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TRIORA, la Salem d’Italia

Incantesimi, formule magiche, pozioni segrete, sono questi gli argomenti che vengono tirati in ballo quando si parla di Inquisizione alle streghe, ma quasi sempre la leggenda si allontana molto dalla realtà, in questo caso legata alla storia. Storia di un borgo ligure, storia di donne accusate di praticare la magia contro la collettività e di

triora_panorama_03Incantesimi, formule magiche, pozioni segrete, sono questi gli argomenti che vengono tirati in ballo quando si parla di Inquisizione alle streghe, ma quasi sempre la leggenda si allontana molto dalla realtà, in questo caso legata alla storia. Storia di un borgo ligure, storia di donne accusate di praticare la magia contro la collettività e di adorare il Diavolo per trarne beneficio. Donne di Triora, esperte di erbe e miscele naturali, per questo motivo donne bagiuè, nel dialetto ligure streghe.
Uno dei borghi millenari più belli del nostro Paese, Triora è noto per il grande processo di stregoneria, compiuto dal 1587 al 1589, anni in cui Triora fu vittima di una gravissima carestia, che portò la popolazione sull’orlo della morte collettiva. Tale processo è ritenuto il più crudele di tutta la storia d’Italia, fu il punto culminante dell’Inquisizione e causò reazioni anche in altri borghi liguri e italici. L’unico processo paragonabile come ferocità a quello di Loudun in Francia e Salem in America.
In un clima di arretratezza e superstizione, l’associazione tra streghe e demonio trovò terreno fertile e alcune donne locali vennero accusate di evocare l’azione del diavolo e di essere le artefici, quindi, delle continue pestilenze, della carestia, delle piogge acide, dell’uccisione di bestiame e di infanticidio.
A Triora, l’occulto, l’esoterico è di casa. Simbolo della città è il Cerbero, il cane a tre teste che nella tradizione medievale è a guardia degli Inferi, del regno dei morti.
All’epoca, Triora era un borgo fortificato al centro di intensi traffici commerciali tra il Piemonte, la costa e la Francia. Dipendeva da Genova politicamente, e ne era podesteria, difesa da cinque fortezze al cui interno era di stanza una guarnigione di soldati della Repubblica.
Nell’ottobre del 1587 il Parlamento locale, durante una seduta, con l’appoggio del Consiglio degli Anziani, formato da proprietari terrieri, e del Podestà forestiero Stefano Carrega, stanziò cinquecento scudi per imbastire il processo. Giunse sul luogo, anche, l’Autorità ecclesiastica, rappresentata dal vicario dell’Inquisitore di Genova e dal vicario dell’Inquisitore di Albenga, Gerolamo Del Pozzo che sosteneva la presenza del maligno. La prassi del tempo consisteva nel celebrare messa nella chiesa parrocchiale, la Chiesa della Collegiata, invitando il popolo alla delazione.
Il terrore e la paura si impadronì delle coscienze degli abitanti di Triora. Iniziò così, una vera e propria “caccia alla strega” e, in breve tempo, furono denunciate e processate ben venti sospette streghe, abitanti il quartiere di Ca Botina, la zona fuori le mura più povera di tutto il paese, poi altre trenta. Di queste, 13 donne, 4 ragazze e 1 ragazzo rei confessi.
L’Inquisizione aveva un metodo preciso e tutte le nozioni per trovare, catturare e torturare presunte streghe erano contenute in un libro, il Malleus Maleficarum pubblicato nel 1497. Tutte le donne accusate di stregoneria venivano torturate fino alla confessione. I metodi di tortura, erano molti, tra i quali, il cavalletto, l’argano, la ruota.
Triora_BorgosanoFecero carceri da case private confiscandole e la più famosa fu chiamata Casa del Meggio, oggi nominata Cà de baggiure (casa delle streghe). Delazioni, odi e invidie personali dilagavano mettendo sullo stesso piano nobildonne e prostitute. Dunque, il Consiglio degli Anziani, rappresentante di famiglie più altolocate del borgo, chiese l’intervento ragguagliando chi di dovere dei metodi eccessivamente duri utilizzati da Del Pozzo e dal suo assistente dell’Inquisizione. Iniziò tramite missive un rapporto epistolare fino a quando il Doge e i governatori genovesi risposero sollecitando il vescovo di Albenga a fare luce sui fatti denunciati dagli Anziani di Triora. Il vescovo, Luca Fieschi, inviò a Genova una lettera a lui recapitata alcuni giorni prima da Del Pozzo nella quale il vicario giustificava il proprio operato, si discolpava dalle accuse di tortura eccessiva e ingiusta mosse dal Consiglio e il gesto di una donna che tentò di scappare dalle carceri, gettandosi dalla finestra, fu spiegato come atto del diavolo:

