Il nome di Charles Gounod, nato e morto a Parigi (1818- 1893), è noto al grande pubblico per la celeberrima Ave Maria, concepita dapprima come parafrasi per violino e pianoforte e, in seguito, rielaborata per coro e orchestra sul primo preludio del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach. È ricordato inoltre per alcuni lavori
Il nome di Charles Gounod, nato e morto a Parigi (1818- 1893), è noto al grande pubblico per la celeberrima Ave Maria, concepita dapprima come parafrasi per violino e pianoforte e, in seguito, rielaborata per coro e orchestra sul primo preludio del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach. È ricordato inoltre per alcuni lavori teatrali, fra i quali eccelle il Faust, opera rappresentata nel 1859, che gli ha procacciato grande popolarità.
Contemporaneo di Verdi e di altri operisti che godevano allora di larga rinomanza, volendo reagire al gusto magniloquente di autori come Meyerbeer e Wagner, preferì esaltare i valori musicali che si esprimono con l’espansione lirica e canora. Giudicava la melodia come «l’espressone più pura del pensiero umano», e nella scelta raffinata e infallibile delle armonie e delle sonorità dell’orchestra trovò il segreto del suo successo e della sua gloria. Il famoso valzer nel secondo atto, che è contraddistinto da una linea melodica briosa e accattivante, rimane uno dei pezzi più belli e più conosciuti dell’intero spartito del Faust.
Non sorprende che Franz Liszt (1811-1886), che potremmo definire il “Paganini del pianoforte”, sia stato attratto da questo brano, e abbia voluto rielaborarlo con la sua straordinaria maestria. Avrebbe potuto servirsene per scrivere delle variazioni, secondo la consuetudine di altri artisti, ma decise di farne una parafrasi, che gli permise un approccio più virtuosistico senza discostarsi troppo dalla stesura originale. Si legge che incontrò Gounod in occasione di un suo ritorno a Parigi nel 1861, cioè nello stesso anno in cui compose la parafrasi. Può darsi che avesse già ascoltato il Faust, un’opera destinata a entrare nel numero delle più classiche produzioni teatrali, e non è affatto improbabile che il maestro abbia, in tale circostanza, manifestato al collega il desiderio di parafrasare le note di quel famoso valzer. Non si può neppure escludere che sia avvenuto il contrario, cioè che sia stato Gounod a pregarlo di volersene occupare.
È quasi superfluo aggiungere che il valzer, collocato in un preciso momento del melodramma per assecondare la situazione scenica illustrata nel testo poetico, è di gradevolissimo ascolto. Per contro, nella mutata trasposizione pianistica, l’andamento ritmico e melodico si presenta frammentato e riproposto di tanto in tanto, cosicché il brano finisce col perdere la primitiva naturalezza e continuità. Traspare dunque il desiderio di Liszt di fare sfoggio della sua eccezionale bravura.
Infatti se si analizza attentamente la Valse de l’opéra Faust de Gounod, Liszt fonde in modo geniale il valzer del primo atto dell’opera con l’intensissimo duetto d’amore del secondo atto, trasformando però alla sua maniera questi spunti melodici. Si nota, infatti, una sua personale reinterpretazione del pezzo che si caratterizza per una repentina accelerazione che sfocia in una vertiginosa girandola di colori, che ricorda in maniera impressionante la di molto successiva La Valse di Maurice Ravel, riproponendo il tema principale con un’eleganza e una grandiosità di notevole fattura.
Rita Graziano
[Fonti delle immagini: Faust’s Dream di Luis Ricardo Falero (in copertina da it.wikipedia.org), partitionsdechansons.com, it.wikipedia.org]
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *