Ci fu un periodo storico, all’incirca dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, durante il quale la crescita urbana ininterrotta di quasi tutte le città italiane portò alla diffuzione di quartieri residenziali, nati a macchia di leopardo, intorno alle città storiche. Tendenzialmente quartieri simbolo del welfare, con una integrazione tra zone industriali, palazzi dedicati perlopiù
Ci fu un periodo storico, all’incirca dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, durante il quale la crescita urbana ininterrotta di quasi tutte le città italiane portò alla diffuzione di quartieri residenziali, nati a macchia di leopardo, intorno alle città storiche. Tendenzialmente quartieri simbolo del welfare, con una integrazione tra zone industriali, palazzi dedicati perlopiù alla classe operaia, e i residui di vecchie cascine rurali, che rimase del tutto utopistica. Ben presto, il termine periferia diventò sinonimo non solo di distanza dal centro città, ma anche e soprattutto di degrado.
Proprio in questo contesto storico si insinua la biografia del quartiere Falchera di Torino: per la quasi totalità zona rurale fino alla dine dell’Ottocento, fulcro nel secondo dopoguerra di un nuovo progetto urbanistico di edilizia residenziale pubblica e infine, verso i primi anni Settanta, la costruzione della cosiddetta “Falchera Nuova”, zona di palazzi prefabbricati con poca anima.
La storia del quartiere è proseguita per decenni tra tentativi di rilancio tendenzialmente falliti e aumento del degrado con un crescente isolamento dal resto della città. Potenziale riqualificazione che ancora non era passata attraverso l’arte, almeno fino a oggi: il progetto artistico “Outskirt stories” è nato con l’intento di donare – inserendosi in un più ampio progetto di rigenerazione – un volto nuovo al quartiere.
Arte urbana non fine a sé stessa, non mero orpello, ma azione partecipata; non arte elitaria ma rappresentativa della collaborazione tra i cittadini, le istituzioni, le scuole e le associazioni.
L’idea è nata da Aurelio Albanese, Presidente dello Sportello del Malato e residente in Falchera, che ha proposto di utilizzare l’arte contemporanea come strumento di rigenerazione urbana. Riscontrati subito numerosi consensi, le adesioni crescono velocemente e hanno trovato in XEL, affermato street artist della scena torinese e nazionale, il primo artista simbolo.
Xel segue la produzione di tre sue opere con alcuni laboratori didattici rivolti agli studenti delle scuole del territorio, a ragazze e ragazzi portatori di disabilità e ai giovani del quartiere.
Francesca Paola Leon, assessore alla Cultura della città di Torino, durante la conferenza stampa di presentazione del Progetto ha sottolineato che “l’Amministrazione comunale, attraverso il Servizio Arti Visive Cinema Teatro – fin dai primi contatti avuti con il MAU – Museo di Arte Urbana di Torino e gli altri promotori – ha appoggiato il Progetto; non solo per il suo indiscusso valore artistico e sociale, ma anche per la sua totale coerenza con gli orientamenti e gli obiettivi che la Città di Torino intende realizzare in relazione alle politiche culturali rivolte a rigenerare i territori che presentano maggiori difficoltà: luoghi urbani in cui operano realtà sociali e culturali e vivono cittadini che desiderano essere protagonisti del cambiamento, anche attraverso le opportunità offerte dai diversi linguaggi artistici. Siamo lieti che il Progetto veda il coinvolgimento e la partecipazione attiva della Circoscrizione 6 e delle realtà locali, convinti che questa esperienza possa costituire una positiva sperimentazione”.
Speriamo che questo progetto possa diventare un modello per tutta la realtà urbana torinese e non solo. L’arte ci salverà, statene certi.
Mirko Ghiani
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