Mi sembra significativo aprire le rubriche L’androgino e Io e la sessualità parlando di un argomento sempre attuale, la famiglia. Il termine famiglia procede dal latino famīlia, ovvero “gruppo di servi e schiavi patrimonio del capo della gens”, anche derivato da famŭlus, “servo, schiavo”. All’interno del campo semantico di famīlia sono inclusi anche la sposa
Mi sembra significativo aprire le rubriche L’androgino e Io e la sessualità parlando di un argomento sempre attuale, la famiglia.
Il termine famiglia procede dal latino famīlia, ovvero “gruppo di servi e schiavi patrimonio del capo della gens”, anche derivato da famŭlus, “servo, schiavo”. All’interno del campo semantico di famīlia sono inclusi anche la sposa e figli del pater familias, a cui appartenevano legalmente.
La famiglia è la sede della formazione morale dei figli e nel processo educativo, che dovrebbe essere bilaterale, si gioca l’evoluzione tanto dei genitori quanto della prole. È in questo spazio di interazione che scelte come il percorso terapeutico da intraprendere e la dieta alimentare da seguire prendono forma, guidate dai vissuti, dai punti di vista e dai paradigmi socio-filosofici incarnati dal nucleo famigliare stesso.
Approfondendo la realtà “famiglia”, sicuramente un modello molto articolato viene offerto dalla Chiesa Cattolica. La famiglia per il cattolicesimo è la conseguenza del matrimonio, è l’attuazione naturale del patto di amore coniugale. Secondo tale visione, il collante della famiglia è l’amore coniugale, che è: pienamente umano; totale; irrevocabile; fecondo; unitivo; pubblicamente riconosciuto; e che è paternità responsabile (cfr. “L’Eco Idruntina,1975, pp.263-269).
La famiglia, in questo modello, ha come membri non soli i coniugi, ma anche i loro figli, perché essi sono il frutto congenito dell’amore coniugale, il quale è per sua natura fecondo.
Per il Cattolicesimo l’autore della famiglia è Dio creatore della natura umana; e tende, tra l’altro, alla trasmissione della vita umana e a all’educazione della prole (cfr. “L’Eco Idruntina”, 1975, pp.271-272). La famiglia ha ricevuto da Dio la missione di essere la prima e vitale cellula della società, in quanto “nella famiglia nascono i nuovi cittadini della società umana” (Lumen Gentium n.11).
Al di là delle specificità di questo modello di famiglia, forse anacronistico rispetto al nostro oggi, la questione da rilevare è che è stato capace di influenzare la percezione di questo gruppo sociale e l’immagine di questa realtà, istituendosi come un riferimento o come un dover essere, a cui bisognava aderire o almeno tendere.
La famiglia in termini sociologici indica sicuramente un’istituzione sociale che al pari del matrimonio si è evoluta profondamente nel corso della storia. Indica “quell’insieme di persone unite fra di loro da legami di parentela, di affetto, di servizio o di ospitalità che vivono insieme sotto lo stesso tetto” (“Sociologia” di Bagnasco, Barbagli, Cavalli, 1997). Il termine parentela, invece, identifica “coloro che, sia che convivono o no, sono legati da vincoli di filiazione, matrimonio e adozione” (Idem).
Parlando di struttura in termini di famiglia, la tipologia più utilizzata dagli scienziati sociali è quella elaborata da Peter Laslett, che classifica la famiglia in cinque tipi: 1. Nucleare (famiglia formata da una sola unità coniugale, completa o incompleta(monoparentale); 2. Senza struttura (famiglia priva di un’unità coniugale, ma caratterizzata da altri rapporti di parentela); 3. Solitario (famiglia di un’unica persona); 4. Estesa (famiglia data da una sola unità coniugale con l’aggiunta di una o più parenti); 5. Multiple (quando vi sono due o più unità coniugali). Le estese e le multiple sono definite famiglie complesse.
In Sociologia, è prevista anche la seguente classificazione basata su tre tipi di famiglia, composte da membri che vivono insieme:
1. Coniugale, composta dal/i genitore/i e dal/i proprio/loro figlio/i
2. Consanguinea, sinonimo di famiglia estesa, composta dai genitori, dalle loro famiglie di origine e dai loro discendenti
3. Monogenitoriale, composta da un solo genitore e dai suoi figli, generati o adottati.
La Famiglia Coniugale può presentarsi come: a. Monogama, quando vi sono solo due genitori (la più diffusa, soprattutto in aree urbane); b. Poliginica, quando non vi è una distinzione tra la genitrice naturale e le altre donne appartenenti al proprio gruppo parentale e un solo padre; c. Poliandrica, quando non vi è una distinzione tra il genitore naturale e gli altri uomini appartenenti al gruppo parentale e una sola madre; d. Poliginandrica, o del matrimonio di gruppo, quando vi sono più madri e padri conviventi (quest’ultimo sottotipo risulta praticata solo presso la popolazione Caingang in Brasile, seppur non sia la più comune).
