Senza più neanche la capacità di dire qualcosa, assistiamo all’ennesima mattanza di persone uccise per ciò che sono. Nel battage continuo di notizie che sgomentano, dal messaggio disperato di un ragazzo che, consapevole della fine imminente, scrive alla madre, ai proclami del padre del vile assassino, facciamo fatica a dire “basta, non ne posso più”.
Senza più neanche la capacità di dire qualcosa, assistiamo all’ennesima mattanza di persone uccise per ciò che sono.
Nel battage continuo di notizie che sgomentano, dal messaggio disperato di un ragazzo che, consapevole della fine imminente, scrive alla madre, ai proclami del padre del vile assassino, facciamo fatica a dire “basta, non ne posso più”. Diventa una nausea immonda lo stato d’animo di oggi, perché della radiografia del killer non voglio sapere, non voglio che si dedichi tempo a sciorinare quanti mesi di matrimonio violento abbia imposto alla moglie, da quale TV privata tuoneggi il padre, non voglio vedere il faccione di Trump che cerca chi incolpare, non sopporto Obama che si crogiola nel fallimento della sua azione contro la liberalizzazione delle armi.
Da una parte del mondo l’Isis festeggia, rivendica, da un’altra si parla di gay e lesbiche, in mezzo sempre e solo vite spezzate, nella più grande sparatoria di massa che gli Stati Uniti abbiano mai subito (non dubitate, in rete potrete trovare la classifica).
Intanto c’è un fanatico violento che ha con agio acquistato un’arma e per ragioni che si fatica a capire c’è un candidato alla presidenza che non collega le armi ai crimini con le armi, ma che, nella più hollywoodiana delle abitudini americane, sale su un pulpito, guarda in camera e cerca in un sol discorso di spaventarti e dirti di chi è la colpa.
L’odio prende forma, diventa consistente, da astratta si fa materia rovente, di piombo, di sangue, di disperazione e morte. Esseri umani incapaci di convivere con ciò che non approvano, o conoscono, schiacciati da una frustrazione tale che diventa malattia, la cui unica cura è togliere di mezzo, via, via, via, come se il tasto erase fosse l’unico capace di riportare la serenità.
Per favore, non chiamateli musulmani, non chiamateli gay, non chiamatele lesbiche. Recuperiamo il coraggio di dividerci in esseri umani buoni e cattivi, dove il cattivo è quello che uccide brandendo un fucile contro persone inermi. E uccidere non ha mai un motivo valido.
Mai.
Elena Miglietti
Vice direttore ArtInMovimento Magazine
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