…una notte, poco doppo che fu presa, tentata dal diavolo si procurò la fuga con guastare una sua veste che aveva indosso e accomodarla a guida di benda, ma non essendole riuscito il disegno, cascò subito che fu fuori dalla finestra et essendosi stropiata con pericolo di vitta, confessò subito tutto e chiedendo misericordia a Dio sen’è poi morta ultimamente confessa et per quanto si poteva scorgere contrita

Il vicario, poi, concludeva la sua lettera promettendo di non avviare ulteriori processi contro streghe e di limitarsi a portare a conclusione quelli avviati fino a quel momento. I due vicari partirono da Triora, senza però liberare dalla prigionia tutte le streghe arrestate.
Giunse a Triora, mandato da Genova, il commissario speciale Giulio Scribani, già Pretore a San Romolo, paese dell’entroterra di San Remo. Scribani per prima cosa inviò nelle carceri genovesi tredici donne e il solo uomo che giacevano nelle prigioni trioresi al suo arrivo. Delle tredici donne inviate da Triora nel giugno 1588, tre erano morte e le altre erano state rimandate a casa, mentre, delle cinque donne condannate a morte, due erano decedute. Nei mesi successivi Scribani imperversò in tutta la zona aprendo nuovi casi e facendo morire donne innocenti. Il Doge iniziò a nutrire i primi dubbi sull’operato del commissario. Perplessità, queste, che sfociarono in una richiesta a Scribani di attenersi alle confessioni e soprattutto di provarne la veridicità con riscontri reali e plausibili. Questi, invece, continuava a incarcerare donne e a difendersi dalle critiche con numerose lettere.
Scribani per il suo scellerato operato subì la scomunica da parte dell’Inquisizione stessa, rimessagli poi, per intervento del Doge, il 15 agosto 1589. Il 28 aprile 1589 fu la Chiesa a dare un segnale di speranza concreto. Il cardinale Sauli e quello di Santa Severina fecero giungere l’ordine di chiudere i processi e per la prima volta, come si legge nella loro missiva, le streghe di Triora vennero chiamate “sudditi della Signoria”, restituendo, almeno a parole, dignità alle innocenti. Il 27 maggio toccò al Doge lamentarsi con il Cardinale Sauli del fatto che ancora non si fosse fatto niente. Il 28 agosto il Cardinale di Santa Caterina confermò la volontà dell’Inquisizione di chiudere i processi. E così la parola fine fu posta a sigillo dell’intera vicenda.

Targa-CabotinaCaso emblematico fu quello di Franchetta Borelli. La sua testimonianza è conservata nei documenti dei processi e nei verbali di interrogatorio conservati presso l’archivio di Stato di Genova. Franchetta apparteneva a una delle famiglie nobili di Triora. Chiamata in causa da altre donne, Franchetta venne torturata e solo grazie all’intervento del suo avvocato e alla parola del fratello Quilico, pronto a sborsare una somma di mille scudi come cauzione, le furono concessi gli arresti domiciliari. Scribani non era sicuro dell’innocenza della donna, ma accettò il compromesso. Senonchè Franchetta tentò la fuga da Triora, costringendo il fratello a versare la somma e facendo rischiare il carcere a un tale di nome Buzzacarino che aveva garantito per lei. Franchetta decise allora di tornare a Triora per affrontare il proprio destino. La sua dolorosa odissea nelle mani di Scribani ebbe inizio. Ore e ore di continui tormenti durante cui la presunta strega dirà emblematicamente “…io stringo li denti, e poi diranno che rido”. Durante il supplizio, Franchetta alternò momenti di sconforto e di silenzio a pensieri innocenti, rivolti al suo amato borgo e ai suoi familiari e si preoccupò del vento freddo che soffiava fuori dalla prigione, nocivo alla maturazione delle castagne. La presunta strega morì il 2 gennaio 1595, diversi anni dopo il processo.

fd++L’anima di Triora è macchiata da queste pagine di storia ma sono proprio queste pagine e questo passato a dare oggi una vita e una voce a Triora. Su queste vicende si basano due delle sue feste più suggestive: il Convegno nazionale sulla stregoneria che si tiene ogni 4 anni, dal 1988, e Strigòra il giorno di festa delle “bagiuè” che si tiene la prima domenica successiva a ferragosto.
Nessuno sa che fine hanno fatto le streghe di Triora, ci piace pensare che qualcuna, sfuggita all’Inquisizione si sia rifatta una vita. Molti, converranno con me, nel pensare che la loro anima innocente, vaga ancora per la zona di Cà botina.
Miriam Lacopo

[Fonti delle immagini: http://www.comune.triora.im.it/, www.paid2write.org, www.sanremonews.it, imperia.mentelocale.it, viaggi.nanopress.it]

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