Al di là di questa introduzione che palesa la reale complessità di questo tema, ha senso ancora parlare di “famiglia” riferendoci al modello cattolico ormai inesistente oggigiorno? L’aumento dell’instabilità coniugale, la convivenza prenuzionale, le famiglie di fatto, la diminuzione della nuzialità e della natalità, l’aumento delle famiglia ricostruite, in seguito a separazioni, divorzi e lutti, la fragilità delle seconde nozze, la bi-genitorialità, l’annoso e burocratico iter legislativo delle adozioni, le istanze della comunità Glbt, la diffusione del fenomeno del poliamore rappresentano solo alcune delle variabili che intervengono sulla riflessione intorno a questo tema.
Il concetto di famiglia è stato uno dei cavalli di battaglia di diverse fazioni politiche, soprattutto appartenenti alla destra moderata e alla sinistra cattolica. In termini economici, per le questioni legati ai sussidi, la bandiera della famiglia è stata sventolata e “ab-usata” in diverse campagne elettorali, a dimostrazione del fatto che rappresenta sicuramente un argomento sensibile, capace di trascinare dei voti, necessari alla direzione di un Paese come l’Italia.
Ma al di là dell’appeal elettorale, credo che una nuova classe politica dovrebbe farsi disinteressata portavoce delle istanze dei genitori separati in nome della bi-genitorialità, e della comunità Glbt nel raggiungimento dei propri diritti civili.
Personalmente, sono a favore delle unioni di fatto, affinché al di là dell’orientamento sessuale, vengano tutelati i diritti di coloro i quali scelgono di stare insieme e condividere un pezzo della loro vita. Sono per la semplificazione delle pratiche di adozione e anche delle pratiche per la separazione e per il divorzio, in quanto scelte libere di ciascun individuo.
Reputo inoltre che i tempi di oggi non stiano effettivamente inneggiando alla stabilità affettiva, lavorativa, relazionale, professionale, e forse ciò deve indurci a riflettere su cosa significa realmente stare insieme e fare famiglia. Viviamo la flessibilità, le relazioni a tempo, relazioni che si esauriscono e che non si basano sull’inerzia e sull’incontrovertibilità di una scelta o di una decisione. Questo però non significa che non ci nutrano o che siano effimere. Inoltre come descrive il film “El sexo de los angeles”, diretto da Xavier Villaverde e presentato in Italia al 28° GLBT Torino Film Festival, i limiti all’interno di una relazione o di un manage a trois vengono stabiliti e ridefiniti costantemente dagli interessati in una sorta di poli-amore, e dall’esterno non è ammissibile alcun giudizio di inaccettabilità. Forse sono pure questi l’espressione del nostro tempo, della liquidità del nostro ora. Inoltre anche il diffondersi di eco villaggi, del co-housing e di “comuni” in qualche modo ci stanno offrendo elementi per riflettere.
Ma al di là di tutto, sostengo che la tutela del bambino sia da dover mettere al centro di qualsiasi dissertazione sulla famiglia e che gli interventi politici debbano essere orientati al comprendere quale sia il reale bene per lui, al di là di ogni se e di ogni ma.
Accanto a questo puericentrismo, reputo che la classe politica debba permettere a tutti i nuclei famigliari di poter vivere dignitosamente e non schiacciati dalla morsa del fine mese e dal clima di precarietà che vige sovrano, e non perdere tempo a distinzioni sterili rispetto a cosa sia e cosa non sia la famiglia.
Due donne anziane vedono che vivono insieme non sono una famiglia? Una ragazza madre e due figli non sono una famiglia? Due uomini che si amano e che condividono i loro spazi e le loro risorse non sono famiglia? Perché due lesbiche non possono formare una famiglia, sentirsi madri e adottare o prendere in affidamento un bimbo, consentendogli possibilità che la condizione di orfano non può permettergli? È mai esistita la famiglia del Mulino Bianco formata da padre, madre e figli che vivono insieme in armonia? Ha ancora senso di parlare di famiglia o è meglio utilizzare la formula nucleo famigliare più neutra e meno connotata?
Annunziato Gentiluomo
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