27 gennaio. L’alba. Sul pavimento, l’infame tumulto di membra stecchite, la cosa Sómogyi. Ci sono lavori più urgenti: non ci si può lavare, non possiamo toccarlo che dopo aver cucinato e mangiato. E inoltre, “rien de si dégoûtant que les débordements”, dice giustamente Charles; bisogna vuotare la latrina. I vivi sono più esigenti; i morti
27 gennaio. L’alba. Sul pavimento, l’infame tumulto di membra stecchite, la cosa Sómogyi.
Ci sono lavori più urgenti: non ci si può lavare, non possiamo toccarlo che dopo aver cucinato e mangiato. E inoltre, “rien de si dégoûtant que les débordements”, dice giustamente Charles; bisogna vuotare la latrina. I vivi sono più esigenti; i morti possono attendere. Ci mettemmo al lavoro come ogni giorno.
I russi arrivarono mentre Charles ed io portavamo Sómogyi poco lontano. Era molto leggero. Rovesciammo la barella sulla neve grigia.
Charles si tolse il berretto. A me dispiacque di non avere berretto.
Degli undici della Infektionsabteilung, fu Sómogyi il solo che morì nei dieci giorni. Setelet, Cagnolati, Towarowski, Lakmaker e Dorget (di quest’ultimo non ho finora parlato, era un industriale francese che, dopo operato di peritonite, si era ammalato di difterite nasale), sono morti qualche settimana più tardi, nell’infermeria russa provvisoria di Auschwitz. Ho incontrato a Katowice, in aprile, Schenck e Alcalai in buona salute. Arthur ha raggiunto felicemente la sua famiglia, e Charles ha ripreso la sua professione di maestro; ci siamo scambiati lunghe lettere e spero di poterlo ritrovare un giorno.
Primo Levi, “Se questo è un uomo”.
Una persona è dimenticata solo se è dimenticato il suo nome, Gunter Demnig, dal progetto “Stolpersteine” (Pietre d’Inciampo).
27 gennaio 1945 – 27 gennaio 2016, per non dimenticare.
Redazione ArtInMovimento Magazine
[Immagine: AP Photo/Markus Schreiber – Memoriale dell’Olocausto, Berlino; copertina: museodiffusotorino.it, opera “pietre d’inciampo” di Gunter Demnig]
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