Per entrare al Teatro Argot devi passare per Trastevere. Capita allora che, tra turisti e differenti voci distese in un caldo sabato sera delle famose giornate di ottobre romane, i bambini alle nove di sera usando come porte i banchi del nuovo o mercato, giocano ancora a calcio a piazza San Cosimato. Spesso tra loro
Per entrare al Teatro Argot devi passare per Trastevere. Capita allora che, tra turisti e differenti voci distese in un caldo sabato sera delle famose giornate di ottobre romane, i bambini alle nove di sera usando come porte i banchi del nuovo o mercato, giocano ancora a calcio a piazza San Cosimato. Spesso tra loro in porta un po’ increduli capita di trovare il campione del mondo Dino Zoff che con le sue mani enormi para tutto e non lesina particolari nel raccontare che la sera della vittoria in Spagna, nell’Ottantadue ritornava col magazziniere nel fiorino seduto dietro. Lì in un portone sta l’Argot. E magari fuori dai locali incontri Ernesto Mayeux con cui si dà vita a un dialogo quasi surreale. Buonasera, maestro! lo fermi tu. Scusi, ma non ricordo risponde con grande gentilezza. E tu ribatti Ma non abbiamo mai avuto il piacere. Allora, contento, dice: Ah, capisco. Vienimi a trovare al Teatro Eliseo dal tredici dicembre. E sì proprio il giorno di Santa Lucia.
Sabato 22 ottobre è stata la festa del teatro ed entrando nel portone di via Natale del Grande si respirava sapore di casa. Dopo lo spettacolo, infatti, bisognava tenere a bada l’entusiasmo e la voce perché alle undici la gente desidera dorme.
La performance inizia nel foyer con Matteo Quinzi che ci offre uno spritz. Poi escono tutti gli altri attori che con un breve siparietto ci fanno entrare in sala.
La disposizione della sala è alquanto insolita. Degli sgabelli disposti in forma circolare e un dj con un vero e proprio set (fatto di piatti campionatori loop) per far ballare la propria platea come se si entrasse in una serata di un I LOVE TECNO o una festa HOUSE con uno Sven Vat o un Carl Cox trasteverino.
Aprea (il dj) detta i tempi e ritmi della danza nonostante l’impianto si sia rotto e il sound sia stato sostituito da pochissimo. Lo spettacolo è una festa e gli attori, dotati tutti di talento e tecnica, sono liberi e liberati, quindi giocano.
Un gruppo bene affiatato che da anni lavora insieme con Arcangelo Iannace nel ruolo di Alceste che nella propria performance mostra il suo sangue e la sua anima strepitosamente. Detta i tempi, coadiuvato da Vanessa Scalera (Celimene), e insinua il dubbio per una pièce Il Misantropo di Moliere che è la perfetta trasposizione ai giorni nostri, di quello che il commediografo ha ideato e portato in scena per smascherare l’ipocrisia della nobiltà francese.
Quando alla fine Alcesti, dopo essere stato tradito dice ma esiste un luogo dove si può essere ancora uomini?, l’aria del teatro si ferma, rimane rarefatta da una pausa precedente lunga, bella piena come non se ne vedono ormai.
Come dice Szymborka la poesia arriva volando. Uscendo da teatro ci si sente ricchi, gioiosi.
Bellissima festa del teatro, un teatro giovane, danzato, ricco di gioco e di improvvisazione amalgamati a un grande rigore. La scena di Francesco Ghisu presenta una sorta di installazione con una persona seduta come se fosse appesa a fare da osservatrice dell’azione.
Il regista Francesco Frangipane, che cura anche l’adattamento dell’opera, dichiara di non concentrare il suo lavoro sulle battute ma sul trovare insieme ad ognuno il mondo interiore proprio per arrivare alla scena in modo autentico e individuale. Questo principio di direzione vince su tutto, anche su un pubblico che è catapultato quasi come un protagonista in scena. Non troviamo un caso che Frangipane (direttore insieme a Tiziano Panici del Teatro Argot Studio) stia lavorando come aiuto regista con un maestro del cinema quale Marco Risi per una serie sul dopo terremoto a L’Aquila.
ER
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