera e propria. Scarsissimo invece il repertorio dei racconti delle malattie da parte dei pazienti. Una carenza grave, perché il punto di vista e il vissuto di chi chiede assistenza e cura sono essenziali per garantire meglio l’alleanza fra medico e malato, e rendere più efficace l’adesione al percorso terapeutico. E non solo per motivi psicologici, emotivi e motivazionali. Per questo trovo più che positivo il processo di attenzione focalizzato su una forma di comunicazione, magari mediata dagli strumenti digitali, che integra il poco tempo disponibile per la relazione interpersonale ambulatoriale”.
Redazione ArtInMovimento Magazine
[Immagine di copertina: giornaledellepmi.it]
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